Dopo la disamina sul ruolo dei dittatori nella storia dei videogiochi, questo è il mio secondo editoriale ispirato da Far Cry 6, e ciò non solo sottintende che sono ancora alle prese con la Revolución Yarana – solo perché ambisco a guadagnare tutti i trofei, altrimenti l’avrei finito in poche ore, anzi in 10 minuti usando unicamente la pistola base – ma è anche dimostrazione della quantità di spunti di riflessione che ci regala la nostra arte preferita.
Mentre mi aggiravo per i paesini dell’isola caraibica, mi sono imbattuto in un altare della religione afrocubana. L’ho riconosciuto subito perché ne ho visti parecchi dal vivo proprio in quel di Cuba, e devo dire che l’hanno rappresentato nei minimi particolari. Ma non è questo il punto. Se ci interagisci, ovvero se “onori l’idolo” come appare nella descrizione del tasto azione, vieni ricompensato con una musichetta mistica e un po’ di punti esperienza, in una sorta di benedizione virtuale che conferma come l’altare non sia solo un dettaglio estetico ma abbia un ruolo realistico all’interno del gioco.
DIRE ADDIO ALL’IMMAGINAZIONE
Ma non è nemmeno questo il punto. Il capolavoro Ubisoft – mio personale Game of the Year – non è infatti l’unico videogame ambientato in una pseudo Cuba. Guerrilla War, classe 1987, ci metteva alla guida di nientepopodimeno che Fidel Castro e Che Guevara impegnati a combattere un malvagio dittatore senza nome. Eppure, nella pixellosa landa tropicale dell’epoca, non c’era traccia di altari. Per forza, direte voi, le risorse erano molto più limitate, e anche ammesso che valesse la pena ricreare l’ambientazione con quel livello di realismo, a nessun developer sarebbe mai passato per la testa di sacrificare memoria e sprite preziosi per rappresentare dettagli grafici secondari, preferendo spremere l’hardware per inserire qualche proiettile in più, data la natura run and gun del gioco.
Del resto, quelli erano i BTA, i “Bei Tempi Andati”, in cui eravamo capaci di immaginare complessi universi a partire da un pugno di pixel, mica avevamo bisogno di schede grafiche da GeForciliardi di poligoni a spiattellarci mondi fatti e finiti senza stimolare più la fantasia, di cui invece la nostra generazione faceva largo uso.
NON POSSIAMO IMMAGINARE ciò di cui ignoriamo l’esistenza
Forti del lemma di Fedro “loda ciò che fummo se non ti piace ciò che siamo” amano ricordare quando eravamo ragazzini e ogni pezzo di legno diventava una spada. Certo, ma quale tipo di spada? Un falcione? Una scimitarra? Claymore? Gladio? Sciabola? Non si sa. Ma si poteva incantare? Potenziare? Livellare? Scomporre in materiali che sarebbero serviti per craftare una nuova arma? Assolutamente no, il nostro legnetto era solo una spada generica, di quelle che tagliano e basta, e se venivi colpito a una gamba ti limitavi a zoppicare anche se in realtà ti saresti giocato la femorale. Un po’ scarna come ricostruzione, se paragonata alle statistiche che ci mette a disposizione un qualsiasi RPG fantasy. Lo stesso discorso vale per la “pistola” fatta con il pollice e l’indice. Numero di colpi? Tempo di ricarica? Calibro? Precisione? Decidevi a spanne se eri stato centrato da un headshot, e una ferita alla spalla era sempre una bazzecola. Impietoso il confronto con Call of Duty. Più che immaginazione, parlerei di ignoranza. Innocente, beata e fanciullesca, ma sempre ignoranza. Infatti, una volta cresciuti, e nemmeno di molto, le armi stilizzate vennero messe in disparte in favore di complesse tabelle e poliedrici dadi nei giochi di ruolo.
E finalmente, chiudendo in sgabuzzino l’immaginazione, quando subisci una ferita con effetto “sanguinamento” non ti limiti a zoppicare ma rischi di morire. E, rinnegando i pomeriggi in giardino passati a fingere di essere cavalieri con una scopa per destriero, guai se il Dungeon Master non ha previsto ogni minimo dettaglio lasciando a noi l’ingrato compito immaginare. Per non parlare della cura meticolosa che riponevamo nel dipingere le miniature per renderle più realistiche possibile. Altro esempio eclatante era il Subbuteo, che rasentava l’ossessione, con artisti che si vantavano di aver riprodotto l’esatto colore della chioma di Zico. Per godere di un tale livello di fedeltà sui nostri monitor dovremo aspettare FIFA 2128.
LA VERITà è CHE siamo avidi di dettagli, ne vogliamo sempre di più, ma allo stesso tempo ci pesa ammetterlo
E che dire della Feronato Travel, che vendeva soggiorni ai caraibi e portava i clienti in laguna dietro Marghera? Sarebbe bastato usare un pizzico della tanto invocata immaginazione, far finta che l’acqua fosse un po’ più azzurra e che quegli enormi ratti fossero simpatiche tartarughe. Invece niente, fioccarono le cause di risarcimento. Quindi, se in ogni aspetto della vita pretendiamo una grande attenzione per i dettagli, perché rimpiangere ancora lo sprite di Jet Set Willy, che noi per primi chiamavamo in maniera quasi dispregiativa “omino”, perché nemmeno sapevamo dire con esattezza cos’era. Impietoso il paragone con Cyberpunk 2077, nel quale si può personalizzare ogni aspetto non del maledetto “omino” ma del personaggio, del nostro avatar o alter ego. Sentite già come si presenta meglio con questi nomi. Perchè non voglio vedere uno sputacchio di pixel e immaginare la sua fisionomia. Voglio avere dei tool per crearla fin nel minimo particolare, le opzioni non sono mai troppe, inserite pure anche con la viscosità del catarro se necessario, sebbene poi finirò sempre per premere il tasto “Random”.
Comunque grazie, sviluppatori degli anni ‘80. So che avete fatto del vostro meglio e spianato la strada alle meraviglie che ci aspettano, e davvero eravate riusciti a convincermi che l’omino di Pitfall II fosse Indiana Jones. Non rinnego certo quei tempi ma sono contento che siamo andati avanti. E preferisco cucinare assieme a mia figlia ormai teenager piuttosto che fingere di mangiare pietanze inesistenti da piatti giocattolo come facevo dieci anni fa. Finalmente posso provare emozioni vere con un pad in mano, e guai a chi vuol fare il talebano dei videogiochi e tornare ai pixelloni. E ora, rimangiandomi quanto detto finora, vi chiedo un piccolo sforzo: anche se non siete d’accordo con il mio pensiero, immaginate che abbia scritto cose assolutamente sensate e intelligenti, altrimenti mi licenziano. Tanto, è quello che avete sempre chiesto. Immaginare.
PS: devo comunque riconoscere che il gioco dello strip poker con Samantha Fox su C64 con me “ha funzionato” alla grande, pixel o non pixel.