Non mi masturbo dal momento in cui è nata. Sono passati 10 mesi e ancora la mia libido è pari a zero. Volevo questa figlia, con tutte le mie forze, e ora non so cosa darei per mollarla a qualcuno e andare via. Ero un’ingenua, lo capisco, perché non pensavo alle conseguenze. Seguivo l’idea romantica che si ha della maternità. Nessuno di quelli che esaltano quel ruolo ti dice come realmente stanno le cose.
Rinunce, sacrifici, limiti a ogni tua abitudine. Non puoi uscire, leggere, andare al cesso, lavarti i capelli, dormire, mangiare, scopare, senza considerare che ogni cosa che fai te la guadagni nei momenti liberi, immaginando che la tua vita sia piena di minuscole fessure, tu devi individuarle e poi farle coincidere con i tuoi bisogni. Poi capita che la lettura viene prevaricata da sonno e stanchezza. Il sesso viene uno schifo perché sembra soltanto uno sfogo fisiologico, come una cagata frettolosa che ti lascia il culo sporco e puzzolente. I tuoi capelli continueranno ad essere trascurati e alla fine prendi un paio di forbici e li tagli perché altrimenti non riusciresti più neppure a pettinarli.
Mai fare un figlio se non c’è qualcuno che ti dà una mano. Invece io sono arrivata in questa città, bella, piena di opportunità, e tutto quel che ho trovato è un uomo che ha voluto accasarsi presto, un po’ più grande di me, con un bel mutuo sulle spalle, una casa, un buon lavoro, e quel che gli mancava era un bel figlio, me lo disse al nostro terzo incontro. Avrei dovuto pensare al fatto che in realtà gli serviva un utero disponibile. Geni che gli avrebbero fornito una buona discendenza. E come se non fosse successo niente, nonostante sappia che qui mi sento completamente sola, senza uno straccio d’amica, una parente, qualcuno che mi voglia davvero bene, lui già parla di un fratellino.
È meglio farli e crescerli insieme, credimi, mi dice lui, e io ho una gran voglia di urlargli in faccia che si trovasse un’altra idiota per raddrizzare il suo presepe monco. Vorrei dirgli che mentre lui è al lavoro io ogni tanto piango, inspiegabilmente, e quando torna lui non s’accorge neppure del mio stato d’animo. È bravo, certo, mi aiuta a fare la cena, apparecchia, fa le sue cose, tiene la bambina e se la gode per un po’ di tempo, poi ogni tanto esce e ogni tanto chiede a me se voglio uscire. Ma dove vado? Con questo umore poi. Ho accolto il suo invito una sera e lui mi ha dato il numero di una sua amica con la quale avrei potuto approfondire la conoscenza. Gentile, certo, per carità, ma io e lei siamo completamente diverse. Allora gli ho detto di no e sono andata al cinema, da sola.
Quello che sento è che lui ama fare il padre ma gli serve la balia diurna e non so più neppure se mi abbia mai amata. Oggi mi ha chiamato per chiedermi come sta la piccola e poi, di sbieco, mi ha detto che è un po’ preoccupato per me. Dice che sa che dopo il parto si può essere depresse, ma io non credo di essere tale e non andrò da uno psichiatra per normalizzare i miei pensieri. È che non era quello che volevo. Sono pentita, mi sento in trappola e guardo quella creatura un po’ con odio o con amore, ché non è sempre tutto bianco o nero, e non vedo alcuna via d’uscita. So che qualunque scelta che farò sarà come strapparmi un pezzo di pelle per lasciarla lì. Come accede, credo, a ogni metamorfosi, con le possibili mutazioni che vengono fuori dopo che hai perso la vecchia pelle e l’hai sostituita con la nuova.
Vorrei davvero che ci fosse la possibilità di lasciare questa vita come si lascia un vecchio abito smesso. Andare avanti e non pensarci più. Cosa direbbero i miei se io lasciassi la bambina al mio compagno? Padre, madre e sono quelli che auspicavano per me una gravidanza e che io fossi “sistemata” (per le feste!) giusto per soddisfare il loro desiderio di avere dei nipotini. Sicché immagino che se io mollassi il mio compagno loro farebbero di tutto per accaparrarsi la bambina a costo di mettermi in mezzo a battaglie sulla custodia che io non voglio fare. Come potrei dire ai miei che in ogni caso lasciarla a lui sarebbe la mia scelta? Già sento mia madre mandarmi stramaledizioni “che madre sei”, “come puoi abbandonarla così”, “lei piangerà senza sua madre” e via di questo passo.
Ci sono adulti che si sostituiscono ai bisogni dei figli e li reinterpretano secondo visioni proiettive. Mia madre lo faceva anche quando io ero piccola. Lei sentiva freddo e copriva me. Lei aveva fame e mi dava da mangiare. Anche volendo non le lascerei educare mia figlia per nessuna ragione al mondo. Allora penso ad uno sbocco possibile e una sera di queste vorrei parlarne con il mio compagno. Gli dirò che non voglio altri figli. In realtà non volevo neppure quella che ho fatto. Gli dirò che ho partorito, per lui, e ora gli ho dato una discendenza. Se vuole il figlio maschio dovrà cercare qualcun’altra. Io con i figli ho chiuso.
Immagino la sua espressione un po’ sconvolta, di chi neppure capisce, perché secondo lui io qui ho tutto. Un buon compagno, una splendida bambina, una casa, da mangiare, e cosa potrei desiderare di più? Se gli dicessi che vorrei passare il tempo in spiaggia a leggere, senza pensare a niente, mi direbbe che sono superficiale. Se gli dicessi che ho voglia di fare sesso, e non con lui, mi direbbe, forse, che sono una troia. Lo direbbe con i suoi modi affettati, ma in ogni caso sempre zoccola per lui sarei. Allora temo che aspettarsi da lui comprensione sia una cosa inutile. Lui lo prenderebbe come un dispetto perché oserei scombinargli i piani.
Non so. Mi sento, adesso, come una prigioniera che nel tempo in cui non passano i secondini scavano un tunnel per poi poter evadere. Però non sono forte a sufficienza. Temo che il mio rimarrà solo un sogno. E nel frattempo mangio, un po’ sono ingrassata, e questo non mi aiuta. Prendo la bambina, la metto sul suo seggiolone. È l’ora della pappa. Le dico sorridendo che mi sento morire. Lei ride, non capisce, per fortuna. Mi sento morire e ho bisogno di respirare. Prima o poi me ne vado. Prima o poi.