Una bella confusione tra CTS (Comitato Tecnico Scientifico) e Medici “sul campo”: i primi che insistono sulla
persistenza del virus in circolazione e i secondi che affermano (
specie alcuni) la sua
“inesistenza clinica”. Il lettore medio, non addentro agli arcani dei riti laboratoristici e medico-clinici, ne esce
perplesso, nel migliore dei casi. Nel peggiore si ritrova spaventato ma non tanto dal virus in se quanto dalla sensazione che chi ha in mano la nostra salute/sicurezza non sappia su che strada si stia camminando e quale sia la meta della strada medesima. Allora mi è venuto in mente di spiegare un po’ cosa accade e dimostrare che entrambi i versanti del contenzioso stanno, da punti di vista differenti, dicendo
la stessa cosa: questione di termini.
Il virus è vivissimo, ma…
I TAMPONI POSITIVI denunciano il fatto (e lo si vede dai report della Protezione Civile) che ogni giorno ci sono “nuovi casi” (i numeri si incrementano) e che quindi
il virus non è scomparso. I tamponi sono volti all’effettuazione di una metodica di amplificazione genica (RT-qPCR) che serve a rilevare nel campione la presenza dell’RNA virale. Il rilievo
però non è soltanto
qualitativo (c’è o non c’è) ma anche
quantitativo (quanto ne troviamo) e questo è cruciale, perché non basta sapere che un tampone è positivo: occorre anche vedere QUANTO è positivo dato che quest’ultimo parametro rende ragione anche della possibile attività del virus: una grande quantità di materiale fa supporre virus attivo e potenzialmente infettante, mentre una piccola quantità può denunciare frammenti di virus ormai morto (non più infettante e trasmissibile) e che è in fase di eliminazione dall’organismo ma ancora non completamente smaltito.
Non è una differenza da poco. La positività di un tampone, quindi, non va presa come un dato assoluto ma va
INTERPRETATA sia da chi in laboratorio analizza i campioni, sia dai clinici che, sul territorio, hanno il polso reale di come procede l’infezione, la sua diffusione, in suo impatto sulla popolazione e la gravità dei sintomi che determina in caso di infezione reale.
Il punto di vista clinico
E qui interviene la visione del
clinico, che scruta la stessa situazione da un diverso punto di vista. Ciò che osserva un clinico non è soltanto una malattia, ma anche le varie espressioni della medesima che, a parità di condizioni, possono differire da soggetto a soggetto. Nella vita reale va dunque distinta non solo la presenza di una affezione, ma anche la sua importanza e
gravità. Il Primario rianimatore/intensivista ha osservato prevalentemente o quasi esclusivamente i soggetti molto gravi, quelli con le complicanze maggiori. Dal suo punto di vista, dunque, il fatto che le terapie intensive si stiano svuotando, giustifica in modo perfetto la sua affermazione: “Il virus clinicamente non esiste più”. In realtà non ha detto affatto che è “sparita” la malattia ma che è sparita (pressoché inesistente) la sua espressione
più funesta. Ancora ci sono, quindi, forme da Covid (asintomatici e inapparenti ma anche affetti da un impegno respiratorio più profondo seppur non così intenso da richiedere trattamenti invasivi ed intensivi).
Il virus è più gestibile
Il significato reale della sua affermazione quindi non si basa sulla constatazione di una “sparizione” del virus ma della sua attuale “
gestibilità” che in parte è dovuta a una miglior precisazione diagnostico/terapeutica (ovvero sappiamo individuarlo e gestirlo, anche perché il virus influenzale, con il quale durante l’inverno spesso il covid veniva confuso, è ora scomparso,
ndr), dall’altra da una “
sembra” testimoniata (lavori in corso)
minor aggressività/lesività (il che rientra perfettamente in ciò che storicamente viene osservato in innumerevoli affezioni virali).
Il punto di vista del CTS
La confusione si genera nel momento in cui non si chiariscono i termini del ragionamento che si sta facendo: le critiche reciproche (CTS versus Clinici) sono dovute a un difetto di comunicazione: da un lato (Clinici) la rassicurante constatazione che il numero di casi attivi e significativi stia diminuendo inviterebbe a rallentare i sistemi di contenzione, dall’altro il CTS (Comitato Tecnico Scientifico) teme che una cattiva interpretazione da parte della popolazione non “addetta ai lavori” e stanca di limitazioni a volte apparentemente incomprensibili e farraginose, possa determinare un mancato o assente rispetto delle norme di sicurezza, POTENZIALMENTE responsabili di una nuova riaccensione dei contagi.
La traduzione
Ma noi tutti, che siamo dotati di una buona quantità di neuroni e sappiamo farli lavorare, siamo capaci di osservare che entrambi hanno ragione: i clinici ci dicono, in sostanza: “Guarda che se anche riprende qualcosa noi siamo già in grado di dirti che non sarà così devastante come a marzo/aprile perché ora abbiamo modi e mezzi per combattere e vincere”; il CTS ci suggerisce: “E’ vero quel che dicono i clinici, ma il rispetto delle norme di sicurezza e contenzione del contagio contribuiscono alla limitazione di una eventuale nuova diffusione autunnale/invernale e di conseguenza influiscono sul numero di potenziali malati e sulla possibilità di curarli senza sovraccaricare le strutture”.