“Il Collegio”, su Raidue un tuffo nel 1960 con il reality in 4 puntate
Il format internazionale sbarca sulla seconda rete da stasera. Protagonisti 18 ragazzi di età compresa fra i 14 e i 17 anni alle prese con l’esame di terza media da superare
Interessante esperimento (anche sociologico) il reality «Il collegio», in onda da questa sera per 4 serate su Rai2: un gruppetto di ragazzi di età variabile tra i 14 e il 17 anni è stato trasferito (teletrasportato se si trattasse di «Star Trek») a vivere in un convitto nell’AD 1960, con tutto quanto ne deriva in termini di obblighi, abitudini, studio, severità.
Derivazione di un format internazionale, prodotto da Magnolia, «Il collegio» è una specie di ritorno al passato che 18 ragazzi di oggi, 9 maschi e altrettante femmine (e gli adulti che li prendono in carico, preside, due sorveglianti e 7 doventi: anche per loro, per via dell’età, lo shock è stato notevole) hanno accettato di vivere avendo come obiettivo quello di superare l’esame di terza media di allora. Dal contrasto tra quello che sono i ragazzi di oggi e le loro abitudini e il dover essere come ci si aspettava da un adolescente nei primi anni 60 il cortocircuito – interessante e anche divertente - oggetto del programma, come spiegano Paolo Dago, curatore del programma, e Roberta Briguglia, direttore contenuti di Magnolia, che ne hanno seguito da vicino la realizzazione lo scorso agosto. «Pensavano di andare in tv, ma non avevano capito cosa avrebbe comportato questa decisione». A fare da voce narrante, quella di Giancarlo Magalli, «gran capacità di narrazione ed età giusta per sapere di che si parla, avendo fatto l’esame di terza media proprio nel 1960».
Sede del set è un celebre e antico convitto, il Celana di Caprino Bergamasco, enorme struttura voluta nel 1579 da San Carlo Borromeo, attiva fino agli anni 80 come collegio maschile e femminile che poteva ospitare migliaia di studenti (tra loro il più noto Angelo Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII). «Ormai quasi del tutto in disuso (a parte una zona divenuta istituto alberghiero), abbiamo però trovato tutto nelle condizioni in cui era stato lasciato: mobilio, spazi attrezzati, un incredibile Museo di Storia Naturale. Dietro ogni porta una sorpresa e un viaggio nel tempo», spiega Dago. «Fare un lavoro filologico non ci è stato difficile».
Per i ragazzi, selezionati in modo da avere uno spaccato geografico e sociale composito tra quanti si erano proposti (con l’avvallo e talora la spinta di genitori esasperati), è stato un salto indietro nel tempo che ha comportato cambiamenti anche traumatici: non solo l’obbligo ad abbandonare gli smartphone (nella prima puntata si vede il loro tentativo per aggirare l’imposizione), ma quello di adeguare ai tempi abbigliamento (tutti in divisa, e persino con la biancheria fornita dalla produzione e quindi «vintage»), pettinature (con conseguente passaggio dal barbiere), di rinunciare a piercing e trucco, cambiare regole di comportamento, studio, alimentazione, tempo libero. «Da una libertà quasi totale si sono trovati in un mondo fatto di regole».
Pur con i dovuti distinguo («C’è stato di tutto: rivolte, un’espulsione, uno sciopero delle lezioni»), alla fine i ragazzi si sono adeguati e abituati. «La cosa di cui più hanno sofferto forse maggiormente è stata la lontananza dalle famiglie: alcuni non si erano mai separati dai genitori. E infatti due non ce l’hanno fatta e si sono “ritirati”». Per il resto, sorpresa e curiosità l’hanno avuta vinta sulle difficoltà. Oltre alla «voglia di farcela».
Alla fine non solo hanno scoperto un modo diverso di rapportarsi tra loro, ma anche la forza della solidarietà e della comunità come non le avevano mai provate. «Une delle più “scapestrate” tra le ragazze ha definito l’esperimento come “l’esperienza più bella della mia vita”».
E il giorno dell’addio è stato accompagnato da lacrime e abbracci. «Certo, effetto della condizione di chi vive a stretto contatto e isolato dall’esterno per un periodo abbastanza lungo, ma anche del fatto che i ragazzi a quell’età vivono le proprie emozioni in modo più intenso e senza freni né filtri». Per quanto riguarda la presenza delle telecamere, «sono state ben presto dimenticate, quasi che una generazione abituata a riprendersi e farsi riprendere non vi prestasse più alcuna importanza».
«Gli adolescenti sono un cluster poco raccontato in tv: questo programma ci pare un bel modo per farlo. Ci aspettiamo che a vedere «Il collegio» ci siano i figli ma anche i loro genitori (e nonni), sperando così di avviare una discussione, un dialogo, tra presente e passato prossimo.», si è augurato il direttore di Rai2 Ilaria Dallatana, che ha definito il programma «in linea con il ruolo che dovrebbe avere il servizio pubblico».