Non manca molto al lancio di PlayStation VR, la prima periferica di Realtà Virtuale espressamente pensata per una console, nello specifico PlayStation 4, che raggiungerà i negozi il prossimo 13 ottobre e che potremo fare nostra in cambio di 399 euro o giù di lì. Per spiegare bene cosa sia PlayStation VR, Sony ha allestito uno showroom a Milano chiamato PlayStation Dome, al quale sono stato invitato e dove ho speso un mezzo pomeriggio abbondante, balzando come il miglior Chobin da una postazione all’altra e provando una buona parte dei titoli che saranno presenti al lancio, oltre a qualche altro videogioco che vedrà la luce nei prossimi mesi. Non era la mia prima volta con PlayStation VR, visto che tra E3 e fiere assortite avevo già avuto modo di indossare il caschetto di Sony, anche se in situazioni di fretta e delirio disorganizzato. L’atmosfera pacata e rilassata del PlayStation Dome mi ha quindi permesso di affrontare l’argomento con la dovuta calma: mi sono fatto finalmente un’idea precisa di come funzioni la periferica e, soprattutto, del perché – a mio modesto avviso – dovrebbe rappresentare un acquisto da ponderare seriamente se siete in possesso di una PlayStation 4 e avete voglia di entrare nel novero dei pionieri di un modo di videogiocare che, nei prossimi anni, potrebbe ergersi a definitivo pilastro.
MENO PEFROMANTE, MA FUNZIONA
La prima cosa da dire, mettendo le mani avanti, è che PlayStation VR paga pegno se paragonato a Oculus Rift e HTC Vive, le due periferiche già presenti sul mercato da qualche mese e che sfruttano tutta la potenza che può mettere in campo un PC bello pompato. A livello di risoluzione e qualità visiva non c’è paragone, e d’altronde non poteva essere altrimenti se consideriamo la differenza di prezzo, con una forbice che viaggia tra le due (Oculus Rift) e le due volte e mezzo (HTC Vive) il costo base di PlayStation VR. Indossare il caschetto di Sony ci riporta di primo acchito indietro di una manciata d’anni, con scalettature visibili in tutti i giochi che ho provato, pesantemente ammorbidite da un buon uso dell’antialiasing solo all’interno di una spettacolare demo tecnica, laddove tutto quello che si vede è tuttavia pre-calcolato e non può essere usato come metro di paragone.
Una volta fatto l’occhio alla risoluzione inferiore il cervello “isola” il problema e ci si lascia felicemente trasportare dalla sola componente ludica
I GIOCHI CHE HO PROVATO
Come detto, al PlayStation Dome erano presenti diverse postazioni. Io, come la più brava delle apine operose, sono balzato di fiore in fiore, suggendo nettare un po’ ovunque; vorrei tuttavia soffermare il mio pensiero su tre titoli in particolare, ovvero Untin Dawn: Rush of Blood, Resident Evil 7 e DriveClub VR.
Partiamo dal primo, che è uno spin-off dell’avventura uscita ormai più di un anno fa e che a me era piaciuta non poco. Il dimostrativo mette il giocatore sul carrello di una giostra horror a binari: due PlayStation Move (uno per ogni mano) simulano la presenza di due piccoli fucili a canne mozze, armi che devono essere utilizzate per fare strage di schifezze assortite in una struttura da rail shooter che più classica non si può. Non chiedetemi perché, ma mi sono divertito come un matto e, nonostante fossi psicologicamente pronto, mi sono fatto sorprendere da almeno un paio di “scary jump”, nei quali non sarei certo caduto se non avessi indossato PlayStation VR.
La facilità di utilizzo, il costo nettamente inferiore e la forte sensazione che sarà adeguatamente supportato sono tre elementi determinanti per il successo di PS VR
Semmai, se c’è da sollevare un dubbio sensato, questo va espresso nei confronti di DriveClub VR. Chi mi conosce sa benissimo come io abbia considerato fin dalla sua pubblicazione il gioco di Evolution Studios come il vero erede della serie Project Gotham, tanto che il voto che “staccai” su altri lidi resiste indomito come il secondo più alto al mondo. Se da un lato sono felice che il tempo mi abbia dato ragione (molti di quelli che lo denigravano considerano oggi DriveClub uno dei migliori titoli di corse della generazione, scalzato proprio da poco da quel capolavoro di Forza Horizon 3), dall’altro va riconosciuto come la bassa risoluzione di PlayStation VR impatti in maniera determinante sul gameplay, diversamente da quanto accade in tutti gli altri giochi che ho provato, laddove il problema restava confinato a una mera faccenda estetica. L’occhio, in un titolo di corse, è perennemente fisso all’orizzonte, ancor più in DriveClub, dove la reattività è importante ed è necessario pianificare per tempo le traiettorie: per farlo, però, serve che l’attenzione sia focalizzata su quanto accade diversi metri avanti; un fatto, questo, che fa un po’ a pugni con le limitazioni tecniche di PlayStation VR, tanto che dopo un quarto d’ora mi sono alzato dalla postazione con un filo di nausea in corpo, dovuta principalmente al senso di sballottolamento causato dalla non perfetta percezione delle curve fino a quando non ci si trova a pochi metri dal loro ingresso.
E QUINDI?
Perplessità espresse a parte, se dovessi mettere cinque penny su uno dei due piatti della bilancia, beh… li poserei su quella che ospita la parola “sì”. Se prima di essere ospite di Sony al PlayStation Dome ero in serio dubbio sull’acquisto di PlayStation VR (avendo saltato a piè pari Oculus Rift e HTC Vive per questioni di budget e scarsità di software per me interessante), ora sto seriamente pensando di portarmene uno a casa. Certo, indossare uno dei caschetti concorrenti è una gran figata, a patto di avere un PC sufficientemente nerboruto, ma la facilità di utilizzo di PlayStation VR, il costo nettamente inferiore e la forte sensazione che sarà adeguatamente supportato sono tre elementi che si stanno rivelando determinanti nella mia scelta. Tra l’altro, tra le tre periferiche, PlayStation VR è l’unica che sono riuscito a indossare per due ore di fila senza che gli occhiali mi scavassero un solco in mezzo al naso: sembra una stupidaggine, ma ho il sospetto che tra voi ci siano parecchi che si stanno ponendo questo problema meccanico.