Ma la storia del colpo di rimbalzo su un sasso che ha seccato Giuliani è vera ?
Cioè son riusciti a dimostrarla scientificamente ???
L’altra sera ho visto un’intervista a Placanica, diciamo che dire che non ne è uscito bene è un eufemismo.
Ma la storia del colpo di rimbalzo su un sasso che ha seccato Giuliani è vera ?
Cioè son riusciti a dimostrarla scientificamente ???
L’altra sera ho visto un’intervista a Placanica, diciamo che dire che non ne è uscito bene è un eufemismo.
Mi rendo disponibile ad essere insultato ai sensi dell'art. 1 del 29/3/2016 legge Salgari
Di tutta la vergognosa merda successa in quei giorni, si parla solo di Giuliani, gg
Un ottimo articolo del Post:
https://www.ilpost.it/2021/07/19/g8-...nti-anni-dopo/
Il documento preparato dall’intelligence, oltre a dare indicazioni sull’arrivo del Black bloc, diffuse ansia e disorientamento. Nel documento venne scritto che i manifestanti avevano intenzione di far rotolare copertoni incendiati verso gli schieramenti delle forze dell’ordine, che era pronto da parte dei manifestanti violenti l’utilizzo di fucili ad acqua molto potenti, che si stavano costruendo catapulte per lanciare pietre e pesce marcio. Ma soprattutto i servizi segreti informavano che c’era la possibilità che venissero lanciati centinaia di palloncini contenenti sangue infetto e utilizzate fionde da caccia in grado, come scrive Mari, di lanciare biglie capaci di perforare le protezioni. Non accadde nulla di tutto questo ma il documento, che circolò tra le forze dell’ordine, agitò gli animi.
In via Tolemaide il corteo si trovò di fronte il contingente dei carabinieri alla disordinata ricerca del Blocco nero. Sembrò una scena da film, manifestanti e carabinieri sorpresi di trovarsi gli uni di fronte agli altri. Ma l’errore peggiore fu quello successivo. I carabinieri, scortati da numerosi blindati, iniziarono a lanciare decine di lacrimogeni verso il corteo. Poi i militari caricarono in massa facendo quello che in qualsiasi manuale dell’ordine pubblico viene assolutamente sconsigliato: attaccare un corteo senza lasciare una via d’uscita.
In una registrazione acquisita dai magistrati si sente chiaramente un funzionario che dalla centrale operativa urla: «Nooooo, che cazzo fanno? Hanno caricato le tute bianche. No, no». Il capitano che aveva guidato la carica spiegò poi di averlo fatto per creare una via di passaggio. Ma ammise anche di non conoscere la topografia della zona e di non sapere quindi che non stava lasciando vie di fuga ai manifestanti. I carabinieri si schiantarono sulle prime linee delle tute bianche che non potevano arretrare. Ma non potevano arretrare nemmeno i carabinieri perché i blindati faticavano a fare manovra.
Fu uno scontro che durò almeno due ore e che continuò nelle vie vicine, con i carabinieri che alla fine si allontanarono precipitosamente e i blindati che si ostacolavano tra loro, in alcuni casi venendo abbandonati dagli autisti. Alcuni blindati vennero bruciati. La controffensiva dei carabinieri fu violentissima: molte testimonianze raccontarono di agenti con la pistola in mano, i giornalisti riferirono di colpi esplosi verso l’alto, ma non solo. I manifestanti che a quel punto tentavano di fuggire vennero circondati e picchiati, mentre i carabinieri si diressero in maniera disordinata verso vie laterali. Vennero picchiati manifestanti pacifici, personale medico, fotografi e giornalisti, videomaker.Tre minuti prima di mezzanotte un blindato sfondò il cancello del comprensorio Diaz, nel quartiere Albaro, costituito da due scuole, la Pascoli e la Pertini. Una parte più esigua del contingente di polizia si diresse verso la scuola Pascoli dove c’era il Centro stampa del Genoa social forum. Gli agenti si accanirono sulle cose rompendo tutto ciò che capitava a tiro. Alla Pertini entrarono invece gli uomini dello Sco di Roma (Servizio centrale operativo), del Reparto Mobile sempre di Roma, della Digos di Genova, delle squadre mobili di La Spezia, di Roma, di Napoli e di Nuoro. A capo dell’operazione era Vincenzo Canterini, che comandava circa 350 uomini.Dentro dormivano ragazze e ragazzi, soprattutto stranieri. La violenza della polizia si scatenò senza ragione e senza freni. Il funzionario di polizia Michelangelo Fournier al processo usò l’espressione “macelleria messicana” (l’aveva usata Ferruccio Parri davanti ai cadaveri di Benito Mussolini e degli altri gerarchi che furono appesi in piazzale Loreto nel 1945). Disse anche che «fu una tonnara».
All’irruzione parteciparono uomini in borghese con la pettorina, che furono tra i più violenti: avevano la bandana sul volto, e nessuno seppe mai a che reparto appartenevano. A un certo punto se ne andarono. Canterini disse di non sapere chi era presente in quella che lui stesso definì la «macedonia della polizia». Alla fine dalla Diaz uscirono 82 feriti con teste, gambe e braccia rotte. Tre persone erano ferite gravemente, una era in coma. Il giornalista inglese Mark Covell ne uscì con otto costole rotte, un polmone bucato, un trauma cranico e cinque denti saltati. Il suo pestaggio venne definito dal pubblico ministero al processo “un martirio”.
I giovani furono fatti stare in piedi per ore con il volto rivolto contro il muro e le mani alzate, mentre gli agenti facevano suonare a ripetizione la canzone fascista “Faccetta nera” e intonavano il ritornello “un due tre, evviva Pinochet, quattro cinque sei, bruciamo gli ebrei”. I piercing vennero strappati, chi era ferito venne colpito sulle ferite. Un ragazzo venne fatto girare per la caserma a quattro zampe abbaiando. Le donne subirono minacce di stupro, non poterono utilizzare il bagno. Il medico capo dell’infermeria di Bolzaneto insultò i feriti dando loro delle “maledette zecche”, e si rifiutò di mandare in ospedale anche chi stava veramente male.
Un poliziotto in forza alla caserma di Bolzaneto raccontò a Repubblica: «Quella notte il cancello si apriva in continuazione, dai furgoni scendevano quei ragazzi e giù botte. Li hanno fatti stare in piedi contro i muri. Una volta all’interno gli sbattevano la testa contro il muro. A qualcuno hanno pisciato addosso, altri colpi se non cantavano “Faccetta nera”. Una ragazza vomitava sangue e le agenti dei Gom la stavano a guardare. Alle ragazze le minacciavano di stuprarle con i manganelli». L’allora ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, visitò la caserma di Bolzaneto il 21 luglio e disse di non essersi accorto di nulla, e che anzi era rimasto colpito dall’ordine e dall’organizzazione.
EH MA L'ESTINTORE DI GIULIANI
brava gente
Le cose erano 2:
- dimostravano in qualche modo che il colpo è partito accidentalmente, ha rimbalzato "n" volte ed ha colpito Giuliani;
- il colpo alla testa era volontario
La seconda ipotesi sarebbe stata una rogna per TUTTI, meglio affidarsi alla solita classica "Eeehhh signora mia, sfiga..."
vacca boia, placanica c'ha la faccia di uno a cui la vita é capitata per sbaglio
se solo avessero scoperto chi ha lanciato il sasso rimbalzino :(
Ritenta, sarai più fortunato.