Lo è ma c'è un intento dietro che a questo punto ti descrivo e spero riterrai più interessante delle osservazioni spicciole che sono l'oggetto più frequente di discussione. Spero di non annoiarvi e, nel caso, mi scuso in anticipo.
Premetto che il mio riferimento è la trilogia classica, vero che questi aspetti che mi accingo a descrivere siano presenti anche nei prequel, ma con molta meno tensione, sintomo che Lucas ha in parte abdicato da quella che era una formazione giovanile molto importante della sua vita. L’ho notato anche dalla differenza tra vecchie interviste d’epoca e quelle più recenti.
Sono passate in secondo piano le intenzioni del giovane regista squattrinato rispetto ad altre, molto più evidenti, del Lucas ricco e stanco, anche la sua formazione religiosa è passata in secondo piano per abbracciare altre filosofie.
Partiamo da una domanda: cosa voleva comunicare Lucas con American Graffiti e Star Wars, quale era il suo messaggio?
Il suo intento era prettamente pedagogico.
Nel caso di American Graffiti i destinatari erano quelli che non oggi chiamiamo young-adult, ovvero quella fascia di età in cui si diventa adulti con tutto ciò che ne consegue, mentre Star Wars si rivolgeva ad una fascia di età preadolescenziale ed adolescenziale, quindi vengono usate due tipologie diverse di ambientazione per questo: una realistica e riconoscibile per gli spettatori di American Graffiti, l’altra favolistica per i più giovani, con una galassia lontana, lontana.
Il messaggio è profondamente influenzato dalla sua formazione culturale e religiosa: Lucas era metodista di famiglia. Il metodismo è una corrente protestante del cristianesimo fortemente spirituale, caratterizzata da alcuni assunti importanti di natura etica e morale. Dio ci ama, ma il compito dell’uomo è di non sprecare quest’amore incondizionato tramite una condotta morale che sia una continua tensione e ricerca del perfezionamento, la fede e la consapevolezza della propria condizione umana fallace sono elementi essenziali.
Nel peccato è possibile il pentimento, ma la redenzione passa dalle azioni che poi noi compiremo, dal farci parte sociale attiva, dal sacrificio. Tanto che opera missionaria e sociale sono la stessa cosa, ognuno deve fare la sua parte.
Già qui credo che qualcosa si intuisca in riferimento all'argomento trattato, ma andiamo con ordine.
American Graffiti è un film sulla consapevolezza della cosa giusta da fare, sull’accettazione del proprio ruolo sociale, sulla tensione derivante dalla tentazione di una strada più facile, più affascinante, trasgressiva.
I personaggi ruotano tutti attorno a questi presupposti. Curt, il protagonista, un magnifico Richard Dreyfuss, deve andare al college con il suo amico Steve, ma durante la storia incontra una misteriosa ragazza bionda su una T-Bird bianca.
Questo sconvolge i piani di Curt, che decide di abbandonare i propositi da bravo ragazzo per inseguire la tentazione di questa donna. Si fa coinvolgere da una bravata architettata dal gruppo dei Pharaons, la classica banda giovanile, che qui non è però rappresentata nell’allegra visione alla Greese, sono il lato oscuro dei giovani che vorrebbero essere “cool” per rimorchiare le ragazze, come l’amico meccanico di Curt, John, scavezzacollo ma dal buon cuore (si, è il Fonzie di Happy Days senza però l’aspetto ludico della serie).
Dopo una serie di vicissitudini dei quattro amici (c’è anche il giovane Terry nel gruppo) si ritroveranno coinvolti in una corsa folle tra John e il bullo e violento Bob Farfa (qui un giovanissimo Ford). Alla fine la bionda, senza entrare nei dettagli, comunicherà a Curt che è disposta ad incontralo in un posto (non si sono mai incontrati realmente, lei viene a sapere da un radiomessaggio che Curt la cerca), sostanzialmente ponendolo di fronte al dilemma tra la tentazione di un’avventura e la “cosa giusta” da fare, ovvero andare al college.
Curt alla fine deciderà di fare la cosa giusta, con rimpianto ma maggiore consapevolezza di se (un bellissimo scorcio dall’aereo in cui vede la T-Bird parcheggiata, dove lo aspetta la bionda dei desideri). Le didascalie poi prima dei titoli danno il senso di quello che è giusto fare tramite la fine dei vari personaggi: John muore per le sue bravate, mentre Curt ha successo.
Sentite già qualcosa che vi ricorda Star Wars? Lato Oscuro e Lato Chiaro?
Passiamo a questo allora.
Star Wars è dedicato ai più giovani, indi per cui la scelta di una Space Opera, con un'impostazione favolistica, si confaceva di più alle necessità di Lucas in questo caso.
Inventa dunque la Forza (la Fede che va assecondata con l’azione morale, anche se non ti condiziona per via del libero arbitrio), approfondendo l’aspetto spirituale come nel metodismo. I cavalieri Jedi sono dei veri e propri missionari che abbracciano il Lato Chiaro consapevoli del sacrificio, ma anche che la scelta morale sia “la cosa giusta”.
Il Lato Oscuro è seducente, affascinante, più facile. Il rifiuto di esso fa di te un Jedi (un buon cristiano sostanzialmente). Ma come ho detto la redenzione, tramite il sacrificio, seppur difficile, è possibile. La tensione di Luke è tutta racchiusa in questo concetto. Han Solo stavolta è John di American Graffiti, mentre Bob è Vader.
La conclusione è però ovviamente più felice per entrambi, parliamo di un’opera destinata ai più giovani e quindi Lucas si rende conto che il massimo che può proporgli è la redenzione di Vader\Bob attraverso l’estremo sacrificio di se, mentre Han semplicemente decide la “cosa giusta” da fare prima di perdersi anch’egli abbandonando gli amici in difficoltà.
Qui è la chiave di lettura di Star Wars, la prima trilogia. I Pharaons sono l’Imperatore e l’impero, Luke è Curt, Han è John, Vader è Bob Farfa. Ovviamente su un altro impianto narrativo, ma il soggetto ha lo stesso intento di American Graffiti e le stesse fondamenta filosofiche. Non ci sono grigi, prima o poi devi decidere su quale strada imboccare.
Da questo punto di vista abbiamo numerosissimi esempi, anche pedanti ma necessari a Lucas per ribadire il concetto, Yoda e le sue ormai iconiche ammonizioni a Luke per esempio, la voce di Obi Wan, la stessa irreprensibilità morale di Leia, che “mette sulla retta via” Han.
E ora veniamo ad Abrams ed il suo film.
JJ non ha compreso l’intento di Lucas (forse anche per la sua formazione religiosa e culturale differente), ha visto in Star Wars puro intrattenimento, una storia di avventure come tante che lo ha divertito. Quindi non ha trasmesso la stessa tensione nel rapporto tra Lato Chiaro e Lato Oscuro, stuprandone il significato.
La cosa peggiore è che non lo ha sostituito con niente, banalizzandolo. Avrebbe potuto reinterpretarlo con un altro impianto, ma non era quello il suo intento, molto più simile all’intento del Lucas dei prequel: vendere una storia di successo. Kylo Ren non esprime nessuna tensione di questo tipo, anzi, teme il Lato Chiaro, come se Bob Farfa temesse di diventare uno sfigato comportandosi rettamente.
E qui vi è la prima cesura con il soggetto di Lucas. Il grigio. Che porta all’assurda morte del padre per sua mano, fredda e distaccata nella realizzazione (nonché prevedibilissima vista la pedissequa copia degli aspetti più superficiali di A New Hope).
La seconda cesura è Rey, non vi è sacrificio in Rey per riuscire nel suo atto di Fede, vi è fede e basta, incondizionata (e inspiegata, ma questo è un altro aspetto).
Questo aspetto mi aveva inizialmente fatto pensare ad una rielaborazione (comunque pretestuosa, perché la materia non è di tua creazione e dovresti rispettarla) in senso religioso ebraico.
In generale l’ebraismo vive la propria tensione interiormente, non la esteriorizza, portando anche ad aspetti interessantissimi in alcuni scrittori come Singer e Roth, ma anche Bellow.
Altro aspetto più propriamente affine è l’affidarsi a Dio indipendentemente dalla moralità dell’atto richiesto da Dio, come il sacrificio di Isacco (forse il sacrificio di Han per mano di Kylo).
Ma ovviamente è molto più complesso di come lo sto brevemente descrivendo e, soprattutto, non è affatto trattato come avevo inizialmente supposto.
Ma allora il senso è completamente ribaltato, perché Kylo tende al Lato Oscuro, teme il Lato Chiaro, sacrifica Han per il Male (il demonio, Snoke). Non ha senso e quindi ho abdicato da questa ipotesi.
A meno che Abrams non mi sia diventato un satanista, cosa di cui dubito.
La spiegazione credo sia molto più semplice e banale, come banale è lo script di questi personaggi. Il giovane dark tormentato è più affine a Twilight che ad Il Lamento di Portnoy, anche in quella cacata Bella è priva di senso, la sua moralità e i suoi desideri sono totalmente random. Rey è più Lara Croft che Augie March e certo Snoke non è lo Zevi di Singer, ma un cattivo alla Sauron.
Quindi non possiamo nemmeno dire che Abrams abbia sostituito una chiave di lettura (tralasciando l’intento pedagogico completamente assente) con un’altra più profonda, come poteva, ma nemmeno ugualmente profonda.
Quindi è qui che fallisce Abrams, come ha fallito nel leggere l’intento ed il soggetto di Roddenberry per Star Trek. Ancor di più se lo chiami sequel e non reboot, perché in un reboot ti puoi prendere la libertà di sostituire l’impianto del soggetto con un altro, si spera altrettanto forte, in un sequel no. Per questo motivo qui da me esposto io lo accuso di aver scritto un reboot superficiale, molto di più che per aver pedissequamente copiato la sovrastruttura di A New Hope, e la chiamo sovrastruttura per un motivo che credo di aver ampiamente spiegato (serve solo l’intento dell’autore, come era per gli effetti speciali e lo diceva lo stesso Lucas prima di diventare un vecchio rincoglionito).