Il referendum non sarà “inutile”
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi – che ha definito il referendum “inutile” – è però di altro avviso: egli sostiene che l’attuale quadro normativo sia perfettamente coerente, in quanto, nonostante le attività di estrazione già autorizzate e ricadenti entro le 12 miglia marine potranno continuare ad essere esercitate, non sarà più possibile installare nuove piattaforme e perforare nuovi pozzi. In altre parole, non sarà più possibile “trivellare”.
Questa affermazione è, però, i
nesatta: attualmente, la legge non consente che entro le 12 miglia marine siano rilasciate nuove concessioni, ma non impedisce, invece, che a partire dalle concessioni già rilasciate siano installate nuove piattaforme e perforati nuovi pozzi. La costruzione di nuove piattaforme e la perforazione di nuovi pozzi è, infatti, sempre possibile se il programma di sviluppo del giacimento (o la variazione successiva di tale programma) lo abbia previsto.
Questa conclusione è avvalorata anche da un parere del Consiglio di Stato del 2011, reso al Governo Berlusconi, che chiedeva lumi sulla portata del divieto di ricerca ed estrazione di petrolio entro le 5 miglia marine introdotto l’anno prima nel Codice dell’ambiente.
La risposta del Consiglio di Stato è stata che il divieto non riguarda i permessi e le concessioni già rilasciati e non ricomprende le seguenti attività:
– l’esecuzione del programma di sviluppo del campo di coltivazione come allegato alla domanda di concessione originaria;
– l’esecuzione del programma dei lavori di ricerca come allegato alla domanda di concessione originaria;
– la costruzione degli impianti e delle opere necessarie, degli interventi di modifica, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili all’esercizio;
– i programmi di lavoro già approvati con la concessione originaria;
– la realizzazione di attività di straordinaria manutenzione degli impianti e dei pozzi che non comportino modifiche impiantistiche.
Potenziali nuove trivellazioni se vince il “no”
Ora, è sufficiente andare a verificare quali siano le concessioni tutt’ora vigenti (e ricadenti entro le 12 miglia marine) e leggere l’originario programma di sviluppo del giacimento per capire che nuove trivellazioni ci saranno eccome. Basti pensare alla concessione C.C 6.EO nel Canale di Sicilia, che interessa le 12 miglia marine per circa 184 kmq: rilasciata nel 1984, essa ha ottenuto una proroga il 13 novembre scorso, con scadenza al 28 dicembre 2022.
Ebbene, in base a tale proroga, la società Edison potrà costruire una nuova piattaforma – denominata Vega B – e perforare 12 nuovi pozzi.
Se vincerà il “no”(o se il referendum non raggiungerà il quorum) la piattaforma potrà essere realizzata, i pozzi perforati e l’estrazione potrà darsi senza limiti di tempo, fino a quando la società petrolifera lo vorrà.
Se, al contrario, vincerà il “sì”, potrebbero profilarsi due differenti epiloghi:
– o si riterrà – come sarei propenso a ritenere – che la piattaforma Vega B non potrà essere realizzata, i pozzi non potranno essere perforati e l’estrazione non potrà essere avviata (e questo in quanto il quesito originariamente proposto dalle regioni aveva ad oggetto anche l’abrogazione della norma sui “procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi” e sulla “esecuzione” delle attività relative);
– oppure dovrà ritenersi che la Edison potrà comunque completare la sua attività, ma fino alla scadenza della proroga, e cioè fino al 2022; il che, per ragioni di mero calcolo economico, potrebbe anche comportare una rinuncia preventiva da parte della società petrolifera alla realizzazione degli impianti e all’estrazione del greggio. Ma quale che sia l’epilogo, una cosa sembra certa: che il referendum del 17 aprile proprio inutile non sarà.