Un’unica antenata
Dopo aver sequenziato il genoma di una decina di gamberi marmorizzati, gli scienziati sono riusciti a risalire alla femmina originaria. Lo spiega Frank Lyko, tra gli autori dello studio e ricercatore del German Cancer Research Center. “Quest’albero genealogico è estremamente piccolo”, commenta. Infatti nel grande genoma del gambero hanno trovato appena poche centinaia di varianti. “Se tra i fondatori ci fosse più di un animale, avremmo trovato differenze genetiche più importanti”.
I ricercatori sono anche rimasti sorpresi nello scoprire che il gambero marmorizzato aveva tre serie di cromosomi. La maggior parte degli animali ne ha due: una per ciascun genitore. Secondo Lyko è probabile che questo influisca sull’espressione dei geni in ciascun nuovo esemplare. Non solo si tratta di una protezione dal rischio di ereditare mutazioni geniche, ma potrebbe anche aiutare la specie ad adattarsi in molti ambienti differenti.
I gamberi marmorizzati, oggi, si trovano attraverso tutta l’Europa e il Madagascar. In appena dieci anni, racconta Stein, sono riusciti a passare da un areale grande come il Rhode Island [circa 3.000 chilometri quadrati] a occupare uno spazio delle dimensioni dell’Ohio [circa 116.000 chilometri quadrati].
Come se non bastasse, sono diffusi attraverso tutte le regioni ecologiche degli Stati Uniti. Sul suo sito web Zen Faulkes, biologo della University of Texas Rio Grande Valley, tiene una mappa aggiornata sulla presenza dei gamberi marmorizzati. Sono considerati una specie invasiva, che surclassa in modo aggressivo gli organismi marini autoctoni nell’ambiente in cui arriva.
“Lo trovi in acque acide e basiche, inquinate e pulite, ma dal punto di vista genetico è sempre lo stesso”, aggiunge Stein. Secondo Lyko questo gambero è riuscito ad adattarsi ad ambienti così diversi grazie a come esprime i vari geni. “In un ambiente viene espressa la copia a, mentre in un altro la copia b”.
Studiare questo corredo genetico così unico fornisce ai ricercatori anche informazioni sui tumori, che evolvono per clonazione e sono in grado di adattarsi ad ambienti diversi. “Quello che con il gambero marmorizzato vediamo accadere al rallentatore è molto simile a ciò che succede negli stadi iniziali della formazione di un tumore”, spiega Lyko.
La loro è ricerca di base, sottolinea lo scienziato, perciò non stanno sviluppando alcun trattamento basato sullo studio dei gamberi. Ma è fiducioso che questi piccoli animali invasivi possano aiutarli a elaborare un modello per comprendere gli stadi iniziali dell’evoluzione tumorale.