A grande richiesta , apro il topic sulla campagna presidenziale americana di quest'anno.

Per chi non avesse idea di quello di cui si sta parlando:

C'è un paese in Nord America che si chiama Stati Uniti, ed ogni 4 anni elegge un presidente che ha poteri esecutivi sfortunatamente sempre più ampi e sempre meno limitati. Essendo l'america una superpotenza nucUlare (ed in teoria anche economica) estremamente impicciona negli affari di chiunque, alleati e non, la cosa di solito ha un certo impatto sulla vita anche negli altri paesi.
Negli USA i due partiti principali del XX secolo e di questo inizio di XXI sono i Repubblicani (G.O.P., Grand Old Party) ed i Democratici (Dems), con svariati partitelli minori che raramente arrivano all'1% del voto popolare (Libertari, Verdi, Costituzionalisti, etc...). Voto popolare che comunque conta quasi nulla, visto che negli USA le presidenziali vengono decise con il meccanismo dei "grandi elettori": ognuno dei 50 stati ha un suo peso elettorale, ed il vincitore in quello stato guadagna tutti i grandi elettori in palio in quello stato. Questo meccanismo nasce dalla natura federale degli stati uniti, si porta dietro un sacco di problemi e di beghe, ma così stanno le cose e non verranno certo cambiate in tempo per queste elezioni

Entrambi i partiti principali decidono il proprio candidato Presidente tramite un processo di elezione interna chiamato "elezione primaria", che procede raccogliendo delegati stato per stato prima di arrivare alla convention finale dove il candidato viene designato ufficialmente. In teoria i partecipanti alle primarie di un partito firmano un patto di fedeltà al partito impegnandosi a supportare il vincitore, nella pratica conta come carta da cesso.

Al di là di questo, nella storia USA non sono mancate candidature di terze parti, di cui alcune ampiamente in grado di cambiare i destini del paese e delle elezioni, come quella di Teddy Roosevelt a inizio secolo o quella più recente di Ross Perot che consegnò gli USA a Bill Clinton.


Fatta questa introduzione, andiamo a vedere chi sono i contendenti.

Democratici

I democratici, attualmente, sono il partito di centrosinistra-progressista americano. Un tempo basavano più la loro forza elettorale sul cosiddetto "blue collar vote", ossia il voto delle classi popolari, ma da anni si sono spostati incentrandosi su un mix di "politiche identitarie" (o meglio, settarie), progressivismo, supporto degli ambienti intellettuali ed accademici e voto dei grandi interessi bancari / finanziari.

Al momento la loro sfida è sostanzialmente un duello fra:

1) Hillary Rodham Clinton, New York, 68 anni

Ex senatrice democratica per lo stato di new York, ed ex segretario di stato durante la prima amministrazione Obama, il curriculum politico di Hillary Clinton è principalmente dato dall'essere stata la first lady del ben più popolare Bill.
Da più di 10 anni è la monarca designata dei Democratici, ma si è già vista soffiare la presidenza sotto il naso da un egregio sconosciuto come Obama durante la campagna del 2008.
La sua campagna elettorale si centra sostanzialmente sull'andare in TV e parlare il meno possibile, e lasciare che i fondi enormi della fondazione Clinton parlino al posto suo. Il cuore di quello che offre è l'occasione di avere il primo presidente donna.
Al momento guida ancora i sondaggi democratici, ma al di là della sua limitatissima gradibilità personale, la sua campagna sta facendo i conti con gli infiniti scheletri nell'armadio della sua lunga carriera, dove non ci si fa mancare davvero niente.
Resta la favorita, ma il suo vantaggio si sta assottigliando considerevolmente a favore di ....


2) Bernie Sanders, Vermont, 74 anni

Il primo autoproclamato Socialista con una possibilità concreta di arrivare alla nomination del partito Democratico, Bernie Sanders è dal 2006 uno dei due senatori del piccolo stato del Vermont.
Un classico socialista progressista all'europea, il suo programma si centra sull'introduzione di un sistema sanitario universale stile inglese negli USA, sulla lotta alle multinazionali, sul raddoppio dello stipendio minimo, sull'aumento delle tasse, sulla cancellazione dei debiti studenteschi, sulla redistribuzione del reddito e delle ricchezze. E' insomma determinato a testare a fondo la veridicità del detto "There's no such thing as a free lunch".

Nonostante sia completamente senza spina dorsale, come ha dimostrato sia in vari eventi pubblici sia nei dibattiti democratici in cui ha passato più tempo a difendere la Clinton che attaccarla, è alla fine l'unica alternativa per gli elettori democratici, ed è sorprendentemente a 8 punti di distacco da miss "it's my tuuuurn".


3) Martin O Malley, Maryland, 52 anni

Governatore del maryland, è al momento al 2% nei sondaggi ed è totalmente irrilevante.


Menzioni speciali:

I grandi assenti sono il gaffeur supremo, Joe Biden, vicepresidente in carica, e la piccola indiana d'america (per ben 1/64!!), l'ex professoressa e attuale senatrice Elizabeth Warren. Entrambi se la sono fatta addosso all'idea di sfidare una clinton che sembrava assolutamente imbattibile, e nessuno dei due ha partecipato alla campagna elettorale. Tutti e due si stanno sicuramente mangiando le mani tantissimo, specie la Warren.

Menzione d'onore anche per il povero Jim Webb, ex senatore della Virginia, ex segretario della marina, ex Marine in vietnam, che si è ritirato dalla campagna elettorale democratica. Dopo un passato politico abbastanza limpido, l'arzillo 69enne ha avuto un brusco risveglio a contatto con la realtà quando si è accorto che il partito democratico di cui pensava di far parte (quello moderato, popolare dei blue-collar votes di cui si parlava prima) non esiste più da almeno 10 anni, sostituito da ben altra roba. Dopo una serie di momenti combattivi, se ne è andato dal partito democratico sbattendo la porta, e minacciando una campagna da indipendente che non credo decollerà mai. I felt for him, ma ha avuto una buona dose di realtà.


Stato della corsa

La Clinton ha ancora in media 9 punti di vantaggio a livello nazionale su Sanders, anche se a fine anno ne aveva circa 22 - meglio di lei solo Bersani.
Il vero rischio per lei, oltre alla spada di damocle di tutti gli scandali continui che continua a lasciarsi dietro, è nei primi due stati dove si vota, New Hampshire ed Iowa. Sanders lì è in un testa a testa.
Certo, la Clinton in teoria potrebbe perderli tranquillamente, rifarsi in sud Carolina, e tritare Sanders basandosi sui numeri più forti del suo consenso negli altri stati. Era lo stesso piano che aveva nel 2008 con Obama, magari stavolta funziona.

Penso comunque che la Clinton la spunterà, i Democratici hanno investito "troppo" su di lei, ed ha dietro un filino di risorse in più.



(fine prima parte, prossimo giro, i repubblicani)