despelote – Recensione

PC PS4 PS5 Xbox Series X

Alcuni videogame non nascono per divertire, ma per ricordarci chi eravamo. Despelote è un viaggio tra sogni, rumore di palloni e ricordi sfocati, a ribadire che il vero traguardo non è vincere, ma ritrovare un frammento di sé lungo una strada di Quito.

Sviluppatore / Publisher: Julián Cordero, Sebastian Valbuena / Panic Prezzo: 13.99 Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile su: PC (Steam), PS4, PS5, Xbox Series X|S Data d’uscita: già disponibile

Anche io sono stato come Julián. Era l’estate del 1982, e avevo pantaloncini corti, ginocchia perennemente sbucciate e un pallone Tango che ai miei piedi si comportava come la Robapazza che Strumpallazza. L’Italia era alle prese con un difficilissimo Mondiale in Spagna, e io giocavo la mia personalissima finale in cortile, tentando la goleada ai danni delle porte dei garage. Ricordo tutt’oggi la formazione: c’era Zoff, che aveva più o meno l’età di mio padre ma giocava ancora; Bergomi, appena diciottenne, anche se sembrava più grande grazie ai baffi. E poi Rossi, Tardelli, Graziani e tutti gli altri. Il girone impossibile con Brasile e Argentina, e la finale con la Germania. Quel giorno di luglio, quando abbiamo alzato la coppa al cielo, ero solo un bambino, ma non sono mai stato così orgoglioso di far parte dell’Italia di Pertini e Bearzot.

E capisco benissimo Julián quando dipinge lo sport come un sogno collettivo, in un Paese nel quale le ambizioni devono fare i conti con economia in ginocchio, strade dissestate e antenne TV mal sintonizzate. Ecco perché uno dei suoi eroi è Jefferson Leonardo Pérez Quezada, primo ecuadoriano della storia a vincere un oro alle Olimpiadi, marciando nel 1996 ad Atlanta. Ho visto migliaia di Julián a Cuba allenarsi sotto un sole impossibile per diventare come Javier Sotomayor, Iván Pedroso o Mijaín López: giganti che con un salto, una falcata o una presa, hanno dimostrato che anche i Paesi con meno risorse possono arrivare più in alto di tutti.

Despelote

Campioni del mondo! Campioni del mondo! In realtà no, ma nei frequenti spezzoni delle partite proposti in Despelote, l’atmosfera che si respira è la medesima.

Ma chi sarebbe questo Julián? È il protagonista di Despelote, storia interattiva autobiografica di un ragazzino di Quito, Ecuador, durante le fasi di qualificazione per il Mondiale del 2002, giocato in Giappone e Corea del Sud.

DESPELOTE, DA QUITO CON FURORE

In Despelote, il sogno di un Paese è stato tradotto in gameplay. O in qualcosa che assomigli vagamente a un gioco, dato che alla fine siamo di fronte a un demake di Kick Off di Dino Dini, qui ribattezzato Tino Tini’s Soccer 99, videogame con il quale Julián monopolizza l’unico televisore di casa, cercando di segnare nonostante sua madre si piazzi davanti allo schermo a ricordargli che deve studiare, sedersi a tavola per mangiare, andare a sbrigare commissioni.

Un bambino, un pallone e un paese che sogna il Mondiale: tutto il resto è poesia in movimento

Anche mia mamma interrompeva le mie sessioni di gioco per i motivi più assurdi, tipo evitare un quattro in storia. Immedesimarmi nel protagonista, quindi, è stato facilissimo. Quando non è intento a guidare l’Ecuador verso la gloria con un joypad tra le mani, Julián riempie le sue giornate inseguendo palloni tra i vicoli assolati di Quito, insieme ai suoi amici. I suoi tiri scomposti disegnano traiettorie imprevedibili, che talvolta sfiorano i sogni e più spesso colpiscono la realtà, disturbando il vecchietto intento a nutrire i colombi sulla panchina o abbattendosi sul picnic di una giovane coppia. Il tutto mentre da ogni casa riecheggia la telecronaca di una partita della Nacional accompagnata dal motto ¡Sí se puede!

Despelote

Mamma, ti puoi spostare? Questa partita non si vincerà da sola!

Despelote non è un videogame, ma una macchina del tempo che ci accompagna nel periodo magico dell’infanzia del protagonista e racconta come, tra una tragica notizia che annuncia un nuovo duro colpo per l’economia e la speranza di una vittoria contro il Perù, la vita a modo suo sappia sempre essere meravigliosa prima che arrivi l’età delle bollette e degli asterischi nei risultati delle analisi del sangue. Julián deve solo essere a casa entro una certa ora, possibilmente senza sporcarsi troppo i vestiti. Come non invidiarlo?

GRAFICA DA SCANNER DI PRIMA GENERAZIONE

La grafica composta da cubi con texture bicromatiche che paiono uscite da uno scanner degli anni ‘80 ricostruisce gli ambienti di Quito, mentre NPC e oggetti di interesse sono disegnati in stile doodle, conferendo a Despelote un’estetica così sgangherata da fare il giro e diventare arte contemporanea. Possiamo riempire le nostre giornate come più ci aggrada, non c’è un vero obiettivo e la storia è già scritta: la nazionale dell’Ecuador riuscirà a qualificarsi, venendo poi eliminata al primo turno nel girone con Italia, Messico e Croazia ma ricevendo un’accoglienza strepitosa al ritorno in patria.

Despelote

Un classico. E adesso?

Così è interessante interagire con i vari abitanti, ascoltare le loro storie e vivere le strade di Quito calciando palloni, lattine, bottiglie e tutto quanto si trovi a portata di piede.

Goffo come un calcio storto, ma sincero come un’estate che non vuoi dimenticare

A poco a poco, però, il gioco cambia. Il parco si dissolve in un limbo sbiadito. Le risate degli amici e la musica trasmessa dalle radioline diventano un lontano rumore di fondo. Le strade si fondono con il sogno, e Julián inizia a calciare nel vuoto. I palazzi crescono, come il protagonista, che si ritrova adulto senza nemmeno rendersi conto di quando sia successo. Il pallone non è più il miglior amico ma un oggetto inopportuno da portare a una festa nella quale l’unico obiettivo è ubriacarsi.

UN DOCUMENTARIO? UN VIAGGIO?

Despelote si chiude in circa due ore a prescindere dalla nostra abilità a calciare sia per strada in prima persona che alla console con Tino Tini’s Soccer 99, complice anche una fisica abbastanza creativa – per così dire – e un sistema di controllo non così preciso. L’ultimo capitolo, che non vi spoilererò, è però abbastanza inquietante. Non perché mostri qualcosa di tragico, a parte le strade nelle quali il vero Julián è stato costretto a girare con scorta per poter catturare i suoni ambientali dal vivo senza rischiare assalti per sottrargli l’attrezzatura, bensì perché ricorda ciò che abbiamo perso. Non prova a strappare le lacrime con forza, ma accompagna alla finestra, invita a guardar fuori e domanda: “Ti ricordi com’era? Ti ricordi com’eri tu?

Despelote

Che fantastica citazione!

Non credo lo rispolvererò per rigiocarlo, né per tentare il platino, ma lo custodirò come quella vecchia foto nella quale sorrido con un Tango tra i piedi, convinto di essere Paolo Rossi. E forse, in quel momento, lo sono stato davvero. Impossibile dare un voto ponderato a una produzione di questo tipo, ma dovendo assegnargli un numero, non può che essere ottantadue. Anzi ‘82.

In Breve: Despelote è un tuffo emozionante nel passato, tra palloni, sogni e nostalgia. Nei panni del piccolo Julián, riviviamo il fermento del 2001 a Quito, mentre l’Ecuador, in piena crisi economica, sogna la qualificazione ai Mondiali. Il gioco fonde fotografia digitale volutamente retrò, disegni a mano e sound design ambientale per restituire un racconto autobiografico toccante e ben diretto. Parte del gameplay include Tino Tini’s Soccer 99, un demake volutamente grezzo di Kick Off che riflette perfettamente il tono nostalgico e disordinato dell’infanzia. Dura un paio d’ore scarse, ma vi resterà dentro molto più a lungo.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: AMD Ryzen 9 6900HS, 16GB RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, Come Gira: Controlli abbastanza ostici sia con gamepad che tastiera. Se conoscete lo spagnolo, consiglio di giocarlo in lingua originale per entrare ancor più nell’atmosfera. Alcune frasi sono in slang ecuadoriano dunque si evince il significato dal contesto. Tecnicamente digeribile anche per le macchine più datate.

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Pro

  • Atmosfera eccezionale / Gameplay sperimentale / Sviluppato con il cuore

Contro

  • Controlli da rivedere
8.2

Più che buono

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