Spiacenti per il signor Social o per il signor Twitter, ma sette giorni fa oggi non ha voluto capire proprio nulla. Non abbiamo abusato di questo spazio molto letto e molto considerato, per costruire la tesi piccolina che è colpa di questo o colpa di quello e non di quell'altro. Ripetiamo per i disattenti e per i malfidenti. La crisi delicata e complessa della transizione del Milan è storica, è nata dal 2012 e nel 2012, e in questa crisi ci sono dentro tutti. Soprattutto quelli che danno la colpa all'altro, a chi non la pensa come quello che si vuole ossessivamente far passare, a quello più esposto o a chi diavolo vogliano darla. Ma davvero soprattutto quelli, che poi purtroppo sono la maggioranza. Proprio quelli che non hanno capito che a furia di inoculare nell'aria veleni irresponsabili si trascina un millimetro dopo l'altro il Milan sempre più a fondo. Nella pancia di questi quattro anni ci sono piccoli e grandi errori di tutti e nessuno escluso, piccole e grandi colpe, piccole e grandi contraddizioni.. Tutte confermate dal passare delle stagioni.
Il Milan era in buona fede quando ha tenuto Pato e rigettato Tevez, il Milan è stato vittima quando gli è stato scippato il gol di Muntari, il Milan nel suo livello finanziario non ha avuto la forza di riuscire a preventivare sul serio le conseguenze sportive delle cessioni di Ibrahimovic e Thiago Silva. E a ruota degli episodi macro, tutto il carico di fatti, fattucoli e fatterelli. Con tutti dentro, ripetiamo tutti, anche quei finti feticci che ci si è costruiti per odiare ancora di più quello, che nella sentenza sommaria del tanto peggio tanto meglio, è stato deglutito come il colpevole per eccellenza. Il nostro pensiero è che la confusione forcaiola e giustizialista della spiegazione un tanto al tocco, dell'hashtag che omologa tutto e tutti abbia le sue brave cartine di tornasole. Come la grande attesa. Ma certo, tutti ad ad aspettare il 1' Luglio per attendere cosa dirà. E' il paradigma del gran casino in ordine sparso nel quale l'ambiente rossonero è ormai dentro fino al collo. Ma Chissenefrega di cosa dirà. Gli allenatori non devono dire, gli allenatori devono allenare. Allegri allena, eccome se allena. Mihajlovic allenerà, magari già la Lazio. Inzaghi probabilmente allenerà. Brocchi certamente allenerà. Basta, non c'è altro. No alle colpe, si al senso di responsabilità che va avvertito, fatto proprio, vissuto in misura direttamente proporzionale a quanto si sta rivelando tormentata la traversata. Si ponga il tifoso rossonero problemi veri, non cazzeggi. Non si ossessioni, dia aria, apra le finestre e soprattutto guardi le facce. In libertà, con semplicità, da tifoso adulto, maturo e vaccinato qual è.
Guardi le facce di Weah nel 2000, di Albertini nel 2002, di Rivaldo nel 2003, di Van Bommel nel video dell'addio di Milan Channel, nel giorno dell'addio dei Grandi al termine di Milan-Novara del 13 Maggio 2012, nel giorno in cui nella vulgata il Milan con la Emme maiuscola è diventato il “Milan” fra virgolette: piangevano, stavano male, avevano gli occhi gonfi. Oggi è il contrario, via dal Milan si rasserena il volto, si ritrova il gusto di giocare, si respira un'altra aria. Torres corre, tira e prende il palo nella Semifinale (!) di Champions League e va orgoglioso verso la Finale, qui era stranito e frenato; Suso ha l'occhio iniettato di calcio, qui guardava nel vuoto; El Shaarawy guizza come un fringuello, qui era cupo e silenzioso. Carlo Ancelotti alla fine qui non ci è venuto. Allegri alla Juventus è ringiovanito. Mihajlovic sorride in auto davanti alle telecamere di Striscia, sembra già un altro. Ecco adesso si inventa che è colpa nostra, pensa il tifoso del Milan. Ma mai nella vita e certo che no, diremo di più: la colpa, unica e sola, non esiste. C'è forse la colpa che fa comodo per potersi sfogare, ma è una colpa di Pirro con due erre. Una colpa di coccio. Una colpa che non abita qui, dove state leggendo ahivoi adesso.
Qui abita solo la voglia smisurata di non vedere in campo una squadra frastornata e disorientata, ma una squadra con le sue certezze e i suoi punti di riferimento o almeno qualcosa di simile. Il presidente Berlusconi non deve prenderla sul personale l'espressione un po' così dei suoi giocatori al pensiero che non ci sia più Sinisa Mihajlovic. Bene o male, a torto o a ragione, per loro era diventato un punto di riferimento, soprattutto psicologico. Seguendolo avevano forse smesso di interrogarsi su tanti altri perché, perché ad esempio la Curva, che certamente lo fa nelle sue intenzioni per amore e per passione da parte dei suoi ragazzi, contesta dal primo minuto del Campionato il loro diretto responsabile sportivo, quello che ai loro occhi è la società di tutti i giorni. Il contestato affronta senza problemi, ma tutto questo agli occhi dei giocatori si declina e si trasforma in un punto interrogativo grande così, in una atmosfera opaca. Nel bailamme non è facile per i giocatori del Milan dare il massimo del proprio valore: quando c'è una atmosfera che ti opprime come singolo e come collettivo rischi di essere ed effettivamente sei sotto l'asticella del rendimento ideale. Ora in tempi tremendamente brevi il gruppo deve staccare la spina temperamentale e psicologica di Sinisa e attaccare quella tecnica e tattica di Cristian, fatta di cose buone e pure che fanno fatica ad essere anche immediate. In mezzo a tutto questo chi non ci dorme la notte, chi soffre, chi ama i tifosi non evoluti perché si incazzano e sputano amaro ma che per un Milan-Frosinone qualsiasi tengono la fidanzata a Milano e non la portano al lago. Perché è questo il tifoso vero, naturalmente senza virgolette.