La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

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Discussione: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

  1. #1
    Shogun Assoluto L'avatar di MrBungle
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    La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Caro signor Cranston.
    Ho voluto scriverle questa email considerato che siamo entrambi rappresentati dalla UTA. Grande agenzia.
    Ho appena finito la maratona della visione di "Breaking Bad", dal primo episodio della prima stagione agli ultimi otto della sesta (ho scaricato l'ultima stagione da Amazon), per un totale di due settimane di visione.
    Non ho mai visto niente di simile. Eccezionale!
    La sua performance come Walter White è stata la migliore recitazione che ho mai visto.
    So che ci sono così tanti miasmi e nauseabonde cazzate in questo ambiente, che ho davvero perso la speranza in ogni cosa, in qualche maniera.
    Ma questo suo lavoro è spettacolare - assolutamente incredibile. Cio' che è straordinario è la potenza pura di tutti nell'intera produzione. Che cosa è stato? Cinque o sei anni di lavoro? Come sono riusciti i produttori (e lei tra loro), gli sceneggiatori, i registi, i direttori della fotografia... ogni reparto, a mantenere la disciplina e il controllo dall'inizio alla fine è (termine inflazionato) impressionante.
    Quello che era iniziato come una commedia nera, e' affondato in un labirinto di sangue, distruzione e inferno. E' stata come una grande tragedia, greca o shakespeariana.
    Se mai potesse trasmettere la mia ammirazione a tutti gli altri: Anna Gunn, Dean Norris, Aaron Paul, Betsy Brandt, RJ Mitte, Bob Odenkirk, Jonathan Banks, Steven Michael Quezada. Tutti, tutti hanno dato prove magistrali di interpretazioni. Ma la lista è infinita.
    Grazie. Questo tipo di lavoro e arte sono rari, e quando, di tanto in tanto, si verificano, come in questa opera epica, rinsaldano la fiducia.
    Lei e tutto il cast siete i migliori attori che abbia mai visto.
    Può sembrare solo fiato sprecato, ma non lo è. E' quasi mezzanotte qui a Malibu, e mi sono sentito in dovere di scrivere questa e-mail.
    Congratulazioni e il mio più grande rispetto.
    Lei è veramente un grande attore.

    Io ho giocato tanti giochi... io già me ne accorgo da questo: quando va in pausa. In genere i giochi che vann in pausa e sta scritt sol "continua" e "salva" fann cagar! (Vincenzo Monti, videorecensore)

  2. #2
    Utente di Cinisello L'avatar di Glasco
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Una rastrelliera per fucili? Io non possiedo neanche un fucile, tantomeno una gamma di fucili che richieda un'intera rastrelliera. Che ci faccio con una rastrelliera per fucili?

  3. #3
    Army of One L'avatar di golem101
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Cos'è successo, ha dimenticato di avergliene già scritta una nel 2013, e ne ha mandato un'altra identica?
    Problem is, you're not going to jail. I'm going to jail.
    I'll do life. Will serve my time. I swear I will.

  4. #4
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Sottoscrivo che voglio vedere il copypasta del commento di Avatar adattato da Para

  5. #5
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    ora deve guardare the wire

  6. #6
    Utente di Cinisello L'avatar di Glasco
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    La lettera di Fox Astrolfo ai posteri dopo la visione di BLACK PANTHER

    Dicono che Laurence Fishburne saltasse agitato sulla poltrona del cinema esclamando colorite espressioni di giubilo. Gli incassi sono alle stelle e fioccano consensi di critica e pubblico. Cerchiamo di capire il perché analizzando l’importanza del film in diversi ambiti.

    1. Per la comunità afroamericana, per la società tutta

    Esistono un sacco di opere nella storia del Cinema che parlano della schiavitù nera nella società americana. Film di denuncia sociale, di analisi storica, divulgativi. Tutti film molto interessanti, rilevanti dal punto di vista artistico, spesso facili vincitori di premi e riconoscimenti. Grazie a racconti, ricostruzioni e testimonianze è inevitabile provare empatia e trovare ripugnanti le sofferenze che intere generazioni hanno dovuto subire per il solo colore della pelle. Tuttavia ad ognuno di quei film mancava una cosa fondamentale: riuscire a catturare anche per noi un sentimento preciso, quella sofferenza propria di una schiavitù non solo fisica ma anche e soprattutto mentale. L’ultimo ad averci provato è stato Tarantino con il suo Django Unchained, un ottimo film che riesce quasi a raggiungere il suo scopo prima che la vena eccessivamente pulp del regista offuschi tutto il resto.

    Mi sono sempre chiesto cosa significasse vivere in una società composta da gente che fino a qualche decennio prima schiavizzava impunemente i tuoi familiari. Mi è stata descritta efficacemente la rabbia, la frustrazione, la rassegnazione. Mai però in maniera tale da farmela sentire sottopelle, nell’animo. Finalmente, grazie a Black Panther, ci sono riusciti. Si tratta di inquietudine (irrisolvibile, opprimente, fastidiosa) e il film te la fa aderire addosso come un costume di Vibranio. Il più grande pregio della pellicola è proprio questo: dare finalmente espressione a sentimenti prima inesprimibili, incomprensibili per un uomo bianco occidentale del ventunesimo secolo. L’intuizione importante è quella di utilizzare proprio un canonico film sull’origine del supereroe per mettere l’Africa al centro del discorso. Era la strada più efficace per arrivare al cuore del problema e mi stupisce che nessuno l’abbia percorsa prima. Infatti il fumetto americano è per noi un linguaggio ormai radicato e familiare. Black Panther fa vivere tutto il disagio ancestrale della comunità afroamericana vittima di uno sradicamento che è tutt’ora, a secoli di distanza, ancora una ferita sanguinante. Lo fa andando dritto al punto: ti trasporta nel film, ti fa respirare Wakanda, ti fa desiderare l’Africa come probabilmente può desiderarla solo chi ne è stato privato. Ecco perché raggiunge il suo scopo in maniera forse più efficace di qualsiasi altra pellicola dall’approccio più realistico. Un film perciò importantissimo per la comunità afroamericana perché diventa un mezzo di contatto diretto con il resto della società, per esprimere quel disagio ancora così vivo e reale.

    E’ evidente che se nel 2018 la comunità afroamericana senta l’esigenza di produrre un film del genere allora significa che i problemi di integrazione e disparità continuano ad esistere e ad essere ancora irrisolti. Questo sta mettendo sul tavolo Ryan Coogler (sceneggiatore e regista) attraverso un linguaggio semplice, diretto ed efficace. L’idea di sfruttare l’occasione per un eroe completamente africano da inserire nel grande universo cinematografico Marvel è un modo per dire al mondo “ricordatevi di noi, di ciò che è veramente importante”. Lo vediamo dalla cronaca: le grandi minacce del nostro tempo non provengono da ipotetici invasori alieni o dominatori interdimensionali ma dalla non accettazione del prossimo, dalla paura che genera intolleranza e odio e dalle persone senza scrupoli che dividono e imperano. La persona saggia, di questi tempi, costruisce ponti mentre lo stupido costruisce muri. Black Panther è un ponte importantissimo. Ora due ragazzini appassionati di cinema e fumetti possono parlare lo stesso linguaggio e ammirare lo stesso tipo di eroismo che sia americano o africano. E insieme, un domani, trovare soluzioni, come dei veri supereroi.

    2. Per la Marvel, per il cinema tutto.

    Sappiamo tutti che gli americani non sono un popolo (inteso come senso di appartenenza) ma mera popolazione. Coloni, schiavi liberati e immigrazione economica sono la composizione originaria della società di oggi, un coacervo di culture e mentalità impossibile da catturare in una visione univoca. Un paese in eterno fermento (proprio per questo così prolifico per il cinema). La cosiddetta società multirazziale è in realtà multirazzista e ogni tensione finisce sempre per arrivare allo scontro sul piano etnico. Pochi sono i punti di convergenza dove si può lavorare per risolvere la tensione e sconfiggere vecchi retaggi. Da una parte vi sono i pregiudizi tipici di chi è stato oppressore e si vede deposto e derubato della propria supremazia. Dall’altra il risentimento e il senso di impotenza dell’oppresso che viene sempre colpevolizzato per aver sovvertito l’ordine delle cose. Tutto questo annienta qualsiasi possibilità di dialogo e situazioni simili si ripetono in maniera apparentemente irrisolvibile in molte altre parti del mondo. Tuttavia ci si può (e ci si deve) provare attraverso qualsiasi mezzo.

    L‘arte spesso può farsi carico di contenuti e il Cinema è il mezzo ideale. Qualcuno alla Marvel ha capito che era ora di cominciare ad occuparsi del reale e che il supereroe, per adempiere pienamente alla sua funzione ed essere tale, deve diventare soprattutto ispirazione. Black Panther è il primo risultato veramente compiuto in tal senso. Nei fumetti la Marvel è sempre stata un faro per quanto riguarda le battaglie civili e la riflessione morale. Nel cinema ha compiuto un lavoro più graduale cominciando timidamente e inserendo via via sempre più riferimenti a problematiche reali fino alla completa adesione alla realtà di quest’ultimo film. In verità che si fosse intrapresa questa direzione era piuttosto evidente nel penultimo film, Spiderman Homecoming. Lì la nemesi era l’Avvoltoio (uno strepitoso Michael Keaton),in verità un padre di famiglia lavoratore svilito e privato della dignità. Con questa decisa virata la Marvel si assume un’importante responsabilità inserendo pesanti tematiche sociali in prodotti destinati soprattutto a ragazzi e famiglie. Una scelta editoriale coraggiosa e illuminata, segno di maturità del genere e definitivo sdoganamento del proprio marchio, non più solo sinonimo di intrattenimento leggero. Una netta presa di posizione nell’era Trump che mi sarei aspettato piuttosto dalla vecchia Hollywood che invece non ha brillato per coraggio. Un esempio di coerenza perché perfettamente aderente al messaggio che costituisce il cuore del film: i mostri che attanagliano la nostra società e che ci hanno messi uno contro l’altro sono frutto del nostro “voltarsi dall’altra parte” quand’era il momento di soccorrere un fratello che soffre. Non è più il tempo di metafore, di astrazioni. E’ tempo di condividere risorse, capacità, talenti, conoscenze, aiuto. Perché è più quel che ci unisce che quel che ci divide. Ribadire questo concetto in un film importantissimo per la platea universale è una chiara presa di posizione politica. Chi mai si sarebbe aspettato che il film più politico dell’anno sarebbe stato un film Marvel!

    3. Per chi abbandona, per chi accoglie.

    Il senso di solitudine e abbandono di chi è stato privato delle proprie radici è rappresentato in maniera potente nel personaggio di un ragazzino e di suo padre nella Los Angeles della rivolta del 1992. E’ il sentimento profondo e sconvolgente che investe lo spettatore e a cui facevamo riferimento prima. Non esisterebbe però un dolore così forte senza un amore ed un richiamo potente verso le proprie radici. L’intuito più geniale del film è stato quello di far diventare Wakanda, mirabolante città stato, la patria mitica di ogni esule cosicché anche lo spettatore meno empatico potesse immaginare cosa significasse essere strappati dalla propria casa. Wakanda infatti non è solo una città meravigliosa e un atto d’amore per l’Africa, Wakanda è l’Africa stessa. Quella terra, lo sappiamo tutti, potrebbe essere la più ricca del mondo grazie alle proprie risorse naturali. Come potrebbe essere una città stato africana del ventunesimo secolo che avesse potuto godere di tutte le risorse riuscendo al contempo a mantenere una propria fortissima identità culturale tradizionale? Wakanda è la risposta e questa risposta è un coltello al cuore. La madre di tutte le terre rappresenta il dolore che prova ogni afroamericano, quando magari è solo un ragazzo orfano nella Los Angeles del 1992, nel credere a una favola, la terra mitologica da cui provengono gli avi. La terra meravigliosa che sarebbe potuta essere se tutti gli schiavi fossero potuti crescere nella loro terra libera invece di costruire sottomessi la ricchezza di un paese che li opprime. Fieri, liberi, forti. Riflettete su questo quando incrociate qualcuno che viene da lontano e ha lo sguardo perso e triste. C’è qualcuno che lo aspetta e che lo avrebbe amato da qualche altra parte.

    4. Per lo spettatore pagante

    Come al solito, il film Marvel vale pienamente il prezzo del biglietto ed è uno spettacolo per gli occhi. Non solo Wakanda e i meravigliosi paesaggi africani dominano il film. Anche i gli effetti speciali ed i combattimenti sono spettacolari, ben superiori allo standard del genere. Tanto amore per l’Africa anche nelle musiche e, lasciatemelo dire, non c’è niente di più esaltante dei ritmi tribali durante un combattimento, grazie per avermi fatto scoprire anche questo Black Panther.
    Una schiera di talenti si è messa al servizio di tanta polpa: Chadwick Boseman come re T’Challa, la Pantera Nera, regale attore oxfordiano (la produzione ha voluto solo lui, perfetto); Michael B. Jordan come il cattivo Killmonger, strepitoso qui come lo è stato In Creed insieme a Stallone; la bellissima Lupita Nyong’o; Daniel Kaluuya, già protagonista di Get Out, altro film sul tema del razzismo, candidato agli Oscar di quest’anno; Danai Gurira, la combattiva e celebre Michonne della serie The Walking Dead.
    Completano il cast Forest Whitaker, ormai relegato a ruoli di santone, la regina Angela Bassett e due strepitose aggiunte: Martin Freeman (il Bilbo de “Lo Hobbit” e il Dottor Watson nella moderna serie tv “Sherlock”) e Andy Serkis, il re della motion capture, qui finalmente su schermo in carne ed ossa. I due avranno anche il modo di confrontarsi, quasi come Bilbo e Gollum, in una gustosissima scena faccia a faccia.
    Un ottimo film da guardare con la famiglia perché è proprio della famiglia che parla oltre alle responsabilità dei propri padri (eroi spesso difettati) e di responsabilità individuali.

    Black Panther è un film importantissimo e ora abbiamo capito perché.

    WAKANDA!

    P.S.: Le “Pantere Nere” sono state un vero movimento per i diritti civili delle persone di colore negli Stati Uniti D’America.
    Una rastrelliera per fucili? Io non possiedo neanche un fucile, tantomeno una gamma di fucili che richieda un'intera rastrelliera. Che ci faccio con una rastrelliera per fucili?

  7. #7
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Citazione Originariamente Scritto da Glasco Visualizza Messaggio
    P.S.: Le “Pantere Nere” sono state un vero movimento per i diritti civili delle persone di colore negli Stati Uniti D’America.
    giura!

  8. #8
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    E' quella categoria che in tanti siti chiamano Ebony?

  9. #9
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Visto solo qualche puntata di BB e il tema mi ha affascinato pochissimo che ho lasciato perdere la visione...

  10. #10
    Senior Member L'avatar di Dadocoso
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    un po' old, ma Anthony ha pienamente ragione una delle 2 serie (su 4 viste in vita mia ) che non mi sono pentito di guardare, e probabilmente uno dei lavori piú belli mai fatti.

    Scommetto che Cranston é piú fiero di questa email che di tutti i golden globe che ha vinto

  11. #11
    Senior Member L'avatar di GenghisKhan
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Si ma qualcuno posti quella di Avatar

  12. #12
    Shogun Assoluto L'avatar di MrBungle
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Citazione Originariamente Scritto da fulviuz Visualizza Messaggio
    Visto solo qualche puntata di BB e il tema mi ha affascinato pochissimo che ho lasciato perdere la visione...
    ti meriti i Cesaroni!
    Io ho giocato tanti giochi... io già me ne accorgo da questo: quando va in pausa. In genere i giochi che vann in pausa e sta scritt sol "continua" e "salva" fann cagar! (Vincenzo Monti, videorecensore)

  13. #13
    Senior Member L'avatar di Lo Zio
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Citazione Originariamente Scritto da fulviuz Visualizza Messaggio
    Visto solo qualche puntata di BB e il tema mi ha affascinato pochissimo che ho lasciato perdere la visione...
    dovevi partire direttamente dalla terza stagione

  14. #14
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Citazione Originariamente Scritto da Fruttolo Visualizza Messaggio
    Sottoscrivo che voglio vedere il copypasta del commento di Avatar adattato da Para
    Asd me lo ricordo chissà dov’è finito

  15. #15
    Il contegno L'avatar di Biocane
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Citazione Originariamente Scritto da Dadocoso Visualizza Messaggio
    un po' old, ma Anthony ha pienamente ragione una delle 2 serie (su 4 viste in vita mia ) che non mi sono pentito di guardare, e probabilmente uno dei lavori piú belli mai fatti.

    Scommetto che Cranston é piú fiero di questa email che di tutti i golden globe che ha vinto
    È stata una serie molto bella perché, diversamente dalle altre, è stata pianificata dall' inizio alla fine, mentre di solito fanno la prima stagione e se va bene, realizzano la seconda.
    Di serie belle ce ne sono tante, ma poi alla terza quarta stagione (nelle migliori delle ipotesi, se no prima) iniziano a perdere colpi

    - - - Aggiornato - - -

    Citazione Originariamente Scritto da Lo Zio Visualizza Messaggio
    dovevi partire direttamente dalla terza stagione
    In effetti la prima stagione è la più lenta

  16. #16
    ND
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Nell'olimpo delle serie per me più valide di sempre, con the shield

  17. #17
    Senior Member L'avatar di Nico
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Ci metterei anche la prima di true detective.

    E sul filone comico invece IT crowd.

  18. #18
    Senior Member L'avatar di Dadocoso
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Citazione Originariamente Scritto da Nico Visualizza Messaggio
    Ci metterei anche la prima di true detective.

    E sul filone comico invece IT crowd.
    infatti quella é la seconda serie che mi é piaciuta tra le 4 che ho guardato

  19. #19
    Senior Member L'avatar di Lo Zio
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    Citazione Originariamente Scritto da Biocane Visualizza Messaggio
    In effetti la prima stagione è la più lenta
    la seconda mi ha steso peggio di un litro di valium

  20. #20
    Senior Member L'avatar di Dadocoso
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    Re: La lettera di Anthony Hopkins a Bryan Cranston dopo la visione di BREAKING BAD

    siete dei principianti, basta fare come Anthony. Maratona di due settimane e passa la paura, tutto fila alla perfezione

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