RIUNITI
Parte 1 - Sogni
Era immersa nell’oscurità, sapeva di essere nel tempio della stazione, ma non sapeva come ci fosse arrivata.
Il silenzio era rotto dal mormorio dei fedeli e dal cantilenare del sacerdote… anche se lei era stranamente sicura che non avrebbe dovuto esserci nessuno in quel momento.
L’unica luce proveniva dal cristallo sull’altare di fronte a lei, ipnotica, avvolgente ed incredibilmente simile ad un tunnel spaziale in miniatura in fondo al quale sembrava poter scorgere la presenza di qualcuno o qualcosa immerso nella stessa luce bianca che il cristallo emanava e che trasmetteva una sensazione di pace, sicurezza e di… non riusciva a definirla… come di… immensità.
Improvvisamente il mormorio si interrupe, il cristallo si oscurò e lei avvertì qualcos’altro alle sue spalle, una presenza gelida, oscura e minacciosa.
Un terrore agghiacciante le attanagliò le viscere, sentiva tremare le ginocchia e le braccia erano come paralizzate, voleva voltarsi, doveva voltarsi ma non ci riusciva, l’unica cosa che poteva fare era rimanere immobile al buio con la sensazione di un incombente pericolo dietro di lei.
Dopo un tempo che le parve eterno riuscì a muoversi lentamente, quasi a scatti, raccolse tutto il suo coraggio, si voltò… e desiderò non averlo mai fatto: un’ombra immensa la sovrastava con due occhi rosso fuoco che spiccavano nell’oscurità e la fissavano con crudeltà.
Restò così, ammutolita dalla paura e senza sapere cosa fare finchè l’ombra, con una voce lontana, cavernosa e strascicata, la chiamò.
Cominciò ad urlare e… si svegliò, aprì gli occhi ritrovandosi nella sua camera da letto, accanto a lei c’era Julian che la chiamava “Ezri, Ezri! svegliati! stai solo sognando”
Era stato solo un sogno o meglio: un incubo, ma le era parso così reale!
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La giornata scorreva tranquilla secondo una routine ormai consolidata: prima gli appuntamenti del mattino, inframmezzati da una puntatina da Quark per bere qualcosa e scambiare due chiacchiere con le ragazze dabo, poi il pranzo con Julian seguito dagli appuntamenti del pomeriggio.
Durante uno di questi ricevette Morn e si preparò ad approfondire il conflittuale rapporto di lui con la madre, quando un’improvvisa sensazione si impadronì di lei e si ritrovò come a galleggiare sospesa in una luce, consapevole di tutto ciò che la circondava eppure lontanissima da esso, come se la realtà materiale fosse un qualcosa di estraneo.
Poteva “vedere” i ricordi di tutti i precedenti ospiti del simbionte, ma non come memorie, come se i fatti si stessero svolgendo realmente in quel momento, accavallandosi tra loro senza confondersi, restando perfettamente distinti e riconoscibili gli uni dagli altri.
Era immersa nella marea pulsante delle vite passate, assaporando ogni sensazione, quando sentì una voce stranamente familiare “ti stai divertendo, vecchio mio?” ed immediatamente ripiombò nella realtà con Morn che la fissava come aspettando risposta ad una qualche domanda.
Ancora ebbra delle sensazioni che aveva assimilato, si scusò, disse di non sentirsi bene e rimandò la seduta alla prossima volta.
Si recò immediatamente in infermeria per farsi controllare e rivelò a Julian quello che le stava accadendo: non era la prima volta che aveva degli incubi o che sognava ad occhi aperti, il problema era che al contrario dei normali sogni, questi rimanevano vividi nella memoria anche dopo molto tempo e che spesso stentava a tornare in se.
Non trovando nulla di anormale, almeno per una trill con 9 vite, le prescrisse del semplice riposo, panacea di tutti i mali ed insieme decisero di chiedere informazioni all’istituto centrale di Trill su possibili precedenti.
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Era oramai sera ed Ezri si apprestava ad andare a letto quando quasi senza accorgersene, come in trance, sedette di fronte allo specchio, prese una spazzola e cominciò spazzolarsi i capelli lentamente, con gesti lunghi e misurati, molto più di quanto la sua corta pettinatura richiedesse.
L’immagine che le rimandava lo specchio cominciò a cambiare, le sembrò diversa anche se familiare, strinse gli occhi cercando di mettere a fuoco ed in quel momento una luce proruppe dallo specchio ed una voce chiese “come ti senti?”
Lasciò cadere la spazzola e scattò in piedi spaventatissima, guardò nello specchio ma la luce e l’immagine erano sparite.
Parte 2 – Il Tempio Celeste
Li era l’inizio del tempo, li la sua fine, li il suo evolversi e tutti i cambiamenti in esso contenuti.
Tutto avveniva contemporaneamente: stelle nascevano e morivano, imperi vasti migliaia di anni luce arrivavano al loro apice per scomparire nel nulla subito dopo, miliardi e miliardi di esseri nascevano e morivano nell’arco di un batter di ciglia.
Li c’era tutto: tutta la conoscenza, tutti gli eventi, grandi o infinitesimali che fossero, qualsiasi tipo di sensazione o di emozione e tutto era a sua disposizione.
Era facile accedervi, era come un unico ricordo, vivido, infinito ed inebriante ma allo stesso tempo apparentemente inutile, perché li il tempo e gli affanni della vita non esistevano, semplicemente non avevano senso e la conoscenza appariva sterilmente fine a se stessa.
Ed era per questo che Loro avevano bisogno di lei (non era mai riuscita a convincersi a chiamarli profeti, anche adesso per lei rimanevano “gli alieni del tunnel spaziale”), ne avevano bisogno per capire molte di quelle cose a cui riuscivano così facilmente ad avere accesso.
Alcune erano per loro semplici nozioni, anche se erano al di al della comprensione di qualsiasi umanoide e per quello non avevano certo bisogno di alcun aiuto, ma altre, cose che per lei erano semplici e basilari, stentavano ad afferrarle.
Spesso si soffermava a pensare alla prima volta in cui aveva avuto accesso a quel posto e si rivedeva sull’orlo di un orrendo baratro mentre descriveva le bellezze naturali di un giardino ma ovviamente all’epoca non avrebbe potuto riconoscere né capire cosa la circondava.
Ricordava anche la volta successiva in cui era arrivata: sentirsi strappare la vita dal corpo, momenti di oscurità e di dolore, un lampo di luce ed una sensazione di solitudine: dov’erano gli altri? dove i loro ricordi?
Poi parole di benvenuto e di conforto da parte di Loro e poi… poi le parole si tramutarono in grida, le grida tacquero e fu solo silenzio e buio.
Quanto era durato quel buio? un giorno? un secolo? solo un attimo? non poteva saperlo, sapeva solo che non aveva mai provato una paura più grande di quell’infinito nulla che sembrava averla inghiottita.
Già disperava di dover rimanere così per l’eternità, quando improvvisamente il buio fu come trafitto dalla luce che la accolse nuovamente, calda e rassicurante ed in quella luce si accoccolò e decise di riposarsi per qualche tempo, anche se allora non poteva sapere che li il tempo non aveva importanza.
Al risveglio si ritrovò non più sola, i ricordi degli altri erano tornati e c’era Benjamin, suo amico di vecchia data a tenerle compagnia.
Perché era stata portata li? fu la prima cosa che chiese.
Le fu risposto che era per lei stessa, per la sua preparazione, per la sua grande amicizia e fedeltà verso l’emissario, per essersi rivolta a Loro con gratitudine pur sapendo che in realtà non avevano fatto nulla per lei ed anche per il suo ultimo pensiero, che intendevano approfondire, che fu per Worf e per il simbionte ai quali dava più importanza che alla sua stessa vita.
Così decisero di aiutare quest’ultimo e di prenderla con loro.
Anche se pieno del tutto dell’universo, quell’esistenza aveva finito con l’annoiarla.
Non c’erano stimoli, non c’era emozione di scoperta, non c’erano incognite, tutto si conosceva, nulla per cui lottare, nessuna sfida, nessuno sprono a vivere… se quella era un tipo vita.
Era riuscita ad accettare perfino il fatto di avere i ricordi delle sue vite passate senza ovviamente avere più il simbionte, ma ora voleva di più, anzi di meno: voleva tornare ad interagire con il livello di vita precedente.
Dapprima provò a fare come faceva Benjamin, per il quale la cosa sembrava facile, ma quando sembrava sul punto di riuscire ad accedervi qualcosa la ributtava indietro.
Allora chiese come fare, ma le fu risposto che non era permesso, si poteva solo osservare ed intervenire solo in occasioni eccezionali.
Per nulla intimorita dalla proibizione, cercò di accedere contattando qualcuno che poteva condividere le sue esperienze passate ed in effetti c’era qualcuno adatto allo scopo, ma la cosa risultava difficoltosa, non tanto per lei quanto per instaurare una comunicazione comprensibile per l’altra.
Provò ad attirarne l’attenzione con i sogni, sia quando questa dormiva che cercando di indurre tale stato nei momenti di veglia.
Erano comunicazioni lampo che duravano un tempo infinitesimale di quello che sembravano in realtà e quindi, almeno così sperava, non potevano portare a conseguenze spiacevoli.
Mentre era impegnata in uno di questi tentativi fu scoperta e solo per l’intervento dell’amico non fu punita, ma presa com’era dalla voglia di sapere quello che succedeva direttamente e non come riflesso, non desistette.
Fu nuovamente scoperta e questa volta nemmeno Benjamin potè fare nulla per lei, Loro non potevano permettere le sue continue trasgressioni e le sue interferenze sui diversi piani di esistenza.
La punizione al contrario di quel che temeva la eccitò moltissimo: fu condannata a tornare al precedente piano di esistenza, ma la cosa aveva un problema: la sua esistenza come trill era finita ed il suo simbionte era stato preso da un altro ospite che adesso aveva anche i suoi ricordi e le sue esperienze, quindi fu deciso, su consiglio dell’emissario, che sarebbe tornata come essere umano.
Parte 3 – L’arrivo
Ancora preoccupata dal fatto che dal pianeta natale trill avessero risposto di non avere nessuna informazione in merito ai suoi sintomi, Ezri si preparò ad iniziare il colloquio con uno dei suoi più assidui pazienti.
“Allora, dov’eravamo arrivati l’ultima volta?” chiese.
Morn assunse un’espressione pensosa e ritrovato il filo del discorso si voltò verso di lei per continuare… ma Ezri non era più seduta sulla poltrona.
Si guardò attorno ma non era nemmeno nello studio, allora con aria mesta uscì e si avviò verso il bar di Quark, lui almeno l’avrebbe ascoltato, anche se non era carino come lei.
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Ezri correva lungo la passeggiata con lo sguardo perso nel vuoto mormorando “è qui”, scontrandosi con quelli che non erano abbastanza svelti da togliersi dal suo percorso.
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Era arrivato il momento più solenne della funzione nel tempio della stazione, Vedek Llomar recitò i sacri versi ed aprì lo scrigno che conteneva il cristallo per impartire la benedizione dei profeti. Improvvisamente una vampata di luce proruppe dal cristallo ed ai piedi dell’altare comparve una donna, per di più senza alcun vestito indosso, la quale si guardò attorno con sguardo spaventato, fissò il vedek e cacciò un urlo.
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Ezri arrivò proprio in quel momento, in tempo per vedere i fedeli che presi dal panico scappavano dal tempio.
Entrò, trovò in un angolo il reverendo in evidente stato confusionale e notò la donna che cercava di ripararsi dietro l’altare.
Le si avvicinò con cautela in modo da non allarmarla, ma sempre con dentro di se l’urgenza di sapere.
“Jadzia” chiamò, da dietro l’altare l’altra la guardò con sguardo interrogativo.
“Jadzia sei tu?” chiese.
“non… non lo so” rispose l’altra e scoppiò in lacrime.
Solo allora Ezri si accorse della strana mancanza delle macchie trill sul corpo di Jadzia, ma al momento c’era altro a cui pensare, si tolse la giacca dell’uniforme, cercò di coprirla alla meglio e sempre cercando calmarla l’accompagnò in direzione dell’infermeria.
Parte 4 – Ricordi
La luce rossastra dell’alba klingon entrava attraverso un’alta finestra, nella tenuta del casato di Martok, illuminando Worf immerso nei suoi pensieri mentre distrattamente sorseggiava il suo succo di prugna.
Osservava l’immagine sullo scaffale dall’altra parte della stanza, senza avvicinarsi per il timore di perdersi nei ricordi.
Non che avesse bisogno di averla vicino per notarne i dettagli: il vestito cerimoniale rosso, la corona, il sorriso, lo sguardo e lo stretto abbraccio, tutto era impresso nella sua mente come se fosse successo solo il giorno prima ed invece erano già passati anni.
Preso dai ricordi mormorò “lo giuro”.
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Non appena promosso comandante, Worf aveva avuto il comando della defiant su DS9, ma come da richiesta ufficiale del nuovo cancelliere dell’impero klingon, era stato nominato consigliere aggiunto della flotta stellare con incarico temporaneo presso l’ambasciata della federazione su Qo'noS.
Anche se ufficialmente i suoi alloggi erano presso l’ambasciata, alcune volte rimaneva a dormire nel palazzo dell’alto consiglio e più spesso, come quella volta, nella tenuta di Martok.
Insisteva però nell’indossare sempre l’uniforme della flotta, in segno di riconoscimento ed a dimostrazione della sua lealtà, anche se nessuno di quelli che lo conoscevano avrebbe mai dubitato di questo.
Praticamente andava all’ambasciata solo in occasione di riunioni ufficiali, di visite di alte personalità o per qualcos’altro di particolare anche se adempieva comunque ai suoi doveri inviando ogni giorno un dettagliato rapporto per informare la flotta delle cose potenzialmente interessanti di cui veniva a conoscenza e per questo il Cancelliere Martok ogni tanto lo prendeva in giro chiamandolo “la sua spia personale”.
Quasi sempre era in compagnia del cancelliere praticando la caccia rituale nella sua tenuta privata o assistendo alle sedute dell’alto consiglio ed anche se preferiva gli “incontri ufficiosi” nei sotterranei del palazzo (tutti a base di montagne di cibo, fiumi di vino di sangue, canzoni di guerra, racconti di battaglie… e le immancabili risse), partecipava ai ricevimenti ufficiali organizzati dalla moglie di Martok, considerandoli parte dei suoi doveri di consigliere dell’ambasciatore e di conseguenza sopportandoli stoicamente.
Dopo alcuni di questi ricevimenti erano divenuti palesi i tentativi di Lady Sirella di trovargli una compagna, ovviamente una che rispondesse ai suoi rigidi requisiti.
Certo, erano tutte provate guerriere appartenenti ad antichi casati ed a dire la verità non è che in tutto quel tempo fosse rimasto “inattivo”, ma ancora non si sentiva pronto per un impegno a lungo termine.
Non si sentiva pronto… solo alcuni anni prima un pensiero come quello non l’avrebbe nemmeno sfiorato, sarebbe stato come offendere se stesso e tutte quelle tradizioni klingon che cercava di osservare ad ogni costo. Jadzia era riuscita veramente a cambiarlo, l’aveva reso più elastico, gli era entrata dentro fin nei più profondi recessi del suo animo e lui non aveva intenzione di cambiare nuovamente, non voleva ancora dimenticarla, anche se quei ricordi erano più dolorosi di una battaglia perduta.
Decise che era giunto il momento di controllare i dispacci arrivati dal comando della flotta stellare.
Si collegò con il computer dell’ambasciata ed inserì il suo codice di sicurezza, subito apparve una lunghissima lista di messaggi: aggiornamenti ai protocolli, liste di promozioni, trasferimenti, notizie da tutti i luoghi dove la flotta era impegnata, ecc.
Aveva da tempo imparato ad evitare i messaggi di routine e si concentrava solo su quelli che potevano essere di interesse per l’ambasciata, per la defiant ed ovviamente per lui.
Da un po’ di tempo accarezzava l’idea di tornare in azione, in modo da buttarsi a capofitto in qualche impresa che lo impegnasse e magari l’aiutasse anche a dimenticare.
Un paio di messaggi attirarono la sua attenzione:
- la USS Indefatigable, aveva risposto ad una richiesta di aiuto di un mercantile al limitare del settore di betazed ed aveva avuto uno scontro con una nave non meglio identificata, ma che usava tattiche del dominio, sicuramente dei jem’adar ribelli.
- Visto l’aumento del numero degli attacchi, si consigliava ai mercantili di non viaggiare da soli ma in convogli e la flotta stellare, assieme a quella klingon, stava cercando di organizzare dei servizi di scorta ma vista la scarsità di navi disponibili, al momento sarebbero stati garantiti solo per le rotte più a rischio.
Pensò che era quello che stava aspettando, forse era arrivato il momento di riprendere il suo posto al comando della defiant, la quale sicuramente sarebbe stata utilizzata per difendere i convogli nel settore bajoriano.
Stava decidendo se era il caso di inviare un messaggio a DS9, quando l’occhio gli cadde su un messaggio indirizzato proprio a lui dal Colonnello Kira.
Lo aprì immediatamente e si sorprese del fatto che il messaggio non fosse di cortesia o concernente le attività della stazione, ma richiedeva la sua presenza sulla stazione al più presto possibile per comunicazioni di carattere strettamente riservate e personali.
Sapeva che il colonnello non avrebbe mai fatto una richiesta simile se la cosa non fosse stata veramente urgente, anche se non riusciva a capire che cosa potessero mai riguardare tali personali comunicazioni.
Purtroppo la prossima nave federale per DS9 di passaggio su Qo'noS era prevista solo fra 3 giorni e lui non era disposto ad aspettare tanto.
Chiamò il cancelliere e spiegò la faccenda.
Il vecchio amico non fece domande, gli mise immediatamente a disposizione il rotarran, nave oramai anziana che aveva preso per ragioni sentimentali come suo trasporto personale e gli augurò buona fortuna.
Dopo aver preparato un bagaglio leggero, mandò una comunicazione all’ambasciata e si fece teletrasportare sulla nave che fece subito rotta per DS9.
Parte 5 - Riuniti
Ad accoglierlo all’arrivo sulla stazione c’erano Kira ed Ezri, le quali cercarono in tutti i modi di metterlo a suo agio ed anche di evitare di rispondere alle sue domande.
Era evidente che ci fosse qualcosa che non andava, la tensione era palpabile ed aumentava ad ogni loro raccomandazione di rilassarsi.
Il consiglio di ritirarsi nei suoi alloggi e di reincontrarsi il giorno seguente fu la goccia che fece traboccare il vaso, Worf perse la pazienza e pretese che gli fosse finalmente svelato il motivo per cui era stato chiamato con tanta urgenza.
Alla fine le due desistettero e lo portarono ad un alloggio in una parte poco frequentata dell’anello abitativo, il cui ingresso era piantonato da guardie.
Ad aspettarli all’interno c’era il dottor Bashir.
Dopo saluti e convenevoli sedettero ed Ezri raccontò a Worf degli strani sogni e delle visioni che aveva avuto negli ultimi tempi, evitando di scendere troppo nei particolari, al che Worf chiese cosa mai potesse entrarci lui in tutta quella faccenda.
Alla fine arrivò al punto dell’apparizione nel tempio, all’incirca 15 giorni prima e gli diede la notizia: la donna comparsa nel tempio era Jazia… era tornata!
A quella rivelazione Worf rimase interdetto, confuso, come se non riuscisse ad elaborare l’informazione. Anni di dolore, di difficoltà nel distaccarsi da ricordi e sentimenti che aveva faticosamente represso e sepolto nelle profondità del suo animo, improvvisamente stavano salendo nuovamente in superficie.
Gli unici pensieri che riusciva ad avere erano “Jadzia è morta… tanto tempo fa… il suo ricordo è vivo in me… ma lei è morta…perché mi stanno dicendo queste cose? perché si prendono gioco di me e dei miei sentimenti?”
Una rabbia cieca lo prese e se al posto degli amici, compagni di molte battaglie, ci fosse stato qualcun altro sicuramente avrebbe dato sfogo alla sua frustrazione troppo a lungo repressa.
Scattò in piedi chiedendo spiegazioni sul loro comportamento a suo dire altamente offensivo per lui e per la memoria di Jadzia.
Già una volta era stato ingannato dal presunto ritorno in vita di un defunto e non aveva intenzione di ricascarci nuovamente, specialmente con qualcosa che lo toccava così da vicino.
Chi poteva avere una ragione per dargli una tale, dolorosa, falsa speranza?
Julian cercò di calmarlo, nessuno voleva ingannarlo, non che loro sapessero almeno e raccontò come anche lui era rimasto senza parole (cosa per lui anomala) quando Ezri era arrivata in infermeria con Jadzia, gli spiegò che erano stati fatti tutti gli esami possibili, anche il dottor Mora era stato chiamato per verificare la possibilità che lei fosse in realtà un mutaforma, ma che i risultati erano stati negativi, l’unica cosa che risultava era che stranamente Jadzia non era più trill ma umana e non era nemmeno un clone modificato.
Altra cosa ancor più strana erano i suoi ricordi: un miscuglio rado e frammentario di quelli della sua vita mischiato ad altri ancor più frammentari delle vite passate di dax, cosa che appariva impossibile visto che non aveva più un simbionte.
Worf chiese se qualcun altro era la corrente della cosa e Kira disse che purtroppo era stato impossibile evitare che la notizia si diffondesse sulla stazione e per riflesso su bajor stessa.
Un fatto così eccezionale come un’apparizione in un tempio gremito di fedeli non poteva certo essere messo a tacere facilmente, ma le autorità religiose avevano dato il loro consenso a ridimensionare il più possibile la cosa e lei stessa era andata da Quark per intimargli di non ficcare troppo il naso.
Il ferengi, che aveva visto Ezri passare davanti al bar accompagnando una Jadzia rediviva e seminuda, per nulla intimorito l’aveva assicurata che non solo non l’avrebbe fatto ma che avrebbe persino contribuito a non far divulgare ulteriori notizie al riguardo. L’unica cosa che aveva chiesto, per i sentimenti che aveva nutrito in passato, era di essere tenuto al corrente degli sviluppi.
Julian ed Ezri speravano che la presenza di Worf potesse riuscire a sbloccare almeno in parte la memoria di Jadzia, per riuscire a capire cosa fosse successo e perchè.
Alla fine Worf accettò di incontrarla e scambiando uno sguardo di intesa con gli altri Ezri si recò nella stanza attigua da dove tornò accompagnata da Jadzia, la quale era visibilmente turbata e timorosa di quell’incontro e sedette facendo bene attenzione a rivolgere lo sguardo altrove.
Chi era quell’uomo? quel klingon? le era familiare, sia fisicamente che emotivamente avvertiva qualcosa nei suoi riguardi, ma non riusciva a mettere a fuoco ricordi e sensazioni e la cosa le risultava parecchio stressante.
Alla fine smise di evitare il suo sguardo, dentro di se sapeva che la vera lei non l’avrebbe mai fatto e si voltò, più che a guardarlo a fissarlo, come a volerlo sfidare e più lo guardava più sentiva crescere qualcosa dentro di se, qualcosa che non riusciva a definire: dei ricordi? un deja vù? non lo sapeva, sapeva solo di voler continuare a provare quella sensazione.
Worf non riusciva a capacitarsi: di fronte a lui c’era Jadzia… sua moglie… il suo amore perduto, nulla di quello che era successo o di cui avevano discusso fino a quel momento l’aveva minimamente preparato, era rimasto senza parole, senza sapere cosa fare.
Anche se ancora nutriva dei dubbi si era letteralmente sciolto, tutto il tempo passato con lei: dall’averla conosciuta, all’essersene innamorato, l’averla sposata ed infine persa, gli si era di colpo riversato addosso e di conseguenza tutti gli sforzi fatti per dimenticarla erano svaniti come neve al sole.
Cosa si aspettavano da lui? cosa avrebbe dovuto dire in una circostanza così particolare?
Non riuscendo a rivolgersi direttamente a lei chiese agli amici in che modo poteva essere utile, cosa poteva fare per aiutarla a riacquistare la memoria.
Julian pensava che al momento sarebbe stato meglio andare per gradi, senza tentare di strafare, forse la memoria avrebbe anche potuto tornare da sola.
Ezri si dichiarò d’accordo per degli incontri giornalieri, dapprima limitati a pochi minuti e poi sempre più lunghi, cercando di parlare di cose comuni che potessero farle riaffiorare nuovi ricordi o migliorare quelli che già aveva fatto notare di avere.
Jadzia continuava a fissarlo mentre era impegnato con gli altri nel pianificare una terapia per lei.
Parlava come se lei non fosse presente o non fosse capace di dire la sua ed anche se capiva che materialmente non avrebbe saputo cosa dire, questo le dava un certo fastidio.
Sapeva di questa sua abitudine di volerla per forza proteggere anche da cose che lei conosceva benissimo. Di voler procedere secondo certe antiche anacronistiche tradizioni che per lui erano così importanti, per le quali avevano così spesso discusso non propriamente in modo civile e per le quali alcune volte avevano persino litigato ferocemente.
Ma adesso ricordava anche che alla fine erano sempre arrivati ad un accordo ed avevano fatto pace e che in quei momenti lui smetteva di essere il guerriero tutto onore e dovere.
Lo stava ancora fissando quando d’improvviso un lampo le attraversò la mente…una sensazione… un ricordo… una certezza, sgranò gli occhi e disse “lo giuro”.
Si voltarono a guardarla e mentre gli altri si domandavano cosa quella frase potesse significare, per Worf tutto era divenuto chiaro.
Le si avvicinò e si abbracciarono strettamente, lui desiderando di poter dar sfogo ai suoi sentimenti troppo a lungo repressi, cosa che da rude guerriero klingon non poteva fare… non di fronte agli altri perlomeno, mentre lei sorrideva finalmente serena dopo tanto tempo, più tempo di quanto potesse effettivamente ricordare.
FINE