Jessika Ponchet è parte di me e di te, che stai leggendo.
Era avanti 6-0 5-0 40-30 ma niente, ha perso. Ha perso mentre aveva quasi vinto. Pensiamoci bene: questo, in qualche modo, è accaduto a tutti noi, almeno una volta nella vita. A scuola, prima dell’interrogazione, ci sentivamo in gran forma, ma qualcosa è andato storto e alla fine è arrivata un’insufficienza. Qualcuno stava per innamorarsi di noi ma poi non l’ha fatto. Volevamo arrivare in un luogo e per una serie di ragioni ci siamo fermati lì vicino, senza raggiungerlo. C’era quel numero alla roulette, che ci ronzava in testa, e stavamo per puntarci, ma abbiamo esitato; e a quel punto il numero è uscito. Il colloquio di lavoro sembrava perfetto, ma qualcuno ci ha battuto lo stesso. Alla premiazione avevamo la sensazione che stessero annunciare il nostro nome, ma non è accaduto. Il bel voto, quel luogo o quell’amore l’abbiamo solo sfiorato, e magari l’abbiamo quasi meritato. Non è bastato. Perché “andarci vicino” è una buona notizia solo nel gioco delle bocce. Non altrove.
È il primo turno a Sunderland, 25mila dollari Itf. L’avversaria è Tara Moore, inglese, 479 del mondo. Jessika, 204 della classifica, è testa di serie numero 3. È trascorsa un’ora. Se una partita di tennis fosse una casa, la Ponchet avrebbe già costruito le fondamenta, il tetto, le pareti, gli impianti, gli arredi, il giardino e pure il garage laggiù, in fondo al vialetto: manca solo primo dettaglio, la serratura da montare sulla porta d’ingresso. Sei zero, cinque zero, 30-40 sul servizio della Moore. È quasi finita. Ma la parola “quasi”, a tennis, è una parola del demonio.
Rimonta. Due matchpoint annullati, uno dei quali con un nastro. Tie-break, poi il terzo set. Ecco, ora è finita davvero. E Jessika ha perso.
Ci sono centinaia, migliaia di film e romanzi che raccontano rimonte inaudite; imprese tenaci, rovesciamenti del destino oppure semplicemente colpi di culo. Quindi potremmo riflettere anche sul cuore di Tara, che stava perdendo e invece ha trionfato. Perché no? Sarebbe giusto anche quello. Però io a Sunderland il bicchiere l’ho visto mezzo vuoto; e lo teneva in mano Jessika.
Comunque la Ponchet mica ha lasciato il tennis. È da qualche parte del mondo, ora, a giocare e allenarsi. Lo sport è crudele ma ha un pregio: offre sempre una nuova possibilità.
Umberto Eco scrisse: “I perdenti, come gli autodidatti, hanno sempre conoscenze più vaste dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere una cosa sola e non perdere tempo a saperle tutte, il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti”. I perdenti a volte sono più interessanti: come Cyrano de Bergerac, come Dorando Pietri. Ecco perché per me questa è la storia di Jessika e di nessun’altra. Da oggi io sarò un suo grande tifoso.