Pecunia non olet è una
locuzione latina il cui significato letterale è «Il denaro non ha odore».
[1] È una frase che viene cinicamente usata per indicare che, qualunque sia la sua provenienza, "il denaro è sempre denaro" o "il denaro è
solo denaro", nel senso che il mezzo non determina l'intenzione: la provenienza non darebbe alcuna connotazione positiva o negativa al mezzo/strumento che è il denaro e il suo utilizzo potrebbe essere positivo o non disdicevole.
La tradizione, accolta da
Svetonio in
Vite dei Cesari[2] e ripresa poi da
Cassio Dione in
Storia romana[3], vuole questa frase attribuita a
Vespasiano (
9-
79), a cui il figlio
Tito aveva rimproverato di avere messo una tassa, la
centesima venalium, sull'
urina raccolta nelle
latrine gestite dai privati, popolarmente denominati da allora "
vespasiani". Dall'
urina veniva ricavata l'
ammoniaca necessaria alla
concia delle pelli e da questa tassazione provenivano cospicue entrate per l'erario.
L'episodio completo vorrebbe che Tito avesse tirato alcune monete in uno dei bagni, in segno di sfida al padre: quest'ultimo le avrebbe raccolte e, avvicinatele al naso, avrebbe pronunciato le fatidiche parole.
[senza fonte]
Al di là dal significato ultimo di questa espressione, alle orecchie dei romani e dei parlanti latini tale frase forniva sicuramente un'immagine abbastanza curiosa e un po' ossimorica. Infatti l'etimologia della parola
pecunĭa(m) ("denaro") in lingua latina derivava da
pěcus, ossia "bestiame",
[4] perché anticamente gli animali, e soprattutto il bestiame allevato, rappresentavano la ricchezza posseduta e scambiabile dagli esseri umani per il tramite del baratto. Le pecore, i polli, e gli altri animali d'allevamento rappresentavano le banconote di un tempo quando ancora non vigeva l'uso delle monete. Alle orecchie dei romani questa frase non suonava soltanto come "il denaro non ha odore", ma anche come "le pecore non hanno odore", creando di conseguenza un curioso e per certi versi simpatico
gioco di parole se riferito al loro
odore caratteristico.