
Originariamente Scritto da
Opossum
Millenni fa comprai per puro caso una rivista di videogiochi per Playstation (forse era SuperConsole), contenente, caso strano, un articolo simpatico e interessante (e probabilmente inventato d sana pianta, ma tant'è): un redattore aveva telefonato a diverse Case di produzione cinematografiche fingendosi un addetto di una software house interessata a comprare i diritti per creare i tie-in di una serie di film. Ovviamente si trattava di pellicole completamente fuori target, ad esempio
Lolita di Kubrick. Gli interlocutori non si dimostrarono granché convinti.
Mi è tornato in mente quell'articolo pensando al gioco di questo post. È possibile scrivere un videogioco tratto da
Il nome della rosa di Umberto Eco? Apparentemente sembra un'idea un filo idiota. Eppure.
Il coraggioso tentativo di digitalizzare il lavoro di Eco ha origine in quel di Madrid. Già qui occorre aprire una parentesi sul perché di una località così "esotica": videogiochi spagnoli? Ma quando mai?
In effetti, tra la metà degli '80 e quella dei '90 la seconda più prolifica nazione europea in fatto di videogame (dopo il Regno Unito) fu proprio la Spagna. Questo breve regno, noto come "l'epoca d'oro del software spagnolo" (un po' la versione digitale del Siglo de Oro, ma -in puro stile Novecento- molto più breve), ha visto fuoriuscire dalla penisola iberica un gran numero di titoli, molti dei quali effettivamente pregevoli. A causa di disastrose scelte di marketing, le software house spagnole restarono stoicamente (e giocoforza) fedeli ai computer 8 bit, cosa che si tradusse ovviamente in un suicidio sul lungo periodo. Di quel retaggio oggi non resta praticamente quasi più nulla; alla fine degli anni '90 di tutte le softhouse solo la Dinamic era riuscita a switchare verso macchine più potenti e a sopravvivere -non per molto però; quelle cadute furono invece innumerevoli. Tra queste troviamo la Opera Soft, che nel 1987 pubblica
La abadia del crimen.
La abadia del crimen (che, lo dico a beneficio dei non ispanofoni, tradotto in italiano suona qualcosa come "Il monastero del delitto") è largamente considerato uno dei migliori giochi di sempre per computer a 8 bit, e si può considerare il magnum opus dell'intera epopea spagnola. Venne pubblicato originariamente per Amstrad CPC, e in seguito convertito per Speccy, MSX e PC (ma non per C64, che era poco popolare da quelle parti). Ovviamente, essendo le leggi del mercato quello che sono, poiché
La abadia era un titolo assai valido non venne ufficialmente mai pubblicato fuori dai patrii confini (gnè).
Ok, ma com'è il gioco? Allora, si tratta di un'avventura grafica isometrica (in quegli anni ne erano uscite giusto altre due o tre [cento][mila]) in cui controlliamo Guillermo (ovvero Guglielmo) ed Adso che si trovano in un monastero e devono indagare su... insomma, l'avete letto il libro, no? Paco Menendez, ideatore e programmatore del gioco, riuscì a creare molto intelligentemente abbastanza “spazio” per innestare un meccanismo ludico nella trama del libro. Guillermo ed Adso devono raccogliere indizi e fare debite deduzioni, ma nel mentre vanno seguite le regole dell'abazia, che prevedono il dover seguire alcuni obblighi nel corso della giornata. Il gioco è in effetti diviso in giornate, ed ogni giornata in “ore”, che come ben sa chi ha letto il libro, sono piuttosto dei “periodi” (più lunghi delle ore reali) separati da vari momenti di preghiera. Nel gioco appaiono vari di questi periodi: mattutino, prima, terza, compieta, notte... in alcuni di questi momenti è obbligatorio interrompere le indagini e recarsi a mangiare o a pregare, pena l'abbassamento di una “barra di energia” che misura non l'energia ma l'OBBEDIENZA (!); e se la nostra condotta è così irrispettosa da far calare la barra a zero, l'abate superiore si riterrà così offeso da sbattere la coppia fuori dall'abazia. Con conseguente game over. Tra le cose che azzerano immediatamente la barra dell'obbedienza c'è il girare di notte per il monastero; il che è un bel problema perché ci sono cose che si possono fare solo di notte, con relativo rischio di farsi beccare da un supervisore. Ma la vita è troppo breve per rispettare le regole, no?
Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma sarò sincero: questo gioco è D-I-F-F-I-C-I-L-E e ci ho giocato poco, quindi non c'è granché che possa aggiungere di mio. Vi lascio con un video di gameplay e con due curiosità.
a) Il gioco doveva effettivamente chiamarsi
El nombre de la rosa, ma pare che Eco non abbia mai risposto ai tentativi fatti da Opera Soft per contattarlo riguardo i diritti..
b) Nella versione PC in un certo momento del gioco parte una registrazione dell'Ave Maria di Schubert; se però la copia è piratata, il software se ne accorge e invece della musica parte una voce che dice “PIRATA! PIRATA! PIRATA!”, dopodiché crasha tutto (andate a 1:50 qui:
https://www.youtube.com/watch?v=gVH85XUqIeM). Che sagome 'sti spagnoli.