Vaccino AstraZeneca, Viola: «Sbagliato proporlo ai giovani, diamolo solo agli over 55»
di Margherita De Bac
08 giu 2021
L’immunologa e le polemiche sugli Open day: «Le Regioni non devono fare la corsa a chi somministra più dosi. Attenzione ai rischi maggiori dei benefici»
Gli Open day a base dei vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson, ambedue a vettore virale, andrebbero sospesi sui più giovani?
«È sbagliatissimo proporre questi vaccini ai giovani, specialmente alle donne. Sono sempre stata convinta che non bisognerebbe darli a persone di età inferiore ai 55 anni», ripete per l’ennesima volta Antonella Viola, immunologa, docente di patologia generale a Padova, direttore scientifico dell’istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza.
Perché?
«Per non aver dubbi basta leggere un lavoro uscito sulla rivista Science dove si spiega come man mano che si scende con l’età i rischi di ricevere questi vaccini superano ampiamente i benefici. Nei più giovani il pericolo di avere conseguenze gravi a causa del Covid è invece molto basso. Ecco perché la Francia ha stabilito di limitare i due vaccini a vettore virale agli over 55».
Da noi la raccomandazione dell’agenzia del farmaco Aifa è di un uso preferenziale sopra i 60 anni, mentre l’Ema non ha posto limitazioni. Secondo lei questa indicazione dovrebbe diventare più stringente?
«Sì, quella raccomandazione dovrebbe essere più chiara e perentoria. Tanto più che, rispetto a quando è stata diffusa, la situazione epidemica in Italia è molto cambiata. Il virus circola meno, abbiamo dosi di vaccino a volontà. Quindi non c’è motivo di affrettarsi a vaccinare».
Non bisogna correre troppo?
«Vale la pena di scegliere il vaccino più sicuro in rapporto all’età. In questi casi i preparati di Pfizer e Moderna basati sull’Rna messaggero. Anche così arriveremmo a settembre con larga parte della popolazione immunizzata».
Come cambierebbe il termine di uso preferenziale?
«Scriverei che i vaccini a vettore virale sono sconsigliati sotto i 60 anni a meno che non si voglia restringere ancora indicando i 40 anni o i 30 anni. È importante soprattutto che le donne giovani sappiano che per loro questi composti hanno un rischio superiore a quello degli uomini per quanto riguarda lo sviluppo di trombosi rare accompagnate da carenza di piastrine».
Dunque lei è per una linea decisa?
«Lo dicono i dati. In un documento del 23 aprile l’Ema ha pubblicato un grafico che mostra chiaramente come il beneficio di ricevere AstraZeneca diminuisce con l’età in una situazione epidemica paragonabile alla nostra attuale. Un ragazzo di 20-29 anni ha 4 probabilità su 100 mila di evitare il ricovero in ospedale per il Covid e 1,9 probabilità di avere una trombosi post vaccinale. Prendiamo la fascia 60-69: 19 casi su 100 mila di evitata ospedalizzazione, a fronte di 1 caso di tromboembolia, la metà».
Basta Open day ai più giovani?
«Le Regioni devono finirla di fare a gara a chi vaccina di più senza mettere al primo posto la sicurezza. Gli eventi trombotici post vaccino sono rarissimi ma anche un solo episodio è una tragedia. È dolorosa la storia della 18enne ricoverata a Genova».
Chi dovrebbe scegliere il vaccino più adatto?
«Il medico di famiglia che conosce i suoi pazienti».
Si è capito il motivo per cui le donne sono le più esposte?
«Non è stato ancora chiarito. Che le cure ormonali siano un elemento di predisposizione resta soltanto un’ ipotesi».
Che cosa pensa dell’appello dell’associazione Coscioni di fermare le vaccinazioni dei giovani con Az e J&J: si chiede di sospendere per gli under 30.
«Prima di loro diversi immunologi si erano espressi nello stesso senso: da Sergio Romagnani, immunologo, professore emerito all’università di Firenze, alle Scienziate per la società, un gruppo di colleghe di altissimo valore».