Schermo nero… l’udito coglie il rumore del vento tra le foglie e delle onde del mare che si infrangono contro gli scogli. Poi tutto si quieta, per mostrarci il titolo del film: Silence. Comincia così il nuovo lavoro di Martin Scorsese, una pellicola sulla ricerca della fede cristiana durante la metà del Seicento, periodo in cui la Chiesa cercava di portare i proprio insegnamenti religiosi in tutte le parti del mondo, anche in quel Giappone dove l’Inquisitore condannava a morte chiunque predicasse una religione al di fuori del Buddismo.
OGGI UN DIO NON HO
Scorsese ha tenuto nel cassetto questo progetto per più di dieci anni, rivedendone di tanto in tanto la sceneggiatura e ritoccando qualche dettaglio, per poi arrivare finalmente nelle sale con uno dei film più perfezionisti di sempre. Silence non è tanto un racconto sulla ricerca di due preti (Andrew Garfield e Adam Driver) del loro mentore (Liam Neeson), ritenuto disperso in Giappone e accusato di aver abiurato il cristianesimo, quanto un complesso sistema cinematografico che parla della fede, la razionalizza e sbatte in faccia allo spettatore le domande più scomode per un credente. Perché Dio permette che i suoi figli vengano torturati e uccisi? Perché preghiamo senza avere risposte? Perché il silenzio fa male quanto una spada affilata nello stomaco?
Nonostante il film non sia riuscito nell’impresa improba di convertirmi, mi ha quasi “costretto” a provare una sensazione tangibile del divino
La figura dell’Inquisitore giapponese è talmente ambigua quanto fondamentale. Egli è razionale e terreno nelle sue decisioni: non rifiuta il cristianesimo, e anzi ne percepisce le potenzialità e l’influenza, e per questo cerca di bandirlo, per evitare che possa mettere radici nel suo luogo natio. Esattamente come si fa con una malattia, un’infezione o un virus, l’Inquisitore uccide ogni portatore, tranne i pazienti zero, ovvero i preti. La loro morte, nella testa del “dottore”, causerebbe un effetto Idra: tagliata una testa, ne spunterebbero altre due; meglio mostrare loro la percezione razionale dell’inesistenza di Dio con la costante morte dei suoi credenti. Il valore del Silenzio del titolo sta tutto qui, nel crollo della fede e la contestuale percezione del divino, nel momento più buio.
LE URLA DEL SILENZIO
Nonostante quanto detto basterebbe per tratteggiare la traiettoria del lavoro di Scorsese, c’è un’ultima freccia da lanciare. Al netto del titolo, Silence parla proprio di parola, o meglio della parola di un Dio che un popolo, per natura e per altra religione predicata, non accetta e non riesce razionalmente a cogliere. La Storia ci racconta di colonizzazioni forzate con il sangue e le guerre, laddove la religione ha vestito i panni insanguinati del mero pretesto: possiamo quindi sputare su tutta la sua iconografia e calpestare la croce di Cristo, ma la fede è un’altra cosa, e ognuno la custodisce dentro se stesso. Sì, anche nella sua assenza.
Silence è un film di una perfezione mostruosa
VOTO: 9.5
Genere: drammatico, storico
Publisher: 01 Distribution
Regia: Martin Scorsese
Sceneggiatura: Martin Scorsese, Jay Cocks
Colonna Sonora: Kim Allen Luge, Kathryn Kluge
Interpreti: Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Tadanobu Asano, Issei Ogata
Durata: 161 minuti