Le notizie che arrivano dal campo e da un numero crescente di analisti economici rivelano in modo inequivocabile come siano rimasti ormai solo i propagandisti a rendere in qualche modo sostenibile la guerra criminale della Russia. Sono loro la vera "atomica" di Putin.
@Linkiesta
ha di recente pubblicato la traduzione di un lungo articolo a firma di Hans Petter Midttun, analista indipendente, esperto di Russia e guerra ibrida, il quale spiega senza mezzi termini perché Mosca il conflitto lo stia in realtà perdendo su tutti i fronti, tranne quello della narrazione occidentale.
Sul piano militare ci siamo accorti tutti subito come il mito del "secondo esercito del mondo" si infrangesse giorno dopo giorno contro l’incapacità di imporre il dominio in aria e in mare su un paese che non ha né un’aviazione né una marina. E i vantaggi ottenuti a terra (chilometri di avanzamenti in campi vuoti e villaggi in macerie) sono stati conseguiti, in termini di uomini, a costi tali che solo chi ha un profondo disprezzo per la vita umana può definirli successi.
Anche peggio va sul fronte delle armi e delle attrezzature militari, ambito nel quale l’invasore, grazie alla sorprendente resilienza e all’ingegno degli ucraini, ha dissipato la propria schiacciante superiorità di mezzi di artiglieria, passati da un rapporto di 10 a 1 ad uno di 1,5 a 1. Sempre più spesso sui campi di battaglia restano carcasse di carri armati di epoca sovietica a dimostrazione che quelli più moderni ed efficienti sono stati già in larga parte impiegati e distrutti. Gli attacchi ucraini in questi mesi, inoltre, si sono efficacemente concentrati, anche attraverso droni autoprodotti, oltre che sui depositi di carburante e su fabbriche di propellenti per i missili, anche su depositi di armi, come sui sistemi di lancio e di contraerea, preparando così la strada all’impiego ormai prossimo degli F16 occidentali.
Sul piano politico, la recente caduta di Assad è stata solo la bollinatura finale sul disastro nelle relazioni internazionali conseguente alla guerra. Una guerra che doveva portare lontana dai confini russi la NATO, confini che sono invece triplicati. Nel frattempo il presidente russo è diventato un ricercato in due terzi dei paesi del pianeta, ha distrutto le relazioni con decine di nazioni occidentali, causando un danno reputazionale alla Russia probabilmente irreversibile. Intanto un altro paese alleato, il Venezuela, è in fiamme, la vicina Armenia bussa alle porte dell’UE e i tentativi di inquinare le elezioni in parte sono falliti come in Moldova e Romania o si sono trasformati in un caos come in Georgia. Questo mentre l’amico “senza limiti” XI comincia a dire pesanti “no” alle ambizioni di Mosca di vendere al dragone tutto quello che l’Europa non compra più.
Proprio quello economico è forse l’ambito nel quale la Russia sta maggiormente soffrendo. Ai dati già noti sull’inflazione, ormai prossima ufficialmente alla doppia cifra (ma assai più alta secondo molti analisti) ed ai tassi di interesse al 21% (che potrebbero diventare del 23% già a febbraio), in un paese in cui il burro è sotto chiave e le uova sono un lusso, fa scalpore l’articolo recentemente pubblicato dall’economista Craig Kennedy, il quale ha rivelato come l’indebitamento delle imprese russe abbia subito una brusca impennata, al punto di rendere più che concreto il rischio di un collasso del sistema bancario. Spiega infatti Kennedy che una legge del febbraio 2022, che consente al governo di obbligare le banche ad erogare prestiti agevolati alle imprese che operano in ambito bellico, ha permesso di fatto di nascondere nei bilanci degli istituti di credito circa metà del budget della difesa, con il risultato di ridurre di molto l'impatto sui costi dichiarati della guerra, scaricandolo sulle banche. Queste ultime stanno pertanto al momento prestando soldi a tassi agevolatissimi ad imprese, spesso con storie creditizie complicate, che difficilmente potranno recuperare e che di fatto rende quei crediti "tossici", in quanto inesigibili. Alcuni istituti, per attutire gli effetti sui propri bilanci hanno rilasciato prestiti a tassi di mercato ad imprese sane (ora in difficoltà) ben oltre il consentito - con il placet delle autorità di sorveglianza bancaria russe -, riducendo a tal punto il proprio livello di riserve da esporsi ad una crisi di liquidità. Non sorprende quindi l'idea paventata dalla direttrice della Banca Centrale di bloccare i risparmi dei russi nei conti correnti, una mossa che scongiurerebbe il rischio di non poter far fronte nemmeno a prelevamenti ordinari e al contempo utile a ridurre la quantità di denaro circolante, una sorta di bazooka da utilizzare con la speranza di raffreddare l'inflazione seppure ad un costo disastroso per l'economia reale, già in asfissia. Una scelta, questa, che consentirebbe di rinviare di un po' il crollo del sistema, comunque inevitabile, dal momento che per ripianare i debiti contratti in soli tre anni di guerra ne serviranno molti di più di austerity e solo a patto che la Russia riesca a scrollarsi di dosso le sanzioni (quelle che secondo molti "non funzionano"), che oggi hanno fortemente ridotto le entrate per lo Stato.
Tutti questi elementi, come si diceva all'inizio, rendono del tutto insostenibile già nel medio periodo la guerra per la Russia, che non ha più il fattore tempo dalla sua parte e sulla quale il blocco commerciale e finanziario imposto dall'Occidente sta avendo conseguenze deflagranti. In un lasso di tempo ormai non più molto lungo Putin sarà costretto a fermarsi per esaurimento delle risorse umane (almeno 1.500 vittime al giorno), militari e finanziarie, perdendo ogni potere contrattuale nell'ambito di un negoziato al quale dovrà presentarsi da sconfitto.
Per Mosca l'unica speranza, menzionata anche da Midttun nel suo articolo, risiede ora nella falsa narrazione dilagante nei paesi occidentali, secondo la quale Putin questo conflitto lo starebbe vincendo e non perdendo. Sono quindi i propagandisti, gli alfieri - dichiarati e non - della guerra cognitiva scatenata dallo zar, ad alimentare questa assurda aggressione, che continua a seminare morte e distruzione, essendo loro l'ultima speranza per la cupola criminale che governa la Russia di convincere i paesi che sostengono l'Ucraina che Kyiv non ha alcuna speranza di vincere.
Spero dunque che quanto prima si sappia e ci si renda conto del fatto che i vari @marcotravaglio
, @orsiniufficiale
, @ElenaBasileIT
, @ale_dibattista
ed i loro omologhi negli altri paesi occidentali, molti dei quali si battono il petto, dicendo di volere la fine della guerra per salvare le vite dei poveri ucraini, sono ormai la principale ragione per la quale Putin continua a gettare nella fornace vite umane e denaro che non ha. Perché questi personaggi sono gli unici che, agendo per suo conto sulla nostra percezione del conflitto, al punto di spingerci ad abbandonare l'Ucraina, potrebbero trasformare il disastro russo in un costoso ma proficuo investimento.