Non si sapeva da quale terra fossero giunti i tre fratelli Balam-Quitzè, Balam-Acab e Iqui-Balam: si sapeva soltanto che erano forestieri, coraggiosi e fortissimi. Tutte le tribù li temevano, e inutilmente avevano fatto ricorso al valore dei guerrieri e alla saggezza degli anziani per ucciderli o catturarli. I tre fratelli sventavano ogni tranello, vincevano gli uomini più robusti, e assoggettavano tutte le tribù. Nemmeno Balam-Quitzè, Balam-Acab i Iqui-Balam conoscevano il loro paese d’origine, né ricordavano il volto dei loro genitori; ma si sentivano destinati a grandi cose: sapevano che avrebbero dominato tutto il paese. Un giorno i capi e gli Anziani delle tribù ancora libere si riunirono a consiglio.
- Quei tre giovani diventeranno sicuramente i nostri padroni – disse uno dei capi – se non ci decideremo a combatterli e a vincerli.
- Vincerli come? – obbiettò un altro. – I guerrieri più coraggiosi e forti che si sono cimentati con loro, sono stati tutti sconfitti o fatti prigionieri. Ormai non restano più, nei villaggi, che vecchi, i ragazzi e le donne.
Seguì un silenzio. I vecchi Capi si guardarono l’un l’altro, mentre le tribù raccolte intorno aspettavano con ansia le loro decisioni.
- Non ci resta che servirci delle donne – riprese il Capo che aveva parlato per primo. – A volte l’astuzia può vincere la forza più grande.
- Ma in che modo? – Chiesero gli altri, curiosi, ma anche increduli.
- Ecco noi sappiamo di certo che i fratelli, dopo le battaglie o dopo la caccia, vanno a bagnarsi nel fiume in fondo alla valle: manderemo le tre fanciulle più belle della nostra tribù. I guerrieri le vedranno, s’innamoreranno di loro e le seguiranno fino al villaggio. Allora sarà facile per noi ucciderli oppure tenerli come nostri schiavi. Che ve ne pare?
- Tentiamo – propose uno dei Capi – e speriamo che il trucco possa riuscire. Ora si tratta di scegliere le fanciulle alle quali affidare un tale incarico. Debbono essere belle, e anche astute.
- Conosco tre ragazze che possiedono questi requisiti – aggiunse il vecchio Capo. – Sono tre sorelle bellissime e intelligenti, che saranno capaci di condurci qui i tre fratelli, miti e disarmati come agnellini.
Le sorelle, convocate d’urgenza, si presentarono subito, ma quando seppero che dovevano avvicinare i tre terribili fratelli incominciarono a tremare.
- Vecchio Capo, dispensaci – supplicò la più coraggiosa, la bellissima Qutah. – Noi non osiamo avventurarci, sole, neppure a cento metri dalla nostra capanna. Come potremo avvicinare e per di più parlare con i Fratelli Invincibili?
- Forse saremo tutti uccisi, se voi rifiutate di andare – replicò il vecchio severamente. – E’ l’ultima speranza che ci resta: fingerete di lavare i panni al fiume, proprio nell’ora in cui i Fratelli Invincibili andranno a bagnarsi. Parlerete con loro, sinceramente e semplicemente, come di solito parlate con noi. Le sorti di tutti noi sono nelle vostre mani!
Le sorelle si scambiarono uno sguardo, poi s’inchinarono profondamente.
- Faremo come vorrai, vecchio Capo – dissero.
Ma il Capo, che non si fidava delle promesse, aggiunse:
- Al vostro ritorno, poi, dovrete portarci un oggetto che appartiene ai tre fratelli. Questo ci persuaderà che avete veramente ubbidito e non vi siete nascoste per timore.
Le ragazze non seppero che cosa replicare. Promisero ancora di fare del loro meglio, poi si allontanarono. Al mattino dopo si misero in tre ceste alcuni panni da lavare e si diressero al fiume; giunte sulla riva, incominciarono a sbattere e risciacquare i panni nella corrente limpida, ma a un tratto udirono un rumore che le fece rabbrividire. Balam-Quitzè, Balam-Acab e Iqui-Balam erano giunti sull’altra sponda del fiume per fare il bagno. Essi restarono perplessi e imbarazzati quando videro le tre ragazze, tanto più che in quel punto non avevano mai incontrato lavandaie. Balam-Quitzè fu il primo a parlare:
- Chi siete? – domandò.
- Da dove venite? – aggiunse Balam-Acab.
- Perché lavate i panni sulla sponda del fiume, proprio nel punto in cui siamo soliti fermarci? – rincarò Iqui-Balam che era il più sospettoso dei tre.
Le tre ragazze rimasero mute per un momento, poi Qutah parlò:
- Ci hanno mandato qui gli Anziani della tribù. Essi speravano che v’innamoraste di noi, e che ci seguiste al nostro ritorno.
Qutah non era capace di mentire e raccontò tutta la verità: le sorelle confermarono le sue parole. Ma fu appunto questa ingenua schiettezza che vinse il cuore dei tre guerrieri.
- Ah, è così – rise Balam-Quitzè. – Grazie per averci avvisati. Ma possiamo assicurarvi che non sareste riuscite mai nel vostro intento!
- Tuttavia – fece notare Balam-Acab – le ragazze sono state leali.
- Verissimo! – approvò Iqui-Balam. – Esse meritano una prova della nostra riconoscenza.
- Che cosa possiamo fare, per voi, belle fanciulle? – Riprese Balam-Quitzè. – Io non credo che potessero esistere al mondo ragazze semplici e oneste come voi. Siete una vera rarità, e noi siamo pronti a soddisfare ogni vostro desiderio. Non avete che da chiedere.
Le ragazze si consultarono brevemente a bassa voce, poi Qutah disse:
- I nostri Anziani temevano che noi non avremmo avuto il coraggio di rivolgere la parola a guerrieri forti come voi e perciò ci hanno imposto di portare al villaggio un oggetto di vostra proprietà. Non potreste darci qualcosa di vostro, che attesti che vi abbiamo parlato? Altrimenti saremo tutte punite.
- Questo non sia mai! – gridò Balam-Quitzè indignato. – piuttosto sono pronto a cederti il mio mantello.
- Anch’io!
- Anch’io!
E i tre fratelli, senza pensarci due volte, si gettarono nel fiume, lo attraversarono a nuoto e giunsero alla riva, ridenti e gocciolanti. Poi consegnarono i loro mantelli, che erano veramente magnifici mantelli. Sul primo era dipinto un giaguaro, sul secondo un’aquila, sul terzo un volo di calabroni e di vespe.
- Ecco, questa sarà la prova che avete davvero parlato con noi – disse Balam-Quitzè. – Fate indossare questi mantelli ai vostri Anziani. E domani ritornate in questo stesso posto a raccontarci com’è andata.
I Fratelli Invincibili salutarono le tre ragazze e poi sparirono nella foresta; le fanciulle raccolsero ceste, panni e mantelli, quindi tornarono di corsa al loro villaggio.
- Abbiamo parlato con i tre Fratelli Invincibili! – Disse la bella Qutah al Capo anziano. – Essi non sono stati affatto presi d’amore per noi e non ci hanno seguito fino al villaggio, miti come agnellini; ma noi torneremo domani al fiume per vederli di nuovo. Intanto ci hanno lasciato i loro mantelli affinché potessimo dimostrarvi che abbiamo veramente parlato con loro.
Il vecchio Capo guardò la bella Qutah con un’ombra di diffidenza, ma non fece commenti; e poi i tre mantelli erano così ben ricamati e dipinti da concentrare tutta la sua attenzione.
- Indossiamoli! – propose.
- Chissà che non ci venga trasmessa un po’ della forza dei Fratelli Invincibili – aggiunse un secondo Capo.
- Forse, con questi indosso, diventeremo noi i sovrani del paese! – rincarò un terzo.
E così fecero. Ma non appena si furono avviluppati nei mantelli, il giaguaro, l’aquila, i calabroni si animarono, e incominciarono a mordere, beccare, pungere le carni dei tre vecchi Capi.
- Aiuto! Toglieteci di dosso questi maledetti mantelli! – urlavano.
Subito tutti si precipitarono: i tre vecchi vennero liberati e i mantelli gettati a terra. Poi fu riunito nuovamente il Consiglio.
- Forse sarebbe meglio venire a patti con i tre fratelli – disse il vecchio Capo, che era stato il più maltrattato dal pungiglione delle vespe. – Ma preferirei fare un ultimo tentativo: riuniamoci tutti insieme. I tre fratelli hanno la loro fortezza sulla vetta della Grande Collina. Portiamoci là, e li assaliremo tutti in una volta.
- Bisogna attraversare le montagne, le foreste, il deserto – brontolò uno che ormai era stanco di quella lotta inutile e senza speranza.
- Li attraverseremo!
E infatti il giorno dopo tutti si misero in cammino, armati fino ai denti; ma quando giunsero ai piedi della Grande Collina erano tanto stanchi, che vecchi, donne, bambini si gettarono sull’erba e si addormentarono. I tre fratelli vigilavano dalla loro fortezza. Videro venire le tribù, e avrebbero potuto distruggerle facilmente, ma non riuscivano a dimenticare le fanciulle leali e graziose, incontrate sulla sponda del fiume.
- Spaventiamo quella gente con dei pupazzi – propose Balam-Quitzè.
- E con delle vespe – aggiunse Balam-Acab.
- Mortifichiamoli in modo che non lo dimentichino mai più! – concluse Iqui-Balam.
Infatti, durante la notte, Iqui-Balam scese al campo, si avvicinò ai Capi addormentati, e tagliò loro le barbe e i capelli; prese anche i bracciali, le cinture e gli ornamenti di tutti. Balam-Acab scavò in tronchi d’albero sagome di guerrieri e l dispose tutto intorno alla fortezza; Balam-Quitzè mise ai quattro angoli del muro di cinta quattro zucche vuote piene di vespe. Il giorno dopo, quando i guerrieri, Anziani e Capi, si svegliarono, incominciarono a strillare:
- Chi ha tagliato la mia barba?
- Chi ha preso i miei ornamenti?
- Distruggiamo la fortezza dei nostri nemici!
- Corriamo tutti all’assalto!
Ma intorno alla fortezza c’erano molti guerrieri spaventosi, armati fino ai denti, e le tribù non si accorsero che erano di legno. Per colmo di dileggio, portavano incollati sulla faccia la barba e i baffi recisi ai vecchi Capi, e indossavano le loro cinture e i loro bracciali! Le tribù si lanciarono di corsa su per la collina; ma quando furono a tiro, i tre fratelli aprirono le zucche. Le api si gettarono contro gli assalitori. Questi, punti sul naso, sulle guance, sulla fronte, non seppero far meglio che darsi ad una fuga precipitosa. Quando si ritrovarono tutti al villaggio, furono presi da grande sconforto perché non sapevano più che arma adottare contro i tre Invincibili. Come resistere ancora? Ma i fratelli stavano avvicinandosi, avvolti nei loro magnifici mantelli con il giaguaro, con l’aquila e i calabroni. Venivano a presentare proposte di pace. Avrebbero dominato il paese con leggi sagge, giuste, intelligenti, ma chiedevano in cambio la mano delle tre fanciulle savie e leali …Così fu che i tre Fratelli sposarono le tre fanciulle, e da essi discendono tutti i valorosi guerrieri del popolo Maya. |