Tempo fa una ragazza molto gentile mi ha Tempo fa una ragazza molto gentile mi ha

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Discussione: Tempo fa una ragazza molto gentile mi ha

  1. #1
    Major Sludgebucket (ABS)
    Guest

    Tempo fa una ragazza molto gentile mi ha

    invitato a discutere a un evento del Festival della Scienza di Genova in merito alle disparità di genere nelle discipline scientifiche. Forse più che gentile è completamente pazza. Serviva qualcuno che non ne sapesse nulla e dicesse cose presumibilmente sbagliate e contestabili, creando un po’ di discussione. Ho rifiutato. Aveva pensato a me perché ero l’unico a venirle in mente che alla domanda “come mai ci sono poche donne nelle discipline scientifiche rispetto al numero di uomini?” non rispondesse in modo automatico con “ovvio: è interamente colpa dei pregiudizi di genere!”.

    E ci sono due motivi plausibili per cui sono uno dei pochi. Il primo è che potrei essere in errore e essere una specie di negazionista strambo con uno scudo di stagnola in testa, un misogino sessista bigotto di destra; il secondo motivo è che mi piace tenere aperta la mente (non troppo che poi passa di tutto) quel tanto che basta ad accettare tesi e ipotesi che sono oggetto di studio in diverse discipline (dalla neuroscienza alla psicologia) senza preoccuparmi delle implicazioni politiche (per esempio io sono anche ben disposto verso gli studi genetici e pazienza se pure i nazisti lo erano: in una prospettiva liberale penso che l’uguaglianza dei diritti sia diversa dall’essere tutti identici: per questo non lego il destino dei diritti civili alle scoperte scientifiche). Inoltre, pur avendo familiarità coi gender studies e con le tesi più orientate a una risposta di tipo culturalista, non mi convincono interamente.

    Nel 2005 Steven Pinker, psicologo cognitivista, discuteva con la collega Elizabeth Spelke all’Università di Harvard proprio su questo delicato argomento in “The Gender of Gender and Science”. Entrambi hanno presentato e discusso studi, prove e argomenti giungendo a interpretazioni opposte ma in modo civile; era un evento divulgativo e l’università era interessata a mettere a confronto opinioni polarizzate. Opinioni che se portate sui social media creano battibecchi infiniti tra scimmie impazzite (io ne so qualcosa, purtroppo). In quell’occasione Pinker ha spiegato che in genere per rispondere al perché nelle materie STEM ci siano meno donne si formano almeno tre file:

    1. I deterministi biologici: sostengono che gli uomini sono naturalmente più bravi delle donne nelle materie scientifiche. È una posizione che non tiene seriamente nessuno in ambito scientifico a meno che non voglia autosabotare la propria carriera negando altri fattori. Ma è più o meno come mettere una mano nelle mutande di una collega o girare per Harvard travestito da indiano.

    2. La posizione culturalista, più popolare, quella che troverete sul New York Times e sul Guardian con titoli quali “Uomini e donne e il mito del cervello differente”. Qui la tesi è che i cervelli dei maschi e delle femmine sono biologicamente indistinguibili, che le differenze che si notano a livello di dismorfismo sessuale sono del tutto irrilevanti e che tutte le differenze che notiamo sono una conseguenza della socializzazione e dei pregiudizi di genere nella società in cui viviamo. Questa è la posizione di Spelke nel dibattito con Pinker ma anche di studiose più "radicali" che accusano di “neurosessismo”, per usare la formula di Cordelia Fine, chi ipotizza la possibilità che i cervelli di uomini e donne funzionino in modo diverso e ci possano essere differenze biologiche significative che spiegano differenze di abitudini, interessi, scelte e così via. Per Lise Eliot, professoressa in neuroscienze e autrice di “Pink Brain, Blue Brain: How Small Differences” anche solo porsi questa domanda è ciarpame scientifico; Gina Rippon, neurobiologa e femminista, ha scritto un libro la cui tesi centrale è che non esistono differenze significative nel modo in cui funzionano il cervello maschile e quello femminile, Daphna Joel ha teorizzato la mente a mosaico in un grosso studio che potremmo definire intersessuale o gender fluid (Marco Del Giudice et al lo hanno contestato usando gli stessi dati), e Cordelia Fine ha contestato persino la rilevanza del testosterone. (In genere, online, si fa cherry picking dei propri studi preferiti che sconfessano lo studio dell'altro, usate google da voi e divertitevi).

    3. Poi c’è una posizione di mezzo, più sfumata, che è quella che prediligo, e che difende Pinker nel dibattito e nei propri libri, e cioè che ci sia una combinazione tra educazione, predisposizioni biologiche (studi in scienze sociali ci dicono per esempio che le donne sono più brave nel linguaggio, gli uomini a manipolare oggetti spaziali; o che i bambini sono più interessati agli oggetti e le bambine alle persone) e genetiche (se sei figlio di Einstein hai un patrimonio genetico diverso dall’essere figlio di Genny 'a carogna. Ma anche su questo penso che gli anti neurosessisti siano concordi). Di nuovo, chi predilige l’interpretazione culturalista spiegherà queste indiscutibili differenze in termini interamente culturali pur aggiungendo che non negano le differenze sessuali (ma alla fine non ne tengono conto...), gli “innatisti” invece sono propensi a dire che non siamo tabule rase riempite esclusivamente dall’educazione e dagli stimoli, ma partiamo con delle predisposizioni.

    Per Kevin Mitchell, per esempio, è assurdo pensare che non ci siano differenze biologiche tra il cervello maschile e quello femminile nell'uomo, come in ogni altra specie, per ottime ragioni evolutive. Mitchell, neuroscienziato e autore di “Innate: How the Wiring of Our Brains Shapes Who We Are” sostiene però che i detrattori come Rippon e Eliot fanno bene a contestare i risultati degli studi di neuroimaging mal eseguiti e soprattutto a opporsi alla loro eccessiva interpretazione (c'è tanta fuffa anche nelle nuroscienze), ma che anche se il neuroimaging non dimostrase differenze tra il cervello maschile e quello femminile, ciò non significherebbe che non ce ne sono, ma solo che la tecnologia può rilevare le differenze macro. Larry Cahill tiene un corso che si chiama Sex Differences in the Brain, e da vent’anni ripete che le neuroscienze hanno sempre avuto torto nel privilegiare lo studio del cervello maschile e quando ha letto la recensione di Eliot al libro di Rippon su Nature ha detto che è stato come leggere il titolo “il mito dell’evoluzione degli esseri umani”. Nell’editoriale del numero di Neurosciece Journal di Gennaio/Febbraio 2017 intitolato “Un problema da affrontare: influenze di sesso/genere sulla funzione del sistema nervoso” si legge: “Le neuroscienze oggi sono a un bivio. Continuiamo lo status quo e ignoriamo il sesso come variabile biologica, o riconosciamo che il sesso influenza il cervello a tutti i livelli e affrontiamo le maggiori lacune nella conoscenza?”. La rivisita si propone di seguire la seconda strada e “riconoscere che il sesso influenza fondamentalmente il cervello”. Comprendere le differenze tra i sessi dovrebbe essere un principio fondamentale della ricerca di un campo promettente come le neuroscienze.

    Ma perché si ipotizza una differenza di funzionamento tra i cervelli se non si sa ancora in che modo questa differenza possa essere rilevante? Per vari motivi. Per esempio i disturbi psichiatrici e dello sviluppo neurologico sono più comuni negli uomini (autismo, ADHD) e altre più frequenti nelle donne (depressione e disturbi d'ansia), se vi interessa potete leggere i lavori di Simon Baron Cohen, che non è il comico ma uno psichiatra esperto d’autismo che ha studiato le differenze tra uomini e donne e in media ha descritto il cervello degli uomini più propenso a sistematizzare e quello delle donne più propenso all’empatia (che vi sembrerà un po’ come dire che gli uomini sono interessati a creare Amazon e le donne a fare le infermiere. Ovviamente odiatissimo e bollato di neurosessismo). Poi ci sono alcune aree del cervello di cui siamo certi ci siano differenze neurologiche tra maschi e femmine (la corteccia prefrontale femminile ha maggiore volume, l'amigdala più grande negli uomini). È vero, non sappiamo ancora di che tipo. Che è un buon motivo per studiarlo anziché dire che siccome non lo sappiamo non ci sono evidenze e allora a posto così.

    Per i fautori della posizione culturalista/anti-neurosessista il dismorfismo sessuale sarà trascurabile e insignificante e le differenze rilevanti, come una sproporzione tra studentesse nelle materie STEM verrà letta come conseguenza dell’ambiente sociale. E invece i secondi ti direbbero che le ragazze con le competenze per le materie STEM (che fanno guadagnare anche più soldi in alcuni settori, per esempio) preferiscono altri settori. Non è che sono meno intelligenti, è che non sono interessate a quelle cose.

    Questo per dire che è tutto molto complesso, polarizzato, dibattuto. Ci sono scontri, anche duri, tra specialisti. Però quando si dice che ci sono differenze tra uomini e donne si sta facendo riferimento alla letteratura scientifica in scienze sociali, e quando si sostiene che queste differenze sono dovute anche probabilmente a caratteristiche biologiche si stanno assecondando studi e interessi degli ultimi vent’anni. È ciò che molti studiosi già indagano in silenzio senza titoli del New York Times e senza ideologi che propugnano tesi inclusive che si sposano con le policy aziendali. Qualcuno penserà che tu voglia negare dei diritti. Un atteggiamento autenticamente liberale dovrebbe essere volto a estendere i diritti nonostante le differenze. La psicologia evoluzionista è incompatibile con il femminismo? No. Ottenere equità non significa cancellare le differenze.
    Manuel Peruzzo

  2. #2
    Senior Member L'avatar di GenghisKhan
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    Re: Tempo fa una ragazza molto gentile mi ha

    Lettura interessante

    Link pls?

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