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La storia la raccontail Secolo XIX, che spiega come Eretta sia stato rispedito indietro perché non ha esibito il passaporto: «All’arrivo il documento era sparito e non so dire se sia andato perduto o mi sia stato rubato.
Ma non è andata così: «Sono stato trattato come un clandestino, nessuno che parlasse un inglese accettabile o mi spiegasse perché non si volesse risolvere il problema – dice – Confinato in area dogana 15 ore, osservato dalle guardie, costretto a chiedere il permesso per recuperare da bere, mangiare e andare in bagno».
Subito dopo, racconta il vicesindaco, nonostante il contatto con il ministero degli Esteri a Roma e il consolato italiano a Pechino la Cina lo ha espulso mettendolo su un aereo diretto a Milano, dove ad attenderlo ha trovato la polizia. «Ho chiesto un appuntamento immediato con l’ambasciata cinese a Roma – conclude sul Secolo XIX – e sto interessando la Lega, ma faccio un appello a tutti gli schieramenti affinché si lavori perché un italiano in situazione analoga non subisca più quello che ho subìto io».