Antica Libreria TGM #28: 50 Indie Games That Changed the World

L’associazione tra i volumi prodotti da Bitmap Brooks e il retrogaming viene quasi automatica e in effetti un legame tra la casa editrice britannica e ii giochi del passato c’è, sebbene mai esplicitato. Osservando il catalogo dello stesso editore (e i diversi volumi di cui abbiamo parlato su queste pagine) d’altra parte appare chiaro quale sia la linea editoriale portata avanti negli anni: come mai dunque Bitmap Books dedica un volume agli indie, focalizzandosi sulla loro recente evoluzione? La domanda è lecita, al punto che è la stessa Bitmap Books ad ammettere che questo volume possa sembrare una deviazione rispetto alla linea tracciata negli anni: eppure, come vedremo nei prossimi paragrafi, si tratta di una deviazione solo in apparenza.

FILE 028 – 50 Indie Games That Changed the World

Dove trovarlo: Bitmap Books

Il retrogaming non è necessariamente l’adorazione di qualunque ammasso di codice proveniente dal passato. All’origine della fascinazione per giochi pubblicati decenni fa c’è l’idea di sicuro oggi romanticizzata di un’altra epoca in cui lo sviluppo di videogiochi aveva una dimensione più umana e le limitazioni economiche venivano aggirate con l’ingegno. E se la si mette su questo piano, la scena indie (in alcune sue manifestazioni) è oggi ciò che più si avvicina a questo spirito. Non sono solo io a sostenerlo, ma Bitmap Books stessa, nella prefazione del volume: un parere decisamente più autorevole del mio. Il compito, decisamente arduo, di definire cosa sia un indie spetta invece a Aaron Potter, ideatore e curatore del volume, e il numero di pagine necessarie alla sua introduzione per portare a casa il risultato la dice lunga.

Oltre alla definizione, Aaron Potter inquadra anche l’arco temporale all’interno del quale sono stati selezionati i 50 rappresentanti (a cui bisogna aggiungere le menzioni d’onore) inseriti nel volume. I primi esempi di produzioni indie infatti si fanno storicamente risalire al periodo dello shareware, da cui proviene un caposaldo come Doom. Un’altra ondata di indie può essere identificata invece nella miriade di giochi più o meno piccoli, più o meno validi, che hanno proliferato sul web dal momento o in cui fu possibile eseguire applicazioni in Flash attraverso il browser.

Il compito, decisamente arduo, di definire cosa sia un indie spetta invece a Aaron Potter

Non è però nemmeno questo il periodo preso in considerazione da 50 Indie Games That Changed the World; per trovare il focus del volume bisogna portare le lancette ancora più avanti fino all’ultima e più recente rivoluzione indie, per intenderci quella celebrata da un noto documentario, esplosa agli albori delle produzioni multimilionarie con un impatto tale che le sue onde si avvertono ancora oggi, nell’epoca dei giochi da centinaia di milioni.

Come ogni selezione, anche quella di Aaron Porter e Bitmap Books è soggettiva e opinabile, ma rappresentativa di una visione personale del medium, e per questo interessante. Ad esempio il fatto che Minecraft sia relegato alle menzioni speciali è un segnale di ciò di cui a Potter interessa raccontare, più che del valore del gioco, il cui impatto sul panorama indie è stato e rimane innegabile. A ciascuno dei 50 titoli principali Potter dedica invece una lunga scheda approfondita, sei pagine di volume che ospitano approfondimenti, interviste, dietro le quinte della lavorazione e più che analizzare meccaniche o generi, nella maggior parte dei casi questi materiali offrono una panoramica sull’impatto avuto dal gioco o sul suo ruolo nella percezione dei giochi indie da parte del grande pubblico. Un po’ come il celebre podcast crime Indagini dove all’autore Stefano Nazzi interessa indagare le conseguenze sociali e mediatiche di un crimine, 50 Indie Games That Changed the World è in qualche modo a modo suo un un’indagine sull’industria, una raccolta di 50 casi in cui dei giochi sono nati e hanno avuto successo in condizioni in teoria quasi impossibili, seguendo logiche produttive diverse da quelle standard del settore.

il fatto che Minecraft sia relegato alle menzioni speciali è un segnale di ciò di cui a Potter interessa raccontare

Ma non solo: spesso gli indie sono responsabili della nascita (o della rinascita) di un un intero genere e questo elemento è sempre tenuto in altissima considerazione dagli autori del volume. E in questo senso, il solo gioco assente dal volume che probabilmente avrebbe dovuto far parte di quella lista è Depression Quest, per il ruolo avuto nel Gamergate, ma i motivi per cui non è stato preso in considerazione sono facilmente immaginabili. Eppure non riesco a non pensare che sia un peccato, perché altrove lo sguardo di Porter si è dimostrato arguto e preciso, sarebbe stato molto interessante leggere la sua sugli eventi che hanno cambiato il volto dell’industria nel nuovo millennio.

La confezione è quella sempre ottima delle produzioni Bitmap Book: un imponente volume cartonato, di oltre 450 pagine riccamente illustrate non solo da screenshot, ma anche da schizzi, appunti e altri materiali di lavorazione dei giochi trattati che arricchiscono il racconto. Non so se questa possa rappresentare una prima, piccola virata nella linea editoriale di Bitmap Books e un’apertura verso libri che trattino produzioni più recenti, ma se così fosse, sarebbe una svolta davvero interessante per quello che di fatto è il principale editore di volumi sul videogioco in lingua inglese. Sugli scaffali dell’Antica Libreria di TGM c’è sempre spazio per nuove storie.

 

 

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