Cocoon, per capire bene la figura di merda totale. Eh sì, io sapevo bene chi era Calabresi e la sua storia, quindi non girarmi la frittata "figurati se sapevi chi era"
questa è la loro squallida risposta, effettivamente ho il dubbio che non hanno ancora capito del perchè anche solo sbagliare il nome confondendolo con il padre sia una merdata fotonicaIl Movimento 5 Stelle continua a ripetere che è stato solo un "errore formale".
Quando Mario Calabresi faceva notare a Di Maio l'assurdità, Di Maio si è lasciato sfuggire il suo solito sorrisetto beffardo con cui giudica tutta l'umanità. Vedendo il video e conoscendo la cultura media di Di Maio, viene il serio dubbio che non sapesse nulla di Luigi Calabresi e su quanto sia stato osceno il loro "errore formale". Mi dispiace che nessun giornalista abbia voluto chiedere a Di Maio se sapesse la storia di Luigi Calabresi. Dal tono delle risposte, in cui continuano a omettere che stiamo parlando di un servitore dello Stato ucciso dai terroristi negli anni di piombo, sembra che continuino a far finta di nulla. Gli errori capitano, l'ostinazione a far finta che siano più gravi del dovuto è la vera colpa.
Se fossi stato uno dei giornalisti presenti ieri sera da Floris avrei interrotto Di Maio e glielo avrei chiesto, a brucipelo: "Scusi signor vicepresidente del consiglio, lei sa chi è Luigi Calabresi?"
Poi avrei ascoltato la risposta.
Che poi la storia dell'omicidio Calabresi è tragicamente attuale. Calabresi diventò il capro espiatorio di una violentissima campagna di stampa che vedeva in lui l'assassino dell'anarchico Pinelli, a sua volta imputato e poi scagionato nella strage di Piazza Fontana. Una campagna mediatica che si alimentò grazie a fake news e alla diffusa sfiducia che regnava in quegli anni nei confronti delle istituzioni politiche. Fu diffuso persino un manifesto contro Calabresi, un manifesto violentissimo, che portava in calce le firme di alcuni fra i più prestigiosi intellettuali dell'epoca. Poi qualcuno decise di farsi giustizia da solo: prese una pistola e uccise il commissario.
Invece di continuare a ripetere come robot "è stato un errore formale", i grillini farebbero meglio a scusarsi per la superficialità con cui maneggiano la storia recente d'Italia. Ma figuriamoci se i grillini si scusano, loro si sentono perfetti e intoccabili, sono sempre gli altri che sbagliano...
1) Il Sig. Calabresi fa confusione tra la querela, che è un atto penale e la citazione che è invece un atto civile. La causa fatta contro il Sig. Calabresi è civile e quindi dire che si tratta di una querela è falso. (doc. 1 – atto chiamata in causa);
2) La causa è stata fatta e notificata al Sig. Mario Calabresi e non al Sig. Luigi Calabresi. Nessuno ha mai citato né querelato alcun defunto e quindi anche in questo caso le dichiarazioni del Sig. Calabresi sono False. (doc. 2 – relata di notifica; doc. 3 – conclusioni atto di citazione);
3) Il Sig. Mario Calabresi, nella causa che va avanti sia contro di lui che contro Repubblica (Gedi Gruppo Editoriale S.p.A. della famiglia De Benedetti) non ha mai contestato davanti al Giudice quanto invece ha riferito ieri in tv, né tra l’altro potrebbe farlo;
4) In una causa dove sono state presentati oltre 1000 pagine tra documenti, memorie e scritti e dove il Sig. Mario Calabresi è stato citato per più di 20 volte, vi è stato un errore formale di battitura a pagina 15 di uno degli atti (doc. 4 – errore formale) del tutto insignificante e soprattutto che non ha alcuna rilevanza giuridica.
Comprendiamo il nervosismo del Sig. Calabresi visto che è stato recentemente condannato, sempre in sede civile, dal Tribunale di Cremona insieme al giornalista Jacopo Iacoboni per l’articolo diffamatorio che è stato fatto contro Silvia Virgulti, componente dello staff comunicazione del Gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle (Doc. 5 – sentenza del Tribunale di Cremona).
L’unico approssimativo, privo ormai di qualsiasi credibilità, onestà intellettuale e lontano dai principi deontologici, dunque, è solo il Sig. Mario Calabresi che pur di infangare Luigi Di Maio è disposto a strumentalizzare, persino, il nome del padre defunto.