Terza dose? Forse sì.
Molto spesso ho scritto e detto che non c’era modo di prevedere la durata dell’immunità suscitata dai vaccini: in alcuni casi dura per decenni, in altri casi molto meno. Non si poteva sapere a priori quando sarebbe durata quella dovuta ai vaccini anti-COVID-19, bisognava solo avere pazienza e aspettare, guardando che accadeva nei paesi dove si è cominciato per primi a vaccinare. E i primi dati stanno arrivando, e non sono purtroppo ottimi.
Non c’è un lavoro pubblicato (che speriamo esca presto) ma il Financial Times (giornale serio) riporta che il governo israeliano prevede una terza dose della vaccinazione Pfizer per persone anziane e particolarmente a rischio. Questa decisione è dovuta all’osservazione che negli anziani la capacità protettiva del vaccino nei confronti della malattia grave sembra essere scesa dal 97% dei primi mesi all’81%, un calo notevole che non può essere ignorato.
Il dato, ad essere sinceri, stupisce, perché è nettamente in contrasto sia con le osservazioni fatte in UK, sia con la prosecuzione dello studio randomizzato riguardante il vaccino Pfizer (di cui ho parlato nei giorni precedenti in questa pagina), visto che entrambi gli studi mostrano una protezione nei confronti della malattia grave ancora ben salda sopra il 95% nei confronti della malattia grave. Le differenze non sono facili da spiegare al momento, mancando i dettagli dei dati di Israele. Teniamo conto che i dati che arrivano da UK e da Israele sono dati “osservazionali” (nel senso che si guarda cosa succede e si descrive) e non derivano da studi controllati (come quello fatto da Pfizer) e i fattori confondenti sono molti. Speriamo che la situazione si chiarisca presto, e speriamo che si chiarisca nel modo più favorevole, ma non è detto.
A questo punto però direi che è meglio prepararsi allo scenario peggiore, ovvero quello di una immunità contro la forma grave che con il tempo sta diminuendo. Questo porta ad alcune considerazioni.
La prima è che diventa ancora più imperativo vaccinare nel più breve tempo possibile il maggior numero di persone possibili, per limitare al massimo la circolazione del virus. Se i dati israeliani fossero confermati il discorso “sei vaccinato, cosa te ne importa di quelli che non si vaccinano” sarebbe ancora più insensato del solito e correremmo il rischio di rivedere gente in rianimazione, anche vaccinata. Come ho spiegato nei giorni scorsi, un vaccino meno efficace richiede una vaccinazione più estesa. Quindi, un motivo in più per spingere sulla vaccinazione.
La seconda è che è meglio prepararsi per somministrare una terza dose a pazienti anziani, fragili e ai sanitari, che sono sempre una categoria chiave sia per la difesa dalla malattia, sia per la diffusione dell’infezione. A quello che so il Ministro della Salute si è preparato da mesi a questa eventualità e sarà possibile fare il richiamo in tempo e senza problemi logistici.
Al momento tutto fa pensare che la terza dose non sarà eseguita con un vaccino diverso da quello originale, che sembra funzionare bene.
Insomma, forse dovremo fare un richiamo. Non è detto che dovremo farlo ogni anno, perché potrebbero arrivare vaccini più efficaci, e in ogni caso un richiamo non è una tragedia. Lo facciamo già per il tetano, per la difterite, per la pertosse, per l’influenza senza troppi problemi. La tragedia è finire in rianimazione con il COVID-19.
Roberto Burioni
PS: questi dati si riferiscono esclusivamente al vaccino Pfizer, usato per primo e in maniera più estesa. Per gli altri vaccini non sono ancora disponibili dati.