Vero, ma vedo delle differenze con i revival degli ultimi anni (questo incluso). Non saprei spiegare bene perché, ma in passato gruppi che si sono rifatti agli anni '60 o '70 cercavano di copiarne lo spirito più che fornirne una copia il più fedele possibile - forse perché al contrario dei musicisti attuali potevano contare solo su un pugno di dischi e qualche foto, quindi manco ne avevano la possibilità. Tentavano di ricreare quell'esperienza (magari manco vissuta) ma necessariamente filtrandola attraverso le suggestioni del periodo (il punk, l'indie rock e via dicendo), creando quindi qualcosa di nuovo. E quindi gli Who ispirano i Jam, che però sono completamente diversi; i REM si ispirano ai Byrds, ma sono tutt'altro che una copia; o pensiamo a tutti i gruppi e i movimenti ispirati dai Velvet Underground, gli Stooges, Bowie e via dicendo, ma che con i loro idoli hanno poco a che fare e hanno creato un loro stile unico e personale.
Come suggerisce Simon Reynolds nel suo saggio Retromania (bellissimo), non è che i musicisti (ma direi proprio gli artisti in generale) siano meno talentuosi o innovativi dei loro predecessori; semplicemente, hanno un rapporto col passato, da sempre uno stimolo per tutti, radicalmente diverso. Grazie a internet possiamo fruire e conoscere il passato con una facilità, una rapidità e una mole di informazioni inimmaginabile. Una condizione del genere crea una situazione di impasse di proporzioni enormi, in cui ci ritroviamo impantanati in un revival continuo.
Ho paura di non essere stato molto chiaro (l'argomento è vastissimo), riporto quindi un paio di citazioni che mi ero segnato tempo fa:
"Invece di esprimere se stessi, i duemila preferivano offrire un concentrato di tutti i decenni precedenti: una simultaneità della cronologia pop che abolisce la storia, erodendo l'autocoscienza del presente in quanto epoca dotata di identità e sensibilità proprie. Invece di spalancare le porte al futuro, i primi dieci anni del XXI secolo hanno finito per qualificarsi come il ri-decennio: revival, ristampe, remake, ricostruzioni."
"Il termine retrò ha un significato specifico: allude a una mania consapevole per uno stile d'altri tempi (musica, abbigliamento, design) che si esprime creativamente attraverso il pastiche e la citazione. Nel senso più stretto, retrò tende ad indicare il territorio di esteti, intenditori e collezionisti, persone dotate di una cultura quasi accademica unita a un sottile senso dell'ironia."
"[...] ma non è mai esistita una società umana così fissata con i prodotti culturali del passato immediato. Ecco cosa distingue il retrò dall'antiquariato e della storia: una fascinazione per le mode, le manie passeggere, i suoni e le star abbastanza vicini nel tempo per poterli ricordare."
"Ma la trasformazione di gran lunga più imponente è quella che ha interessato le modalità di consumo e distribuzione, che a loro volta hanno favorito l'escalation della retromania. Siamo diventati vittime della nostra inarrestabile capacità di immagazzinare, organizzare, utilizzare istantaneamente e condividere una quantità smisurata di dati. Non è mai esistita una società non solo tanto ossessionata dai prodotti culturali del passato più recente, ma anche tanto capace di accedere al passato immediato."
Chiudo con una riflessione su YouTube che mi piace molto:
"YouTube è un contenitore di stralci fondato sulla frammentazione di narrazioni più lunghe (il programma, il film, l'album), ma questa funzione ci incoraggia, in quanto spettatori, a scindere gli spezzoni culturali in unità ancora più piccole, erodendo insidiosamente la nostra capacità di concentrazione e la nostra volontà di lasciare che le esperienze si dischiudano. Ma è internet in quanto tale a rendere più fragile e incostante il nostro senso della temporalità: piluccando i dati senza posa, saltelliamo nervosamente qui e là in cerca del prossimo zuccherino istantaneo."








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