Voilà, il generale Macron
Il presidente vuole che sia la Francia a guidare l'esercito comune europeo. Ambizioni italiane nel Mediterraneo ko. Scenario, analisi, numeri della supremazia di Parigi
Ha bruciato la conferenza stampa del Presidente Tusk e anticipato a tutti la notizia che l’Unione europea sta cominciando a costruire il suo esercito. Se qualcuno voleva la prova delle grandi ambizioni coltivate da Emmanuel Macron, la prima giornata del Consiglio europeo ne ha offerto un saggio istruttivo. Il presidente francese è uscito dalla riunione dei capi di stato saltellante come un canguro, ha incrociato i giornalisti e sentenziato che sulla difesa europea si è realizzato “uno storico passo avanti”. Voilà, il generale Macron.
E’ dai tempi del generale Charles De Gaulle che la Francia ha in mente il suo piano per la difesa del Vecchio Continente (e se stessa). La costituzione dell’arsenale nucleare, la “force de frappe”, il ritiro dalla Nato nel 1966, dettato dalla volontà del generale di divincolarsi dal dominio degli Stati Uniti nell’organizzazione militare, l’idea di un’Europa che dovesse andare “dall’Atlantico agli Urali”, la convinzione che la Francia venisse prima di tutto e l’Europa dopo, la distanza cordiale ma ferma – De Gaulle fu legato da una grande amicizia con Konrad Adenauer – con la Germania che in cento anni aveva attaccato la Francia per tre volte, l’ottimismo sull’evoluzione dell’Unione Sovietica, del Patto di Varsavia, e la necessità di mantenere il dialogo con Mosca. Settant’anni prima De Gaulle vide il futuro che (forse) realizzerà il suo successore, Emmanuel Macron.
E’ la storia nel gioco dell’eterno ritorno, nella sua onesta e inesorabile riproposizione dei temi che contano, dell’identità delle nazioni, è la forza della geopolitica. E’ un fiume carsico che riemerge e conduce nei luoghi che hanno segnato la storia delle nazioni. E’ significativo che dopo aver visitato Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel (eccolo, l’amico/nemico, la Germania), il secondo viaggio all’estero di Macron sia stato in Mali, dove le truppe francesi sono impegnate in una guerra a bassa intensità e alto grado di pericolosità. E’ il generale Macron che sfodera il suo naturale gollismo – uno dei nomi ricorrenti nel pantheon della sua campagna presidenziale – e proietta la Francia di nuovo verso il suo destino: l’Africa, l’impero del Mediterraneo.
La Francia è uno dei top spender nel settore degli armamenti, nonché produttore tra i primi al mondo. Ecco i dati del Sipri di Stoccolma sulla spesa militare:
La spesa complessiva della Francia in armamenti è stati di 55.7 miliardi nel 2016, con un incremento di 2.8 miliardi di dollari rispetto al bilancio precedente e una percentuale rispetto al pil pari al 2.3 per cento. Il paragone con l’Italia – paese in cui i politici fanno dichiarazioni sulle nostre ambizioni nel Mediterraneo senza mai guardare la realtà, i numeri – dà la distanza iperbolica tra Roma e Parigi: il nostro paese l’anno scorso ha speso nella difesa 27.9 miliardi di dollari, 16 in meno rispetto al bilancio precedente, l’1.5 per cento del pil. L’Italia ha un grande azienda, Leonardo (ex Finmeccanica) nella top ten dei produttori, ma i fatturati combinati delle sei aziende francesi che producono armi presenti nella top 100 della classifica stilata ogni anno dal Sipri, mostra un’altra realtà: la Francia nel 2015 ha venduto armi per 21.5 miliardi di dollari, segnando un +13.1 per cento rispetto al 2014. Dassault Aviation (i produttori dell’aereo da caccia Rafale), Safran e Thales hanno messo a segno incrementi di fatturato a doppia cifra (Dassault addirittura il 67 per cento). E la Germania? E’ un nano militare. Le tre aziende tedesche presenti nella classifica hanno fatturato 5.6 miliardi di dollari, nonostante tutta la sua potenza economica e la forza politica, Berlino con questi numeri non avrà mai la guida dell’esercito europeo. Il quadro complessivo delle quote del mercato mondiale è chiarissimo:
Conclusione? E’ quella del generale Macron: Aux Armes!
L’appartenenza al club nucleare – e l’uscita del Regno Unito dall’Unione – danno a Macron la forza e l’occasione per rivendicare la guida dell’esercito europeo del futuro. Il Consiglio Ue ieri ha fatto solo un piccolo passo materiale, ma (forse) di grande significato politico. Le conclusioni sul tema della difesa e della sicurezza sono queste, in sintesi:
Lotta al terrorismo e alla radicalizzazione online
Richiamo ai giganti di internet alle loro responsabilità e annuncio di misure legislative per impedire la diffusione dell’ideologia terrorista online;
Nuovo Entry/Exit System degli stranieri (e non solo) negli stati europei;
Condivisione rafforzata tra gli stati delle informazioni sui sospettati di terrorismo;
Supporto materiale alle vittime del terrorismo e ai loro parenti;
Le relazioni transatlantiche e la Nato restano il centro della strategia di difesa europea;
Costituzione del Fondo comune europeo per la Difesa, aumento delle sinergie militari tra gli stati membri;
Supporto agli investimenti delle piccole medie imprese nel settore della difesa e della tecnologia;
Costituzione entro tre mesi nell’Unione di un organismo permanente di cooperazione nella difesa;
Supporto finanziario e logistico dei gruppi di combattimento europei.
Sono piccoli passi innescati da una grande rivoluzione in corso dall’altra parte dell’Atlantico: Trump. La dottrina della nuova amministrazione americana sulla Nato – più contributi e impegno materiale degli paesi membri – ha cominciato a produrre delle salutari reazioni. E’ finita un’epoca e l’Europa comincia a rendersene conto. E non a caso il soggetto più svelto a cogliere il cambiamento è stato Macron, l’altro elemento rivoluzionario di questa stagione che sta chiudendo il Novecento. Per andare dove? Nel Regno Unito, dove i colloqui per la Brexit con Bruxelles non sono cominciati con il piede giusto. Seguite il titolare di List.