Lo scorso 27 febbraio si sono festeggiati i 20 anni del franchise Pokémon, uno dei marchi più popolari e soprattutto proficui della storia dei videogiochi. Se nel 1996 i Game Boy giapponesi videro l’approdo sul mercato di Pokémon Aka (rosso) e Pokémon Midori (Verde), noi comuni “gaijin” dovemmo attendere altri tre anni prima di mettere le mani su Pokémon Rosso e Pokémon Blu, versioni potenziate e ampliate di quelle orientali. Un lancio in Occidente che costò diversi sacrifici a Nintendo, venendo percepito come una sfida non solo dall’allora presidente Hiroshi Yamauchi, che si oppose ad un suggerito re-design delle creature atto a toccare “il gusto dei giocatori americani”, ma anche da nomi altisonanti dell’industria creativa come Shigeru Miyamoto, che sul progetto investì tempo e risorse per un ammontare di oltre 50 milioni di dollari: un budget immenso per il mercato dell’epoca e per una console come il Game Boy, che stava lentamente perdendo popolarità fra i giocatori di tutto il mondo.
TUTTO UGUALE, TUTTO DIVERSO
Se oggi possiamo parlare ancora di Pokémon il merito è dopotutto proprio di Nintendo, un’azienda che credette in un progetto espressamente creato per far breccia nel mercato giapponese e che, invece, si rivelò una formula talmente vincente da stregare chiunque, dai grandi ai piccini. Oggi la media anagrafica dei giocatori di Pokémon è decisamente più alta che in passato, un cambiamento che è andato di pari passo con lo stratificarsi di meccaniche e di novità ludiche in grado di rendere ogni nuova iterazione della serie sempre più complessa e appagante, alla faccia di chi si è sempre tenuto alla larga dalle pacioccose creature di Satoshi Tajiri, bollandole come un prodotto per soli giovanissimi. Un traguardo importante quello di Taijiri-san, soprattutto se si considerano il suo autismo e la relativa difficoltà incontrata durante il percorso accademico, guarda caso sorte non molto dissimile da quella di Markus Persson, meglio conosciuto come Notch, ovvero il creatore di Minecraft, che è a sua volta affetto dalla sindrome di Asperger.
Pokémon ha avuto il merito di essere rimasto fedele alla formula originale anche a distanza di tanti anni, in un periodo di trasformazioni e precarietà autoriale che ha visto il mercato giapponese in balia di fratture e modifiche sempre più profonde; un atteggiamento conservatore che, tuttavia, è sempre andato a braccetto con l’introduzione di novità più o meno rilevanti, in grado di rimescolare le carte in gioco o, semplicemente, di rendere più appetibili i vari remake successivamente pubblicati. Senza scuotere le fondamenta espressamente ruolistiche del gioco – per quello ci sono gli spin-off – Nintendo è riuscita a mantenere altissima la popolarità delle sue creature tascabili, partite in 150 e ora arrivate a contare oltre 700 esemplari.
ROSSO, BLU E GIALLO
Fra adattamenti crossmediali, imitazioni più o meno palesi vogliose di coglierne la formula ed ibridazioni recenti come Pokken Tournament (l’avete letta la nostra anteprima?), siamo nel 2016 e Nintendo ha da poco pubblicato sullo store digitale di Nintendo 3DS i titoli Pokémon Rosso, Pokémon Blu e Pokémon Giallo, quest’ultima una versione addizionale che avvicinava la trama del gioco alle atmosfere dell’altrettanto popolarissimo adattamento animato, che ad oggi conta oltre 900 episodi da 24 minuti l’uno. Cifre da capogiro per una serie che ancora oggi ha promesso di rinnovarsi nuovamente con l’annuncio di Pokémon Sole e Pokémon Luna, previsti in uscita entro la fine dell’anno.
Il fascino delle prime sfide fra allenatori, rivali e capi palestra sembra essersi cristalizzato nella storia: tutto merito di una colonna sonora firmata dal talentuoso Junichi Masuda, che riesce a sottolineare l’azione dei combattimenti – quand’anche questi avvengano nella mente del giocatore, piuttosto che sullo statico schermo della portatile Nintendo – e la spensieratezza dell’esplorazione della regione di Kanto. Motivetti frizzanti, iconici, addirittura capaci di suscitare terrore e far nascere leggende metropolitane dalla scarsa credibilità, al pari di brani tratti da opere cinematografiche e sitcom di successo. Quella del lancio su eShop nella forma di titoli Virtual Console non è solamente una presa di posizione di chiara natura commerciale, ma anche e soprattutto una celebrazione più che necessaria per ricordare a tutti gli allenatori del mondo quali sono le loro radici, e che dietro a motori grafici sempre più prestanti, frame-per-second e shader, batte ancora forte il cuore di un titolo 8 bit, capace di reggersi in piedi anche sottraendogli tutto ciò che di superfluo gli rimane. Le uniche novità apportate a questi porting sono molto pratiche e riguardano solamente la sostituzione della multiplayer via cavo con una più moderna possibilità di comunicazione wireless. Inoltre, è notizia di qualche ora fa che Blu, Rosso e Giallo potranno comunicare con Sole e Luna attraverso la Banca Pokémon, l’App scaricabile su Nintendo 3DS che permette la comunicazione fra i diversi titoli pubblicati sull’ultima console portatile della casa di Kyoto. Ragionevolmente, le modifiche apportate si fermano ad aspetti legati a garantire la comunicazione fra giocatori, punto chiave attorno al quale l’intera serie ha sempre voluto evolversi; l’esperienza originale, invece, è stata fedelmente preservata, così da permette a chiunque lo deciderà di scoprire come tutto iniziò, o per chi, come me, vorrà rivivere la sensazione di libertà garantita da un’avventura che fece i suoi primi vagiti 20 anni fa, e che continua a strillare con voce potente ancora oggi. Tanti auguri, Pokémon!