I particolari di una storia che mi colpiscono sempre sono i rapporti umani in tutte le loro sfumature. In Persona 3 Reload, soprattutto, gli elementi narrativi con i membri della S.E.E.S sono stati migliorati, con l’aggiunta attività supplementari che danno vita a scambi e situazioni intime, capaci di offrire spaccati all’interno del dormitorio inaspettati e piacevoli.
Siamo stati abituati bene con Persona 5, d’altronde, e ancora prima con Persona 4 Golden e la sua spensieratezza narrativa. Gli elementi già dibattuti nella nostra recensione del terzo capitolo del franchise, per l’appunto, mostrano quanto lavoro sia stato fatto su di esso, con l’obiettivo di esaltare l’esperienza al suo meglio. A essere onesto, però, l’aggiunta di dialoghi inediti e momenti ulteriori sono stati commoventi: ciò va oltre una chiacchierata di fronte a un film o a una serie televisiva, alla lettura collettiva di un libro o, chissà, a una passeggiata con Koromaru prima dell’alba, magari al santuario Naganaki, un luogo che accetta doni e benedizioni per le persone con cui si sono stretti dei forti legami d’amicizia.
COLLEGARE UNA PERSONA A UN LUOGO
Aprire la mappa di Persona 3 Reload, d’altronde, è come consultare una cartina geografica per capire cosa si sta facendo e quante cose ci sono ancora da scoprire. Ora, nulla di nuovo sul fronte del game design, sia chiaro, ma è proprio vero che accade sovente di collegare un posto a una persona, o addirittura un momento. Non importa se sarà triste, bello, da incorniciare su un quadro o da dimenticare, perché tanto sarà sempre importante e non scomparirà; alla peggio, sarà stata un’esperienza. Ed è così che ho scoperto il piacere di rivedere un film con qualcuno mentre il susseguirsi degli eventi mi costringeva a vivere due realtà, diventando parte di quel mondo, capendo maggiormente cosa mi accadesse attorno, e diventandone maggiormente coinvolto.
È accaduto lo stesso in Persona 5 e in Persona 4, sotto questa luce; eppure, l’effetto che mi ha dato Persona 3 Reload, migliorato in ogni suo aspetto (questa percezione è aumentata evidentemente per il suo spessore scenografico), mi ha fatto stare bene. Già, è un articolo personale, questo qui, con tutte le derivazioni e gli sperperi di parole che qualcuno, in modo ironico, chiamerebbe “Brainstorming”. Sicuramente, ad avermi travolto è stato il modo con cui sono state narrati i rapporti, specie per il contesto creato per l’occasione, il che implica ragionare sulla versione originale e la FES, con Persona 3 Reload che si approccia con i medesimi temi e gli ammodernamenti scenografici che vedete sparse per l’articolo attraverso le immagini. Come accennavo, siamo una specie che collega automaticamente un momento e una persona e a un luogo: è qualcosa che riesce naturale; non c’è modo di controllarlo, né di trattenerlo. Viene fuori, non se ne può nulla, proprio perché non può essere che così.
Persona 3 mette in costante dubbio l’essere umano
In questo caso, e lo ammetto senza vergognarmi, ciò che viene raccontato in Persona 3 Reload è davvero, davvero importante. Ma non immaginavo che per fattori scenografici, senso di approccio e nuovi modi di narrare la storia più buia della saga, mi sarei trovato a dover fare i conti, giorni dopo la conclusione, con un altro tassello ulteriore, infame come non mai: che è una storia che parla di noi. La cupezza è un perno fondamentale del racconto e nessuno lo nasconde; n’è l’essenza più reale, altrimenti non esisterebbe il Tartaro, la sua torre, la salita. Quest’ultimo fungerebbe semplicemente da derivazione ulteriore in cui i membri S.E.E.S si trovano a fronteggiare le Ombre e tutto si limiterebbe in questo modo a una lenta sofferenza.
SCOPRIRE IL BELLO E IL BRUTTO
Poi, quando si comprende e si collega tutto quanto, mentre si entra in contatto con il dito che preme il grilletto e libera il proprio “Io” interiore, non esistono carte dei Tarocchi che tengano: si diventa una forza collettiva. È tutto portato all’estremo, esattamente come merita di stare. Si muove il cursore da una parte all’altra della mappa per selezionare un singolo luogo e, successivamente, si va. Talvolta c’è una scena d’intermezzo, ma a volte no; a volte è necessario fermarsi e parlare, mentre il tempo fugge via, con un nuovo momento che diventa l’ennesimo mattone da infilare in una pila così alta da svettare, che so, quasi fino a sfiorare le nuvole.
Come accennavo nella recensione, Persona 3 usa un colore specifico: il blu. È il colore della tristezza e della depressione nella psicologia dei colori; è differente dalla percezione del colore: in tal caso, i colori freddi come il verde e per l’appunto il blu rappresentano la confidenza e la speranza. Penso che ogni Social Link, esattamente come accade con Persona 5, rappresenti una problematica rilevante e non isolata, da approfondire e trattare. La mente, dunque, va a Bunkichi e Mitsuko, due anziani che hanno perso una persona importante, e che ora gestiscono una libreria ai margini della stazione di Iwatodai, chiamata “Bookworms”, un luogo che ho frequentato spesso. Rifletto anche sulla storia della piccola Maiko, che ha una storia triste, davvero triste, e che ti spinge a volerla aiutare in ogni modo possibile.
I colori sono importantissimi in tutta la serie Persona
In Persona 3, però, è la morte a essere alla base di tutto quanto, come lo è soprattutto la consapevolezza di quest’ultima. La consapevolezza che la morte, prima o dopo, arriva per tutti. In Persona 3, d’altronde, il messaggio reale è questo: vivere intensamente, cercare il bello nel mondo, provare ogni esperienza e, soprattutto, non dimenticare il proprio passato. Anche se è il presente, in realtà, ciò che è davvero fondamentale per andare avanti, ciò che spinge qualcuno a migliorarlo, il proprio presente, trasmettendo anche del bene ai legami creati, oltre che a sé stessi.
GODERE DI OGNI GIORNO
L’opera, però, spinge a godersi ogni secondo e minuto, dando valore ai giorni e ai momenti, così che anche le cose meno importanti diventino, inevitabilmente, impossibile da dimenticare. Ma non è oro tutto ciò brilla, però: i rapporti che accennavo poco più sopra, però, rischiano di incrinarsi completamente, a volte a causa di una risposta sbagliata. Anche se è tutto recuperabile, sia chiaro, e niente rischia di scomparire. Ecco perché è importante godere di ogni giorno, facendo il meglio, approfittando di un ramen con un amico che ha la necessità di essere ascoltato e sogna qualcuno su cui contare davvero. Persona 3 è un videogioco che trasmette empatia e palesa, di conseguenza, come qualcuno si comporterebbe realmente nel corso delle sue giornate: esistono delle priorità; nel bene come nel male, le abbiamo tutti.
Tutto è nelle mani del giocatore, infatti, supportato unicamente da ciò che pensa e crede
Vivere intensamente si tramuta in qualcosa di unico e impareggiabile, mentre l’ombra della morte è dappertutto, pronta a fare la sua comparsa in forme che nessuno immaginerebbe affatto, con una brutalità infermabile, capace di prosciugare completamente le anime altrui. Il costante tema della morte, quindi, è ciò che spinge a dare ulteriore peso ai legami che si stringono nell’architettura di gioco e nell’intera proposta narrativa. È un messaggio tanto triste quanto, tuttavia, necessario.
Necessario per chi è in difficoltà, per chi cerca una nuova speranza in quel blu o n’è completamente avvolto