LIBERAL DEMOCRATICI EUROPEI: CONTINUEREMO A LAVORARE PER QUESTO PROGETTO
Com’è noto non ho titoli per dar lezioni, sui fallimenti politici. Ma resto un caparbio liberale pro mercato e pro Occidente, in tutto e per tutto non rappresentato dal tossico allineamento populista delle attuali destra e sinistra italiane.
Anzi, convinto da molti anni che le attuali destra e sinistra continuino una lotta basata su irriducibile convinzione di essere l’una antropologicamente superiore all’altra, che è poi totalmente smentita da di politiche affossa-Italia diverse per bandiera politica ma analoghe per: statalismo; predilezione per deficit e debito pubblico; bonus a tempo preferiti elettoralmente a riforme strutturali; mancanza di visione su come radicalmente invertire il trend di bassa crescita, bassa partecipazione al mercato del lavoro, inadeguata qualità del capitale umano, ascensore sociale bloccato, welfare assistenzialistico, prepensionamenti che nel bilancio INPS rapinano i giovani di futuro; CIG a oltranza invece di politiche attive del lavoro efficaci; terrore di ogni misura che estenda concorrenza e produttività, a cominciare da gestione in house senza gare nei servizi pubblici, zero valutazioni e premi di merito nella PA, incapacità progettuale della PA che ci fa perdere risorse a ogni sessennio di fondi UE e lo stesso sta drammaticamente capitando per il PNRR; difesa a oltranza di ogni settore dell’economia italiana che viva di protratte rendite concessionarie; culto dello Stato che decide lui discrezionalmente come limitare i poteri d’impresa (vedi parossistica estensione dei poteri di golden power) e chi beneficare con centinaia di agevolazioni fiscali ad hoc; garantismo a parole sulla giustizia, tranne poi irrefrenabili pulsioni manettare nei fatti.
Così nasce il consenso generale al raddoppio della spesa assistenziale a carico della fiscalità generale raddoppiano però insieme i poveri nel nostro Paese, così nascono misure come i bonus edilizi in cui abbiamo impegnati punti e punti di PIL di deficit pubblico senza mirarli per reddito dei beneficiati, né concentrarli sul solo efficientamento energetico del vetusto patrimonio immobiliare italiano. Sugli immigrati, la svolta di ferocia securitaria in corso è della destra, ma in decenni neanche la sinistra è stata mai capace di una seria politica volta all’integrazione.
Per tutto questo, e senza alcuna intenzione di candidarmi a nulla come ripeto del resto ogni santo giorno da 10 anni viste le mie colpe, mesi fa mi sono reso disponibile insieme a Giuseppe Benedetto, Alessandro De Nicola e Sandro Gozi a essere uno dei fondatori dei Liberal Democratici Europei. Il fine è quello di muoversi in tempo perché alle prossime europee 2024 ci sia una casa unica – quella di Renew Europe – che possa offrirsi al voto di molti liberali e riformatori che da tempo e in misura crescente in Italia si astengono dal voto.
Avendo trascorso purtroppo un pezzo troppo lungo della mia vita alle prese dirette con scontri tra leader e correnti di partito nella prima Repubblica, non mi sono mai illuso sulla facilità di superare scelte e preferenze diverse di Italia Viva, Azione, +Europa. Alle elezioni politiche dello scorso settembre fu chiaro agli occhi di tutti che le strategie restavano molto diverse. Scelte dell’ultimora e candidati non ben valutati, con nessun particolare occhio per innesti dalla società civile, portarono a un risultato che frenò l’esito, comunque buono. Ma non tale da far passare i dubbi a molti, che preferirono astenersi. I tre partiti dovevano riflettere, sulla svolta che serviva.
Dando vita a LIbDem, non ci siamo illusi agli annunci che tutto era deciso, che sarebbe nato entro poco il partito dei liberaldemocratici riformatori. Per questo non abbiamo MAI partecipato a nessuna gara di opinioni e indiscrezioni sul meccanismo che veniva predisposto. Era evidente che sulle regole della nascita del partito nuovo il problema irrisolto era all’interno della federazione IV-Azione. E il problema è infine esploso con un botto tale di reciproche accuse tra i due leader da creare un danno vero e profondo, anche a chi si era messo alacremente a lavorare sui programmi e radicamento territoriale ma senza mai voler entrare nelle loro contese.
Ora il danno è fatto. E’ cresciuto ulteriormente il numero di chi non si fida di chi si riversa addosso parole che rendono del tutto inaudito che fino a poco prima mirassero a unirsi. Sarà tutto ancora più difficile. Ma noi fondatori di LibDem, tutti i coordinatori regionali e i rappresentanti delle diverse associazioni liberali che avevano aderito all’appello LibDem dello scorso gennaio a Milano e che abbiamo riunito venerdì scorso a Roma, non cambiamo idea né proposito.
Continueremo a lavorare per una casa dei liberaldemocratici riformatori alle prossime europee, e la nostra scelta è e resta quella di Renew Europe. Continueremo a considerarlo un primo passo verso una scelta analoga a elezioni politiche future, che restano considerevolmente lontane. E lavoriamo a un manifesto per l’Italia in Europa e nella NATO che non sarà fatto di alati princìpi generali, ma di proposte concrete totalmente diverse da quelle delle attuali destra e sinistra e che allineino la politica dell’Italia alle scelte dell’Europa e della Comunità occidentale: nella finanza pubblica, nella ricerca, nel sistema previdenziale e del welfare, nella costruzione di un maggior spazio fiscale europeo per finanziare nuovi fondi europei che facciano nascere una vera Europa dell’energia e della difesa. Contro il terrorismo stragista di Putin. Contro una svolta sovranista a destra delle politiche europee che oggi molti in Italia sognano. Contro l’invasivo dirigismo economico che l’attuale alleanza tra sinistra e popolari ha impresso nell’operato di una Commissione UE che ha prodotto atti come il Fit for 55 o il più recente Net Zero Industrial Act.
Non si tratta di dire banalmente “meno Stato”: ma di rendere credibili con numeri fondati le scelte di profonda riforma dell’Italia che oggi non hanno alcun diritto di cittadinanza nell’agenda pubblica italiana. Scelte di cui il “meno Stato” è una spinta essenziale, ma respinta da decenni dalla stragrande maggioranza degli italiani se non si è capaci di parlare una lingua adatta a rivolgersi ai milioni di italiani che se la passano davvero male e peggio. Perché il “più Stato” all’italiana è quello che ha appunto fatto raddoppiare la spesa assistenziale a carico della fiscalità generale, riuscendo a raddoppiare i poveri insieme. Che promette ancora una volta Ponti di Messina senza averne il progetto né una stima credibile dei costi e dei rischi. E che impedisce il riconoscimento dei figli a cittadini europei che risiedono qui, ma che sono cittadini di ordinamenti europei che garantiscono loro il pieno diritto ad avere dei figli.
Noi non abbiamo un leader, siamo un gruppo di persone a traino collegiale. Ai partiti personalistici non crediamo, sono un pezzo della crisi italiana. E’ certo difficile quel che ci proponiamo. Ma per chiunque volesse provare e fosse intenzionato a dare una mano, con la piena garanzia di ascolto e rispetto e senza doversi aspettare diktat emanati dall’alto, noi ci siamo e vi aspettiamo a braccia aperte. Siamo più disillusi di voi, non temete. Ma errori e delusioni del passato ci hanno anche insegnato che non bisogna mollare. Perché tutti quelli che in politica e media vi ripetono che l’Italia è questa destra e questa sinistra, e che chiunque abbia idee irriducibilmente diverse s’illude a volere altro, beh tutti questi o sono ciechi, o sono in malafede.