Vicenda del bus in fiamme. 6 punti
Primo. Il responsabile si č preparato: aveva fascette per immobilizzare i passeggeri, il contenitore con la benzina poi usata per appiccare il fuoco. C’č una premeditazione, le indagini diranno con quali implicazioni. E’ chiaro che si guarda in ogni direzione, compreso il terrorismo.
Secondo. Ha usato un bus, i suoi ostaggi erano in maggioranza bambini. Ha pensato di impiegare il suo mezzo per una scorreria che poteva concludersi con una strage. Il carburante a bordo, lo speronamento dei veicoli dei carabinieri, quindi le fiamme indicano una sequenza convulsa ma anche lineare. Il traffico ha rallentato la sua corsa, altrimenti sarebbe stato complicato fermarlo senza correre il rischio di provocare danni a chi era a bordo.
Terzo. Secondo le testimonianze ha detto di voler raggiungere l’aeroporto di Linate. Voleva lanciarsi contro gli ingressi? Pensava ad un’azione ancora pił eclatante? In passato ci sono stati episodi analoghi di matrice terroristica.
Quarto. Il senegalese ha sostenuto di averlo fatto per protestare contro le morti nel Mediterraneo e dunque ha offerto una motivazione. Che puņ essere davvero il movente oppure un pretesto. O magari un atto di emulazione.
Quinto. I precedenti penali non gli hanno impedito di poter svolgere un lavoro come quello di autista e di portare dei bambini. Una falla grave nei controlli se ovviamente saranno confermate le prime informazioni sul suo passato. Spesso, in circostanze caotiche, trapelano notizie frammentarie o persino errate.
Sesto. L’impatto č profondo. Sui bambini e i familiari. Poi sul senso di sicurezza. Ma lo č ancora di pił perché č difficile non pensare a quanto č avvenuto nell’arco di pochi giorni in aree geografiche diverse. Il massacro xenofobo in Nuova Zelanda, l’uccisione di tre passeggeri su un tram a Utrecht (Olanda) da parte – anche qui – di un pregiudicato forse vicino a ambienti jihadisti, le tensioni costanti che coinvolgono ogni aspetto della vita quotidiana.