Ora che la vicenda è arrivata a fissare alcuni punti fermi (il sindaco Raggi garantisce per l'assessore Muraro, e vuole che sia nel caso la magistratura e non il movimento o le pressioni esterne a determinarne le dimissioni; Di Maio si assume la responsabilità per la mancata diffusione della notizia sull'indagine e chiede scusa; la pax grilliana riallinea il direttorio; il supercollaboratore Marra fa da capro espiatorio; il comune dirà no alle Olimpiadi) forse il m5s dovrebbe riflettere sui molti aspetti di questa vicenda.
Il più importante riguarda l'eco enorme che ha avuto: giustificato? Sì. Roma è la città più importante d'Italia, ed è la prima grande conquista del movimento. La vittoria a valanga della Raggi è figlia anche - in misura forse decisiva - dei guasti di Mafia Capitale. L'elettorato ha scelto i portabandiera dell'onestà, e non a caso. Ma chi sventola quel vessillo deve sapere che proprio per questo dovrà essere assolutamente trasparente e inattaccabile: nel caso Muraro non è stato così. Le parole della Raggi postate ieri sul blog di Grillo sono dal mio punto di vista inappuntabili (in linea di garantismo, come ho scritto l'altro ieri). Però le doveva pronunciare 50 giorni fa. Seppe allora, dall'interessata, che la Muraro era indagata; ne informò il direttorio romano; la Taverna ne informò Di Maio, che nel direttorio nazionale ha la responsabilità degli enti locali; Di Maio - parole sue - equivocò. Ma in ogni caso per sette settimane non divulgò la notizia della Muraro indagata: né lui, nè tutta la linea che ne era a conoscenza. Non è solo un qui pro quo, per dircela chiara.
Tutto questo con le campagne di stampa e l'accerchiamento dei poteri forti non c'entra: la Muraro fu iscritta nel registro degli indagati prima della campagna elettorale, quindi l'atto non ha alcun nesso col suo successivo impegno a fianco dei m5s; la rivelazione sulle telefonate Muraro-Buzzi arrivò dopo che nel movimento si era saputo dell'indagine, e forse se ne sarebbe dovuto tenere conto, ma sicuramente i giornali non annusarono la cosa; la pressione per il progetto olimpico c'era sicuramente, ma esplicita, e sarebbe bastato un chiaro pronunciamento, sì o no, per spegnerla in un'ora; ma soprattutto non si può prendersela con l'informazione, che ha cavalcato per un anno e mezzo le vicende di Roma Capitale senza esclusione di colpi, facendo complessivamente il suo mestiere, e però contribuendo così in maniera importante al sentimento degli elettori e alla vitotria grillina.
Per dirla tutta, si può avere comprensione per la mossa difensiva fatta da Di Battista, se non sbaglio, e poi ripresa in modo virale da tanti che hanno a cuore il m5s, che mirava a paragonare il caso Roma a quello di Milano: ma appunto, era e resta un'arma di distrazione. Sulla pagina Facebook di Gianluca Corrado, il portavoce del movimento nel consiglio comunale di Milano, negli ultimi due mesi non c'è un solo cenno al fatto che Sala fosse iscritto nel registro degli indagati. Non solo, ma a Milano c'è un'opinione pubblica certo non addormentata e silente, eppure nessuno ne ha fatto l'oggetto di azioni o petizioni o borbottii, e non lo ha fatto neppure la stampa di centro-destra che nella campagna elettorale aveva combattuto Sala anche a partire da quella omessa dichiarazione patrimonale. Solo il Fatto Quotidiano coerentemente lo ha sempre attaccato anche sul tema: ma anche Barbacetto, autore degli articoli, sa bene che la procura di Milano ha chiesto l'archiviazione dell'indagine.
Ora che a quanto pare la tempesta è passata, il m5s dovrebbe forse riflettere anche sui suoi meccanismi decisionali, e sulla sua capacità di gestire le emergenze. Nella breve storia post-2013 del movimento sono stati messi in campo molti strumenti: referendum e votazioni on line, direttorio nazionale e direttorii ad hoc; assemblee congiunte e separate degli eletti in Parlamento; decisioni attribuite a Grillo e comunicate via blog; scelte operate personalmente da sindaci e altre indicate da altri organismi; ipotesi di referendum tra i cittadini. Nell'emergenza Roma tutto è entrato nello stesso frullatore. Con i risultati che abbiamo visto tutti.
Ma soprattutto l'impressione di chi come me segue la vicenda del movimento sine ira et studio è che anche quest'ultima storia ponga il m5s di fronte a una scelta indispensabile: passare da sindacato dei cittadini a movimento politico. Un soggetto che non si limiti a dire "vado avanti io perché sono più onesto e poi decideremo insieme" ma che elabori anche una sua necessaria idea dell'Italia che vuole, di cosa e come intende cambiare. Un mestiere molto diverso dal fare opposizione.