Originariamente Scritto da
Gilgamesh
Dove state?
In quale angolo della mente sono riusciti ad imprigionarvi lasciandovi terrorizzati e avvolti dal buio di voi stessi?
So come vi sentite: soli, impotenti, amareggiati e l'unica luce che riuscite a vedere e che vi da speranza è quella che proviene dalla feritoia dalla quale il vostro carceriere, senza volto, vi passa il "cibo". A voi non importa nulla che quel cibo sia composto di informazioni avvelenate volte a farvi rimanere chissà per quanto chiusi là dentro, perché l'alternativa, ai vostri occhi, vi appare peggiore:
"rimanere soli, affamati e chiusi dentro il buio di voi stessi, in una parola, MORTI"
Quindi afferrate quel pasto e lo ingurgitate senza nemmeno curarvi di cosa esso sia fatto e lo mandate giù voracemente, con la rabbia della disperazione, convinti che porsi domande riguardo al contenuto non solo sia irrilevante, ma pure pericoloso in quanto, al buio, qualcun altro potrebbe sottrarvelo.
Con la pancia abbuffata, siete adesso più disponibili ad affrontare il rumore che proviene dalla vostra anima, perché quel cibo ne soffoca il grido disperato. E allora vi lasciate andare al sonno, e lì, almeno lì, tutto torna in ordine, la vostra vita, i vostri affetti, i vostri progetti. Tutto appare in ordine, finché un grido disperato di qualcuno vi desta, riportandovi dentro quell'incubo fatto di buio.
Lì, la vostra frustrazione diventa rabbia, se non addirittura odio verso quelle voci, ree di volervi svegliare da quel mortale sonno.
Tuttavia, voi ormai siete totalmente confusi al punto da non capire più quale sia la vita vera, fra il vostro ingenuo sonno e quella tetra prigione in cui quelle dannate voci fanno da corallario a ciò che sembra una tortura.
Allora vi tappate le orecchie che si riempiono del battito del vostro cuore, nella speranza che esso batta più forte, quasi a esplodere, per coprire quelle maledette voci.
Poi, i vostri occhi serrati come le vostre orecchie riconoscono una luce al di là del buio delle palpebre, la feritoia della gabbia si è aperta e il secondino vi abbaglia con la sua torcia, dritta dentro ai vostri occhi chiusi, lasciando che il buio che si porta dietro, alla sua uscita, vi appaia ancora più oscuro, temibile.
In quell'unico istante che tornate ad ingozzarvi di quel veleno, le vostre mani sudice sono impegnate a riempirvi la bocca, in quel momento e solo in quel momento siete costretti a toglierle dalle orecchie e costretti ad ascoltare quelle voci.
Ve lo ripetono come se fosse una litania.
"quel cibo è avvelenato e tu puoi prenderne altro, devi solo aprire gli occhi"
Il fatto che quelle voci vi sottolineino quanto schifo faccia quel cibo vi fa vacillare, obbligandovi a mandare giù tutto più velocemente e un piccolo sospetto che quelle voci abbiano ragione vi costringe poco prima di riaddormentarvi, ad un leggero schiudersi degli occhi, vi mostrano che in realtà non siete in nessuna gabbia, ma in un luogo meraviglioso, e quell'immagine così bella vi permette di fare poi i vostri tanto agognati sogni.
La voci fuori vi vedono tornare a dormire ma, state tranquilli, rifaranno esattamente le stesse cose finché anche voi non vi desterete.
Gaspare Russo