È un lunedì sera di settembre un po’ sonnacchioso, anzi, ormai martedì, che ho passato a giocare a Sea of Stars. Avanzando con l’avventura, dopo aver sconfitto un millenario demone pirata e aver aiutato la povera gente di un villaggio portuale – le solite robe che si trovano in giochi del genere – sono finito in una cripta abitata da una strana entità per metà fiammella e per metà pokémon leggendario. Questo “coso” mi spiega di essere entrato in una sorta di necropoli commemorativa di migliaia di anime, mentre mi accoglie in questo stanzone con tante piccole pedane per terra. Ogni pedana sembra teletrasportarmi verso un’area diversa, dei veri e propri cimiteri interconnessi con lapidi di svariate dimensioni, alcune molto grandi con statue particolarmente dettagliate, raffiguranti persone e cose in certi casi decisamente fuori contesto in un gioco fantasy: astronauti, cani e gatti di ogni tipo e persone comuni.
UN CIMITERO ASTRALE IN UN MARE DI PIXEL
Inizialmente ho pensato fosse una trovata simpatica per inserire i crediti agli autori di Sabotage Studio, con delle dediche. Però leggendo così tanti nomi, intuendo l’enorme numero di “tombe” presenti in quel luogo, ho capito che doveva trattarsi dei backer, i finanziatori che hanno investito sulla campagna Kickstarter del gioco. Comunque una trovata simpatica. Ognuna di queste lapidi è posta a memoria di un utente che ha creduto nel progetto, alcune – crollate o illeggibili – sono di sostenitori anonimi, altre hanno il nickname, altre ancora hanno nome e cognome. Le più grandi, dedicate a chi ha investito di più, mostrano una statua in pixel art dedicata – immagino realizzata su misura in base a foto o descrizioni inviate dai singoli utenti – e una frase personalizzata.
Parliamo di veramente tante dediche: nello stanzone iniziale dove si trova la strana entità ci saranno una cinquantina di pedane, ognuna connessa con un altro stanzone contenente un centinaio di incisioni, tra quelle piccole con il solo nome e quelle più grandi con la dedica. Sono talmente tanti che a ognuno è stato affidato anche un codice numerico per potersi ritrovare, comunicato agli stessi backer via mail. Basta parlare con l’essere nella stanza principale e inserire i numeri per venire trasportati davanti a una dedica, magari alla propria o a quella di un amico. È uno spazio totalmente riservato a ospitare dei ricordi, in cui non c’è un “game” e il gioco costantemente ci ricorda essere opzionale. Però c’è un “play”, c’è la possibilità di interagire, esplorare, perdersi a leggere questi nomi e queste parole che alcuni utenti hanno deciso di imbottigliare e lanciare in questo mare di stelle.
Senza che neanche me ne accorgessi mi sono ritrovato a girare tra questi messaggi per più di un’ora. Sembra di trovarsi in uno di quei luoghi che si trovano spesso nei musei o in posti turistici, dove si può lasciare un biglietto appeso al muro con scritto quello che si vuole. Solo che a questo giro appendere un post-it (virtuale) costava. Non mi riferisco tanto a quelle poche decine di euro che servivano a inserire la propria dedica in questa cripta, ma all’investimento emotivo e la fiducia in un gruppo di persone che sviluppano un gioco.
Tra le dediche si trova di tutto. Ci sono un po’ di messaggi banali sul credere in sé stessi e nei propri sogni, o sulle montagne da scalare che se ci credi veramente non importa quanto siano alte. Ce ne sono molti di più molto meno banali. Tante sono le dediche di affetto a figl*, compagn*, mogli e mariti, legami di vario tipo, a volte sono in spagnolo, francese, italiano. In alcuni casi sono ricordi affettuosi di madri e padri che non ci sono più. Una marea di pensieri dedicati ad animali vivi o vissuti – cani, gatti, qualche coniglio – che i padroni hanno deciso di immortalare in una manciata di pixel digitali nascosti in un finto cimitero in mezzo a una miriade di altri nomi.
TOMBE FINTE, DEDICHE VERE
Ma quanto è davvero finto questo cimitero? In effetti mentre giravo tra quei pixel mi sono fermato a leggere le frasi e guardare queste “immagini” poste a ricordo, proprio come in uno vero. Alcuni messaggi mi hanno commosso, altri mi hanno scaldato il cuore, altri ancora mi hanno annoiato. Tutti mi hanno fatto provare empatia, mi hanno fatto pensare a quanta umanità ci sia nelle cose, nelle opere. Quella degli sviluppatori che per anni lavorano a un gioco, ma anche quella di persone comuni che aspettano di poterlo giocare. Persone che investono su un’idea, e che quando gli viene lasciato lo spazio di incidere una frase scelgono di ricordare Marko, amico a quattro zampe scomparso il 28 maggio 2021, o Kristen, sorella di Sean venuta a mancare, o Janet, madre che il figlio spera di incontrare di nuovo prima o poi.
Proprio come davanti a una tomba vera, anche tra queste lapidi pixellate sembra mi risulti più facile empatizzare da osservatore passivo con le persone che hanno lasciato un ricordo. I cimiteri mi hanno sempre fatto questo strano effetto. Vai per ricordare i tuoi cari e ti ritrovi a guardare le facce e i nomi di persone sconosciute che un tempo hanno vissuto, ma che non conoscerai mai. E ti chiedi come saranno state da vive, quanti affetti avranno avuto, se avranno vissuto una bella vita o meno. E allo stesso modo io mi sono chiesto del cagnolino Marko, dell’umano a cui avrà fatto compagnia tra il 2008 e il 2021. Chissà cosa avranno fatto in quei 13 anni, chissà dove hanno vissuto, chissà come, chissà cosa sta facendo in questo momento quell’umano. E pensare che mezz’ora fa stavo combattendo un millenario demone pirata…