
Originariamente Scritto da
ale#12
Un attimo però.
La circolare INAIL diceva semplicemente che
non che considererà tutti i casi di COVID che colpiscono un lavoratore come malattia lavorativa.
Il decreto cura Italia si è limitato a ribadire il concetto
Tutto dipende dai criteri che i vari uffici INAIL useranno per accertare la natura lavorativa della malattia, ma in linea di massima non è che siano soliti regalare soldi (ovviamente parlo al netto di truffe e corruzione). Se l'INAIL può sostenere che non si tratti di malattia lavorativa e tenersi i soldi in tasca di solito lo fa.
In ogni caso, nè la circolare nè il decreto spostano di una virgola la questione responsabilità del datore di lavoro, che resta spinosissima, ma trova la sua giustificazione nelle norme e nei principi che ormai sono più che affermati.
Che il lavoratore sia tenuto a provare il nesso di causalità tra la malattia/infortunio e la prestazione lavorativa è abbastanza pacifico, quindi sarebbe il lavoratore a dover provare di essersi contagiato sul luogo di lavoro. D'altra parte è una prova che si può raggiungere solo per presunzioni...
Poi sono tutti piani che si sovrappongono: se il datore di lavoro non ha fornito uno straccio di mascherina e una intera squadra di operai si è ammalata di covid, per il lavoratore sarà molto più facile sostenere di essersi infettato sul luogo di lavoro piuttosto che al supermercato e, viceversa, se il datore è in grado di dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni può tranquillamente sostenere che il lavoratore si sia infettato altrove...