La cronaca romana apre con la notizia di una transessuale trovata uccisa a Roma, in zona Settecamini. Recuperato il cadavere in un campo, avvolto in un sacco dal suo assassino, sembrerebbe una delle tante vittime di transfobia da aggiungere alla lista delle persone trans uccise in Italia, tra i paesi europei con più omicidi del genere. Eppure, di questa vicenda, stupisce, ormai come quasi sempre, l’atteggiamento della carta stampata. Tante le testate che continuano ad ignorare l’uso corretto di un linguaggio rivolto alle persone trans. Una vita passata a lottare per identificarsi in un genere diverso da quello di un sesso biologico costringente, per poi trovare giornalisti da strapazzo che continuano a parlare al maschile nei casi di persone che transitano da uomo a donna (MtF – Male To Female).

I più importanti giornali d’Italia, che dovrebbero raccogliere il fior fiore dei giornalisti, chiamano la ragazza trovata morta con l’appellativo al maschile: “un trans“. Qualcuno rettifica, ma il segnale dell’ignoranza è evidente. Il Corriere della Sera parla chiaro: <<Ucciso un transessuale>>, e così per tutto il testo dell’articolo, parlando al maschile. Per Il Tempo è <<Il giallo del trans nel cassonetto>>, e neanche Il Fatto Quotidiano cambia rotta parlando di <<Un trans ucciso a botte in testa>>. Nemmeno Repubblica e Il Messaggero si salvano, che pur parlando al femminile, pubblicano il nome al maschile della persona morta, dando l’ultima pugnalata ad un’identità mai riconosciuta.
Non dovrebbe essere difficile capire che quando si parla di “un trans” si fa riferimento ad una persona che transita da donna a uomo, mentre viceversa si parla di “una trans” laddove il sesso in cui ci si identifica è quello femminile. Non rispettare questa semplice regola, che è alla base del riconoscimento dell’individuo, significa non rispettare la persona stessa, e la sua identità. Significa non rispettare storie di sofferenze e dolore, legate al percorso del cambio di sesso troppo difficile in una società transofoba, e marciarci sopra. Come se da un giorno all’altro noi iniziassimo a rivolgerci a questi giornalisti chiamandoli con il proprio nome al femminile, se sono uomini, o al maschile, se sono donne. E così continuando a rivolgerci a loro con aggettivi del sesso opposto.

Transfobia è anche questo. E’ deridere il percorso e la storia di una persona trans, e, in questo caso, una volta morta. Senza che possa difendersi. Uccidendola due volte.

Ecco perché DELITTO

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qualche errorino nel titolo, ma il senso è quello