Facce da TGM – L’Opinione è lo spazio dedicato alle “columns” di The Games Machine: articoli e visioni su argomenti caldi o fortemente dibattuti che animano le discussioni, anche molto dure, all’interno della redazione di TGM, talvolta con posizioni – davvero o solo in apparenza – antitetiche. L’obiettivo è dar voce ai nostri redattori come specchio del quadro complesso e articolato, talvolta persino controverso, che circonda il mondo dei videogiochi, all’interno di confini dettati da etica e buon gusto ma senza depotenziare il messaggio e, così, la ricerca di confronto su temi sensibili e delicati. Buona lettura!
Chi l’avrebbe mai detto che prima o poi mi sarei ritrovato a scrivere di censura, quella vera, eppure eccomi qua: a quanto pare un gruppo ristrettissimo di persone vuole mettere bocca su cosa possiamo o non possiamo acquistare e dunque giocare. E ci stanno riuscendo, nel silenzio generale.È notizia di pochi giorni fa l’introduzione di nuove linee guida su Steam per la pubblicazione di videogiochi per adulti. Facendola breve, sulla piattaforma digitale di Valve sono ora vietati tutti quei prodotti che potrebbero “violare le regole e gli standard stabiliti dai sistemi di elaborazione dei pagamenti di Steam e dalle relative reti di carte e banche, o dai fornitori di reti internet”. Una definizione volutamente generica che lascia spazi di manovra enormi agli organismi esterni paragonabili a vera censura: Visa, Mastercard, PayPal e compagnia. Stiamo parlando di società private che si permettono di decidere cosa sia lecito pubblicare su una piattaforma terza.
Steam e itch.io si sono piegate al diktat
Ma perché è successo tutto questo? Visa, Mastercard, PayPal e altri circuiti di pagamento hanno subito a loro volta le pressioni di un’organizzazione non-profit australiana chiamata Collective Shout. L’obiettivo di questo ente è il contrasto all’oggettificazione e alla sessualizzazione delle donne tramite la censura sistematica di qualsiasi opera o prodotto che venga ritenuto immorale. Da chi? Ma da Collective Shout, ovviamente. Pensate che a un certo punto nella loro storia avevano anche richiesto il ritiro dal commercio del videogioco Detroit: Become Human perché – a loro dire – contiene rappresentazioni di violenza su donne e bambini.
Chiunque dotato di senno avrebbe già risposto con delle sonore pernacchie alle pretese di queste persone. Peccato che viviamo in tempi davvero cupi dove al potere abbiamo gruppi di interesse politici ed economici che vogliono ridurre sempre più le nostre libertà, per cui l’ennesima pretesa fuori dal mondo da parte di Collective Shout non è caduta nel vuoto, come sarebbe stato giusto. Qualcuno li ha presi sul serio.
Quel qualcuno sono le società che si occupano di elaborare i pagamenti, appunto. Lo scorso 11 luglio, Collective Shout ha scritto una lettera aperta firmata anche da esponenti di altri enti non-profit che gravitano nell’orbita della destra ultra conservatrice cristiana, come l’anti-LGBTQ+ e anti-abortista Exodus Cry, oppure Coalition Against Trafficking in Women, un’organizzazione internazionale vicina ad ambienti di femminismo radicale trans escludenti (TERF). La lettera è rivolta agli executive di PayPal, Mastercard, Visa, Paysafe, Discover e Japan Credit Bureau, dunque i maggiori enti mondiali attraverso cui passano praticamente tutte le transazioni virtuali (quelle lecite, ovviamente). Nella lettera viene richiesto che questi circuiti cessino immediatamente di processare i pagamenti verso le piattaforme su cui è possibile trovare videogiochi con tematiche di incesto, abusi su minori e rapporti sessuali non consensuali.
È giusto censurare un videogioco controverso come No Mercy?
Il problema, come detto più su, è che stiamo parlando di fatto di censura. Peraltro, per quanto personalmente possa provare ribrezzo nei confronti di certi videogiochi, non mi risulta che opere di questo tipo siano illegali. Senza considerare che a farne le spese non sono soltanto i videogiochi erotici, ma anche tutte quelle opere per un pubblico maggiorenne che trattano tematiche sensibili o di carattere sociale. Un esempio su tutti: Consume Me, videogioco vincitore del prestigioso Seumas McNally Grand Prize all’ultimo Independent Games Festival. Tecnicamente è un’opera NSFW perché la protagonista Jenny viene a volte raffigurata senza vestiti o in intimo, ma tale rappresentazione non ha carattere erotico, bensì serve a mettere in risalto il tema centrale del videogioco: quello dei disturbi del comportamento alimentare. Ebbene, anche Consume Me è stato oscurato.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a organizzazioni puritane, tendenzialmente con un background fortemente religioso e impegnate a osteggiare i diritti delle minoranze, che vogliono decidere cosa ognuno di noi possa o non possa fare. Ci stanno riuscendo, evidentemente perché hanno alle spalle amici potenti, e anche perché riescono a silenziare chiunque si metta contro di loro.
È ciò che è avvenuto lo scorso 19 luglio, quando su Vice è stato pubblicato l’articolo intitolato “Group Behind Steam Censorship Policies Have Powerful Allies — And Targeted Popular Games With Outlandish Claims” firmato da Ana Valens. L’articolo faceva luce su Collective Shout, mettendone in risalto i legami con la destra conservatrice anglosassone. Faceva, sì, perché l’articolo è stato immediatamente censurato su esplicita richiesta dell’editore della testata: Savage Ventures. Successivamente la stessa Valens è stata cacciata dalla redazione per aver fatto il suo lavoro di giornalista, una mossa che ha portato alle dimissioni in protesta e solidarietà di gran parte della redazione gaming, compreso il managing editor Dwayne Jenkins.
Il vero problema è che vedo pochissima gente indignarsi e protestare per quanto sta avvenendo. Forse perché non se ne sta parlando poi così tanto, tant’è che il resto del mondo tace (per paura di ripercussioni?). Fa eccezione questo articolo su un portale importante come TGM, che assieme a qualche altra sparuta testata e a singoli giornalisti (come Simone Tagliaferri) non ha mancato di coprire la vicenda. O forse perché tutto sommato i contenuti per adulti non fanno presa sul grande pubblico, anche per motivazioni di carattere sociale. Fatto sta che i contenuti NSFW non sono il punto del discorso: il punto è che degli agglomerati di potere (sociale, economico, politico) stanno mettendo in atto un processo che va piano piano a erodere le nostre libertà, non in quanto consumatori ma in quanto esseri umani.
Oggi il bersaglio sono i videogiochi NSFW. Domani?
L’argine va rinforzato adesso, al primo segno di cedimento. Domani potrebbe essere troppo tardi, perché non stiamo parlando solo di videogiochi per adulti. E chi protesterà quando il bersaglio sarete voi?