Carissimi compagni di viaggio ludico,
scrivo qui per raccontarvi un’esperienza che sicuramente vale la pena approfondire. Che siate d’accordo o meno riguardo l’introduzione in ambito scolastico di strumenti ludici, la vostra opinione è fondamentale per comprendere, sviluppare ed eventualmente concretizzare un nuovo metodo didattico.
Venerdì 29 gennaio, insieme ad alcuni studenti del Convitto Nazionale Umberto I di Torino, abbiamo discusso per due ore di questa tematica. Per iniziare abbiamo compilato un breve sondaggio (i cui risultati potete vedere qui) volto semplicemente ad identificare il rapporto che ognuno di noi ha nei confronti del medium videoludico.
Il dibattito si è poi sviluppato su diversi fronti, partendo da alcune domande: perché si dovrebbero usare i videogiochi a scopo didattico? Per quale motivo i professori sono restii all’uso di questo metodo? In che modo possono essere usati i videogiochi a scuola?
Inevitabilmente la discussione ha toccato tantissime tematiche legate a doppio filo allo strumento ludico. Tra queste ad esempio la durata dell’attenzione, i gap generazionali, la violenza nei videogiochi e i rischi di un’eccessiva immedesimazione, la ricerca di maturità del medium, l’imbrigliamento della censura e il pegi.
Durante le due ore non sono mancati sicuramente gli esempi applicativi. Da una parte idee teoriche che sarebbe bello concretizzare e dall’altra esempi vissuti in prima persona, anche all’estero, o raccontati da amici e conoscenti.
L’articolo “Maestri incappucciati” scritto da Fabio “Drizzt” Di Felice per il numero di gennaio di The Games Machine è ovviamente caduto a fagiolo e ha rappresentato un ottimo spunto di riflessione. In particolare per quanto riguarda il tema dell’appassionarsi allo studio di una materia mediante il videogioco.