[...]Questa campagna elettorale per il Campidoglio – confusa, rabberciata, incolore, distratta, con tratti ridicoli (la candidatura di Bertolaso è stata credibile solo per le parodie sui social) – si è gonfiata di ogni refolo possibile di antipolitica e postdemocrazia, non lasciando emergere nel dibattito delle idee quasi nient’altro che formule retoriche vuote. Due più di altre: l’essere
contro tutto e tutti, e l’amore per Roma in quanto Roma.
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Dall’altra parte latitano i programmi. I
101 punti di Alfio Marchini sono un pastrocchio di idee tra l’utopico e il velleitario, misure molto limitate su alcune delibere e genericissime opinioni.Virginia Raggi, come al solito per i Cinque stelle, riduce tutto
a un elenchino che può stare in una paginetta: proclami assertori senza nessun merito per i processi di realizzazione. Il programma di Bertolaso (ritiratosi e “in panchina” per Marchini) prevedeva la balneazione del Tevere (sic!).
Giachetti non aveva presentato un programma vero e proprio per le primarie e – nonostante l’avesse promesso – non l’ha fatto dopo: le sue linee guida cercano di conciliare, spesso in maniera impossibile (altro che il “ma anche” veltroniano), lo spirito politico di un Walter Tocci con quello del renzismo: manutenzione e grandi eventi come le Olimpiadi del 2024. Giorgia Meloni se ne infischia di definire perfino una prospettiva politica e ogni giorno sovrappone polemiche nazionali a questioni cittadine, frecciatine contro il governo e Berlusconi a un’enfasi lepenista nemmeno ben rimasticata.