
Originariamente Scritto da
balmung
Dipende da cosa si intende per collasso.
Nelle realtà dove il fattore produttivo energia costituisce una percentuale contenuta del costo di produzione, l'effetto è contenuto.
Occorrerebbe procedere ad una razionalizzazione e riforma del tessuto industriale.
Se si vuole seguire un approccio liberale, bisogna lasciare tutto com'è è ed evitare assolutamente di fornire incentivi o sussidi al consumatore o al produttore, di modo che sia il mercato a trovare un nuovo equilibrio. Chiuderanno le produzioni energivore per lasciare posto ad altro.
Se si comincia a dare sussidi a destra e a manca, il rischio è di creare lo stesso danno al mercato e all'erario del bonus 110.
E di mantenere a spese della collettività realtà non più produttive, che magari erano destinate alla chiusura anche prima della crisi energetica.
L'azione pubblica più semplice potrebbe essere ridurre il gravame fiscale ricorrendo al debito (o alla patrimoniale se non vogliamo debiti) cercando poi di recuperare al termine dell'emergenza e quando il sistema ricomincia a produrre.
Se si vuole un approccio interventista, è meglio investire il denaro pubblico nella produzione casalinga di energia. Attraverso il monopolio statale che assorbe l'intera domanda e l'intera offerta e che ne può sfruttare i rendimenti di scala. Insomma l'opposto di quello che si fa dal 2000 in poi.
Quello che non si deve fare, è una mistura delle due cose. Che porterà solo altro debito e recessione.
Ma qualcosa mi dice che sarà la strada che verrà seguita
