però, se so ancora leggere, sul treno PER FOGGIA c'era plebaglia del NORD.
Uno di Foggia non avrebbe mai preso Italo ne tantomeno in 1a classe.
però, se so ancora leggere, sul treno PER FOGGIA c'era plebaglia del NORD.
Uno di Foggia non avrebbe mai preso Italo ne tantomeno in 1a classe.
DISCLAIMER: Questo post non invita a commettere reati ne tantomeno ad infrangere la legge (degli uomini o Divina). Quanto scritto può essere parzialmente o totalmente falso o frutto della fantasia (malata) dell'autore. L'autore non si assume responsabilità per quanto scritto, suggerito o sottointeso da questo post.
Alain Elkann in realtà è Bastiano João Coimbra de la Coronilla y Azevedo
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“Questa mattina la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro – concludono nella nota – siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà”
minchia che scarsezza imbarazzante.
Cioè mi stanno anche dicendo che la mano SINISTRA non sa cosa sta facendo la SINISTRA?
DISCLAIMER: Questo post non invita a commettere reati ne tantomeno ad infrangere la legge (degli uomini o Divina). Quanto scritto può essere parzialmente o totalmente falso o frutto della fantasia (malata) dell'autore. L'autore non si assume responsabilità per quanto scritto, suggerito o sottointeso da questo post.
Beh è abbastanza normale che le redazioni non siano d'accordo con ciò che viene pubblicato per diretto volere dell'editore
E meno male che hanno messo tutte prima di tutti. Anche se comunque resta un uscita poco inclusiva.
PD
Repubblica è pure peggio di Alain Elkann, se stavano zitti facevano più bella figura
Simpatica ma c'e' un errorino: Elkann-coso ha con se soltanto il secondo volume della Recherche, ergo niente libroni da duemila pagine...certo, anche lui, la prossima volta portati dietro l'intero cofanetto insieme al quaderno, la penna e tutto il resto del corredo da cicisbeo, no?
Quando ero a Roma per colloqui importanti, riuscii a infilarmi pure lì da loro fino ad un secondo colloquio (al primo screening ormai era facile fregare le HR, ero troppo un attore consumato).
Mi diedero l'impressione di essere troppo hipster per questa gente.
Per dire, la cosa che mi aveva colpito di più era che nella lobby avevano in loop continuo su un mega-schermo il video di Driver 8 dei REM...probabilmente il super manager avrà cercato su Google "canzoni sui treni" ma apprezzai comunque molto la scelta.
Ragazzi del nord anche educati, forse non erano veneti probabilmente se no gli veniva una paresi agli ossicini dell'orecchio interno tra rutti, bestemmie e una cadenza che si insinuava a livello subatomico.
Quando anche l'AI è più umana ed empatica di te. E scrive anche meglio:
Ecco il mio editoriale giornalistico di 1000 caratteri, immedesimandomi in un giornalista radical chic che racconta il suo incontro con giovani scapestrati in treno verso Foggia, cercando di celare malamente una certa dose di supponenza e snobismo:
Un tuffo nella realtà
Ho sempre pensato che il mio lavoro di giornalista mi avesse permesso di conoscere a fondo la società italiana, le sue sfumature, le sue contraddizioni. Ma devo ammettere che l’altro giorno ho avuto una lezione di vita che non mi aspettavo. Ero in treno verso Foggia, per un reportage sulla situazione della sanità in Puglia, quando mi sono trovato a condividere lo scompartimento con quattro giovani scapestrati, provenienti da una località balneare della costa adriatica. Erano vestiti in modo sgargiante, con capelli tinti e piercing vari, e parlavano a voce alta di cose frivole, come la musica, il calcio, le ragazze. Non potevo fare a meno di notare il contrasto tra il loro mondo e il mio, fatto di cultura, impegno sociale, responsabilità. Mi sentivo superiore a loro, ma anche un po’ invidioso della loro spensieratezza.
Ho cercato di ignorarli, ma non è stato facile. Ad un certo punto, uno di loro si è accorto della mia presenza e mi ha chiesto cosa facessi nella vita. Gli ho risposto che ero un giornalista e che stavo andando a Foggia per un reportage. Lui ha fatto una smorfia e ha detto: “Che noia! Io non leggo mai i giornali, sono tutti uguali e dicono solo bugie. Preferisco guardare i video su TikTok o ascoltare i podcast dei miei influencer preferiti”. Gli altri hanno riso e hanno appoggiato il suo commento. Mi sono sentito offeso e ho provato a difendere la mia professione, spiegando l’importanza del giornalismo d’inchiesta, della verità dei fatti, del ruolo critico dei media. Ma loro mi hanno liquidato con una battuta: “Ma dai, non ti prendere sul serio. Il giornalismo è morto, ora conta solo il divertimento. E poi chi se ne frega della sanità in Puglia? Noi vogliamo solo andare al mare e divertirci”.
Ho capito che era inutile insistere e ho smesso di parlare con loro. Ho pensato che fossero dei poveri ignoranti, senza valori né ideali, vittime di una società consumistica e superficiale. Ma poi ho riflettuto meglio e mi sono chiesto se forse non fossi io quello fuori dal mondo, quello che si illudeva di fare la differenza con le sue parole, quello che si isolava dalla realtà per rifugiarsi in una torre d’avorio. Forse quei giovani scapestrati erano solo il riflesso di un’Italia che cambia, che si adatta ai tempi nuovi, che cerca di sopravvivere alla crisi. Forse avevano qualcosa da insegnarmi, anche se non lo volevo ammettere.
Ho deciso allora di riaprire il dialogo con loro e di ascoltare le loro storie, le loro speranze, le loro paure. Ho scoperto che non erano così superficiali come sembravano, che avevano dei sogni nel cassetto, che si interessavano anche di politica e di ambiente, ma con un linguaggio diverso dal mio. Ho capito che erano solo dei ragazzi che cercavano di essere felici, a modo loro. Ho provato a raccontare loro il mio lavoro, il mio punto di vista, le mie passioni. Ho cercato di essere sincero e umile, senza giudicarli o snobbarli. E ho visto nei loro occhi una luce diversa, una curiosità genuina, un rispetto reciproco.
Quando siamo arrivati a Foggia, ci siamo salutati cordialmente e abbiamo scambiato i nostri contatti. Mi hanno detto che avrebbero letto il mio reportage e mi hanno invitato a seguirci sui social network. Io ho accettato volentieri e ho promesso di tenere in contatto con loro. Ho capito che quel viaggio era stato per me una lezione di vita, un tuffo nella realtà, un’occasione di crescita. Ho capito che il giornalismo non è solo scrivere articoli, ma anche ascoltare le persone, capire le loro esigenze, raccontare le loro storie. Ho capito che non esiste una sola verità, ma tante sfaccettature, e che il mio compito è di cercare di coglierle tutte, senza pregiudizi né arroganza. Ho capito che quei giovani scapestrati erano in fondo dei miei colleghi, dei miei alleati, dei miei amici.
fa impressione
Visto perchè spero che lo sciopero degli sceneggiatori di Hollywood non finisca mai?
Non pensavo si potesse ancora adoperare la parola "dio c**e" eppure mi sbagliavo. Qualche giorno fa, dovendo andare al lavoro, sono salito su un regionale senza aria condizionata. Il mio posto assegnato non esisteva così mi sono incastrato tra altre quaranta persone incazzate con dio e la vita perché lavorano a luglio, mentre l'apocalisse fuori fa le prove microfono.
Mi piazzo lì, una faccia sudata fra altre facce sudate, poi guardo in basso e scopro che dentro il mio cellulare c'è un signore in vestito stazzonato di lino blu e camicia leggera. Quest'uomo parla ad alta voce dalle pagine di un giornale e un po' ovunque su internet. Come fosse il padrone.
Mentre io cercavo di concentrarmi sulla mia vitaccia di merda, questo signore mi parlava di un mondo distante anni luce, fatto di vuoto cosmico, di nulla assoluto, in cui i problemi veri non esistevano, esistevano solo scocciature. Io mi son messo a guardare gli altri nel vagone che si scioglievano con me e ho pensato che siamo proprio degli stupidi. Siamo degli stupidi se abbiamo permesso a una persona così di poter viaggiare in prima classe, scrivere su un giornale nazionale e avere un balcone economico da cui guardarci dall'alto in basso. Ho pensato anche, come tutti, che fosse un coglione. E mi sono arrabbiato e ho bestemmiato forte. Era un regionale per Vicenza, nessuno ha fatto una piega.
Poi ho pensato che invece no. Mi sbagliavo. Non dovevo mica arrabbiarmi. Perché questo signore ci ha fatto un favore uscendo allo scoperto. Ho pensato che ne vogliamo ancora. Di più. Che abbiamo bisogno di essere riempiti di queste narrazioni ogni santo giorno: di Montblanc, di giacche di lino e supplementi culturali di Repubblica.
Vi vogliamo tutti così. Arroganti, antipatici e caricaturali come un cattivo in un cartone delle 4 del pomeriggio.
Perché vedete, a noi di base non ce ne frega niente di voi, anche quando dovrebbe. Capiteci, c'abbiamo i cazzi nostri, cazzi giganti, problemi immensi, molto oltre la vostra comprensione. E perciò certe volte ci perdiamo un po' dentro queste nostre esistenze senza aria condizionata e, incastrati nei casini e nelle infinite tonalità di grigio e marrone della vita, ci dimentichiamo di voi, lasciandovi sgusciare sotto i nostri radar. Per anni. Decenni. Secoli.
Ma poi arrivi tu, amico mio, arrivi e col tuo articolo di giornale fai un prezioso servizio alla società rendendo tutto più semplice per noialtri. Aiutandoci a ricordare una cosa che ogni tanto ci scordiamo.
Che siete i cattivi.
Lo siete sempre stati.
Siete quelli delle frustate, delle catene, dei castelli, dei giardini di siepi di Versailles e delle manganellate, siete quelli che fanno le guerre senza combatterle e le crisi economiche senza perdere un euro. Che siete quelli che non ci vedono e se ci vedono ci disprezzano.
Riempiteci di questo. Ve lo chiedo per favore. Dei vostri privilegi, delle vostre vite disumane, del vostro distacco, del vostro paternalistico spregio. Siate promemoria vivente di questo. Miliardari con manie di onnipotenza, tycoon alieni, aristocratici da mangino brioche.
Continuate a ricordarci che, da qualche parte, esistete. Ricordateci la matematica. Ricordateci che in seconda classe ci sono molti più posti che in prima. Ricordateci la storia. Ricordateci cos'è successo ogni volta che il potere ha cominciato a ostentare senza più sforzarsi di mascherarla la sua distanza abissale dal resto della società.
Minacciarvi? Ma no, tranquilli. Voi continuate a raccontarvi così. Ancora e ancora. Noi, barbari e stronzi, ce ne stiamo nel nostro bel regionale a sudare. Ci incazziamo, bestemmiamo, ci ridiamo su, ci facciamo i meme e magari come le altre volte finisce lì.
O magari no.