Basterebbe portare il rapporto dirigenti/impiegati del pubblico uguale a quello che c'è nel privato e risparmi un botto.
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Intanto una delle priorità sarebbe recuperare qualcosa dai soldi persi nella corruzione, che fa evaporare miliardi ma che nelle tasche di qualcuno da vapore si trasformano direttamente allo stato solido :smugranking:
http://www.infodata.ilsole24ore.com/.../?refresh_ce=1
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015...e-100/1554155/
Di pari passo, in Italia sono in pochi ad andare in galera per corruzione e reati finanziari.
http://www.corriere.it/cronache/14_g...c6838f80.shtml
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016...rcere/2667976/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016...ziari/2527597/
bell'articolo
Citazione:
La personalizzazione controproducente, certo; e poi l’eccessiva invadenza mediatica; poi ancora il fatto di avere contro 4/5 dei partiti del Paese e perfino buona parte del suo: tutto vero, sicché sembra essercene abbastanza per spiegare la sconfitta di Matteo Renzi al referendum di domenica.
Invece non basta, credo. In quel risultato c’è qualcos’altro. Le sue proporzioni rovinose manifestano qualcosa di più: un rifiuto profondo che via via ha preso corpo nei confronti della personalità stessa dell’ormai ex presidente del Consiglio, il rigetto della sua proposta in un certo senso «a prescindere», la crescita di un’insofferenza radicale per la sua immagine e il suo discorso
Lo dirò molto alla buona: il risultato del referendum più che mostrare la devozione degli italiani al testo della Costituzione indica che alla maggioranza di essi Matteo Renzi era ormai diventato insopportabilmente antipatico. «Poco convincente», se si preferisce un termine politologicamente più nobile.
Eppure Matteo Renzi non è mai stato il giovane Achille Starace, anche se in tutte queste settimane i suoi avversari di sinistra e di destra — uniti in un lodevole afflato di impegno antifascista — si sono sforzati di dipingerlo in qualcosa di simile a un pericolo per la democrazia e di descrivere la sua riforma come la potenziale anticamera di una dittatura. Invece, particolarmente oggi, nel giorno della sua sconfitta, sarebbe più che ingeneroso spregevole dimenticare le non poche buone leggi che il suo governo ha promosso, l’impulso dinamico che ha cercato d’imprimere in certi settori dell’amministrazione pubblica, la sua continua insistenza sulla necessità di svecchiare, sveltire, semplificare. Ma perché allora il risultato così negativo di domenica, perché l’ondata di antipatia e di avversione che ha travolto Renzi? Per effetto dei suoi errori, naturalmente, che hanno oscurato tutto il resto. Ecco un elenco disordinato di quelli che specie sul piano della comunicazione e dell’immagine, ma non solo, mi sembrano essere stati i più gravi.
1) Il profluvio dell’ottimismo, degli annunci sull’uscita dal tunnel, del «ce la stiamo facendo», «ecco ormai ce l’abbiamo fatta». Ai tanti italiani che viceversa se la passano tuttora male, talvolta malissimo e senza speranza, sentirsi dire che invece e contrariamente alla loro esperienza quotidiana le cose si stavano mettendo bene, deve essere suonata come una beffa e deve aver provocato un effetto di esclusione e di immeritata colpevolizzazione. Specie al Sud — verso il cui declino storico la comprensione politico-intellettuale e la personale empatia di Renzi non sono riusciti a mostrarsi se non eguali pressoché allo zero — l’effetto è stato catastrofico.
2) A una conferenza stampa o a una riunione di responsabili acquisti di una catena di supermercati si può comunicare all’uditorio attraverso le slide: a una massa di cittadini elettori no. Di un discorso complesso la gente comune può capire spesso la metà, ma capisce che se le si rivolge in quel modo significa che la si tiene in considerazione, che la si ritiene importante. Renzi non ha mai parlato al Paese in modo «alto» ed «eloquente»: starei per dire in modo «serio». La sola cifra di serietà del suo discorso è stata solitamente quella del sarcasmo: non proprio l’ideale, come si capisce, per suscitare simpatia. Per il resto la sua irresistibile propensione al tono leggero e alla battuta ne hanno inevitabilmente diminuito la statura politica.
3) La mancanza di posizioni critiche vere, argomentate e conseguenti di qualunque tipo verso le élite del potere che non fossero le élite politico-parlamentari o mediatiche italiane. In un’epoca invece nella quale — almeno a mio giudizio con più di un fondamento — è largamente diffuso un sentimento opposto, questo orientamento di Renzi non gli ha procurato alcuna simpatia. Che a mia memoria al capo del nostro governo non sia mai uscita di bocca un’espressione di censura verso i dirigenti dell’inefficiente e per più versi marcio mondo bancario o verso la Consob, responsabili della rovina di decine di migliaia di cittadini italiani, è apparso quanto mai significativo. Egualmente significativo, per esempio, che per tanto tempo egli non sia mai andato al di là delle battute circa il modo spudorato con cui l’Unione Europea si stava comportando con l’Italia a proposito della questione dei migranti. Cose come queste hanno allontanato Renzi dal modo d’essere e di sentire prevalente nel Paese. La sintonia con il quale non credo che sia stata di molto accresciuta dalla sua frequentazione intensa, a tratti si sarebbe detta compulsiva, con gli ambienti dell’industria e della finanza.
4) La politica dei bonus: dagli 80 euro ai lavoratori dipendenti, ai 500 euro a insegnanti e neo-diciottenni. Personalmente, così come dubito che i primi siano stati cruciali per il successo di Renzi alle Europee del 2014, invece sono sicuro che tanto i primi che i secondi non siano serviti ad aggiungergli il minimo consenso domenica scorsa. Il fatto è che l’attribuzione di tali somme (con quel termine «bonus», degno della pubblicità di un casinò volta ad attrarre clienti alle slot machine) è stata sentita probabilmente non già come il riconoscimento di un compenso atteso e meritato quanto, più che altro, come l’elargizione di una mancia umiliante, concessa per acquistarsi il buon volere e la gratitudine del «beneficato». È facile immaginare la popolarità derivatane al «benefattore».
5) Il tratto marcato di «consorteria toscana» che Matteo Renzi non ha esitato a dare all’intera, vasta cerchia dei suoi collaboratori. È ovvio come ciò lo abbia fatto percepire dal resto del Paese come murato in una posizione «chiusa», non disposta ad accogliere e a colloquiare con apporti diversi. Si aggiunga il carattere non proprio di rango di un gran numero di tali collaboratori, così come dei tanti nominati in una miriade di posti: troppo spesso scelti con ogni evidenza più che per i loro meriti per la loro sicura fedeltà (vedi il caso, esemplare tra i tanti, per il risultato grigissimo verificabile quotidianamente da tutti 24 ore su 24, dei vertici Rai).
non solo, a quanto pare.
L'abbassamento delle tasse non è entrato del tutto nel ciclo dei consumi, per questioni contingenti, ma il principio non è sbagliato.
Prendi per esempio il Quantitive Easing: esso va a premiare chi ha investito in titoli più o meno speculativi. Perché premiare le rendite da capitali rispetto al lavoro? Anzi le classi lavoratrici sono quelle che sostengono l'economia con i consumi.
Che l'abbassamento delle tasse abbia favorito l'occupazione è però tutto da vedere. Se c'è stato è stato impercettibile.
Il lavoro rispetto al 2014 è senz'altro aumentato , ma è diminuita la qualità.
Persone come me che fanno lo stesso lavoro da un bel po' , continuano a farlo ,ma in condizioni di reddito e di sicurezza peggiori. E se non c'è sicurezza e speranza nel futuro non si investe e non si spende. E può venire giù anche Gesù a raccontarmi che domani si starà meglio, ma finché non vedo non ci credo.
Quando i politici inizieranno a capire sta cosa saranno già a metà strada.
Cazzo, non siamo solo io e maspolone che risparmiano per fare in modo che i nostri figli possano ricevere una educazione adeguata per poter espatriare. Ne è piena l'Italia. E quando la speranza massima è far diventare i propri figli degli emigranti , una nazione è finita
Edit: non è maspolone ma il frappo, sorry
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ma giura? :asd:
non per te in particolare eh
Ma tranquillo, hai sentito Bersani ieri sera no? :facepalm:
Che qualcuno lo avverta che non siamo nel 2006, nel 2006 abbiamo gia' votato.
La sua soluzione e' palese, basta allargare a sinistra, basta stare insieme che senno' si apre la strada alla destra. ( :facepalm: )
Perche' il problema e' non far vincere al destra. ( parole sue ), mica governare.
Per ora siamo cresciuti del 1%, poco e magari meno del meno delle aspettative.
Vediamo il prossimo.
Come?
Ci si aspetta i M5S? Bene, ( oddio male, ma male male ) e vediamo che fanno.
La Lega al posto dei 5S? bene anche loro.
Vediamo che fanno, con lo stesso paese di sempre.
L'ho chiesto pagine fa, quale fossero le loro soluzioni.
Mi pare che non mi abbia risposto nessuno.
:boh2:
io non ho speranze per la nostra politica. è tutta cosi' strumentale e faziosa che davvero non vedo come le cose possano migliorare, se non di riflesso per congiunture internazionali favorevoli. praticamente siamo il sud america dell'occidente evoluto. quando draghi smettera' di comprare titoli (o smettera' il suo successore) saranno cazzi.
posto solo per dire che l'ultima pagina mette un'allegria :bua:
Ad ogni modo, sul discorso iniziato da alberace.
Personalmente ho notato che negli ultimi anni si è scatenata una polemica idiota avverso qualsiasi provvedimento. Si prescindeva dal merito delle decisioni ed i risultati si contestavano facendo ricorso a teorie assurde, che non sto qui ad illustrare.
Uno dei punti, però, sul quale la stampa "polemica" ci ha preso è la lettura del dato occupazionale. Il governo non è intervenuto con i soli sgravi fiscali, ma ha modificato anche la disciplina normativa del diritto del lavoro subordinato (il jobs act e non solo).
Da un lato, la maggioranza parlamentare ha individuato nei dati positivi occupazionali, il riscontro del successo della riforma del lavoro. Tra le voci delle opposizioni, invece, vi è stato chi ha ricondotto quei valori al solo sgravio fiscale e non anche alle modifiche legislative.
A mio avviso, prima di assumere una posizione in merito, occorre valutare i dati futuri.
Se il quadro normativo resta immutato, al venir meno degli incentivi si potrà procedere ad un apprezzamento degli effetti, sul lungo periodo, della riforma del lavoro. Quindi, alcuni attacchi ai proclami di vittoria del fiorentino, avevano senso.
a me dispiace battere sempre sullo stesso punto, ma sono convinto che uno dei più grandi problemi di Grecia e Italia sia proprio lo squilibrio fiscale esistente tra i paesi facenti parte dell'Unione europea. E' semplicemente un impoverimento sistematico e programmato.
Considero le analisi come quella aria fritta in buona parte, perché ci sono tanti leader politici che generano altrettanta antipatia. Mi sono bastati un po' di commenti sotto articoli simili per vedere come il tifo politico in quei casi divenga evidente: si attribuisce a Renzi tutti i difetti, quando anche i propri politici ne hanno altrettanti, in alcuni aspetti persino peggiori (non mi si venga a dire, per esempio, che Grillo è uno rispettoso dell'avversario politico).
Il punto 2 è ugualmente ingenuo, visto che per chi lo ha scritto il problema di Renzi era la mancanza di una capacità di parlare in modo "alto" e serio - capacità che invece troviamo presso tutte le alternative, sicuramente :wat2: Ricordiamo che Bersani fu criticato per una campagna elettorale troppo seria e incentrata sui problemi qualche anno fa...
L'ottimismo merita un discorso a parte e un po' personale. Da quando sono in Ticino mi rendo conto come in Italia prevalga, e venga alimentata anche a scopo di consenso elettorale da alcuni, un'atmosfera tossica fatta di quanto più pessimismo possibile. Non porta solo a sfiducia verso la politica e il mondo del lavoro, ma anche alla capacità di godersi quanto buono ha comunque la vita da offrire e, infine, distrugge persino la voglia e la capacità personale di muoversi per migliorare la propria condizione. L'ottimismo renziano era eccessivo e mal gestito? Probabilmente sì: piuttosto che proclamare grandi risultati si sarebbe dovuto piuttosto muovere sull'incoraggiamento a migliorare partendo da se stessi, a piccoli passi. Ma mi permetto di trovarlo comunque migliore della formula "fa tutto schifo, va tutto male - tranne se ti affidi a me". Di più, mi fa pensare ancora peggio di molti italiani: che preferiscano il torpore del pessimismo per poter dare sempre la colpa a qualcun altro dei loro mali, e si siano quindi infastiditi perché qualcuno ha osato parlare diversamente.
Su altri punti invece ci sta, anche se basandomi sul quarto dovrei concludere che anche le promesse grilline sul reddito (che poi chiamano con un altro nome una cosa del tutto diversa, ma qui divagheremmo) potrebbero rivelarsi persino un boomerang, e fatico a crederci. E mi sembra di ricordare che le persone che, pur facendo le schifate, abbiano dichiarato di rifiutare quei bonus si contino su una mano sola :asd3:
La mia conclusione è che l'unica, vera differenza fosse che Renzi era "quello al potere". Adesso ci sarà confusione alla ricerca di un altro bersaglio su cui proiettare le proprie frustrazioni e difetti.
io capovolgerei le cose. Alcuni movimenti hanno trovato terreno fertile nel pessimismo dilagante. Non m'interessa la tua vita privata, ma già scrivi di vivere in Ticino e suppongo che ci lavori anche. La realtà lavorativa italiana, specie al meridione, è assurda.
E non dalla crisi del 2008, ma dall'inizio degli anni 2000. Un governo non deve essere certo pessimista, ma un problema non lo risolvi certo negandolo. Va' affrontato, esaminato e risolto. E se la gente è incazzata, la colpa non credo sia di grillo o salvini che "semina l'odio"
Il governo del fiorentino ha amministrato il paese per quasi 3 anni. Ma quanto cazzo ci vuole a riformarlo?