”Noi abbiamo fatto un lavoro estremamente puntuale, serio e delicato di confronto con gli italiani in difficoltà e con le categorie produttive che abbiamo trasformato in proposte estremamente serie che nessuno ha mai fin qui neanche voluto valutare”, si è lamentata ieri Giorgia Meloni.
E vediamole, queste proposte. In pratica si tratta di una valanga di soldi a pioggia, come inizialmente aveva fatto anche il governo Conte, poi corso ai ripari per l’insostenibilità per il bilancio pubblico di misure non mirate alle sole categorie realmente colpite dalla pandemia.
Partiamo dai “ristori”, che secondo la Meloni dovrebbe essere estesi a “tutti coloro che hanno subito una diminuzione del fatturato superiore al 33% tra aprile 2020 e aprile 2019 o nei trimestri marzo-maggio 2020 o giugno-agosto 2020 rispetto agli analoghi trimestri 2019″, ”perché ad
essere danneggiate non sono solamente le attività che hanno subito restrizioni in base ai dpcm di Conte, non sono solo le attività obbligate a chiudere”. Bene, potrebbe anche essere vero. Ma sorgono subito alcune domande: chi certifica il mancato fatturato? Dove trova la Meloni le risorse per coprire un buco che rischia di essere pari a quello di una legge finanziaria?
Il top la Meloni lo raggiunge quando arriva a criticare, giustamente, la logica dei bonus, delle una tantum, ma poi chiede un intervento per la copertura dei costi fissi di tutto il settore delle imprese, da gli artigiani ai commercianti fino ai libero professionisti. Quanti soldi servono e come trovarli, però, non lo dice. Così come non dice come coprire la ”gratuità della Cig” ovvero la copertura dei costi della cassa integrazione che rimangono comunque a carico delle imprese.
Infine dopo aver criticato i bonus a pioggia, riguardo ai lavoratori autonomi, Giorgia Meloni propone l’introduzione di misure di sostegno al reddito. Anche questa proposta, condivisibile nel fine, non è dettagliata chiaramente. Ancora una volta non si dice come reperire le risorse, anzi, l’esposizione della Meloni esaspera ancor di più la contrapposizione tra lavoratori dipendenti ed autonomi.
Ma non è finita qui, perché la Meloni, considerata la grave situazione determinata dall’emergenza sanitaria, propone anche il dimezzamento dell’Iva. Naturalmente senza indicare le coperture. Insomma, “Cchiú pilu pe’ tutti”, e non pago io.