La demo di PaRappa The Rapper in versione originale (sulla prima, gloriosissima quanto plasticosissima PlayStation) è stata, insieme a quelle di ESPN Extreme Games e Tekken, quella decisamente più usurata dal me undicenne, tanto da poter rappare serenamente la canzone di Chop Chop Master Onion, unico stage presente nella versione di prova, anche senza guardare i tasti da premere. Piccoli traguardi che generavano hype e che mi fecero desiderare così tanto le mirabolanti imprese del cane antropomorfo con più groove della storia a tal punto da non riuscire a descrivervi a parole la scimmia che mi prese. Certo, il fatto che il gioco durasse un pomeriggio tarpò un po’ le ali al primo entusiasmo, ma ricordo ancora PaRappa come un grande idolo dell’inizio dell’epoca teen. È proprio con questo spirito che Sony ha deciso di rimasterizzare l’opera di Masaya Matsuura, per quella che è chiaramente un’operazione nostalgia, peraltro neanche troppo originale, visto che riprende grossomodo l’edizione celebrativa del primo decennio pubblicata nel 2006 su PSP.
I GOTTA BELIEVE
Per i più giovani (o per chi al mondo delle console si fosse avvicinato solo recentemente), riassumo cos’è PaRappa the Rapper: è il titolo che dà il via alla stagione dei rhythm game, quei giochi in cui premi i tasti a tempo di musica per riprodurre una melodia o, in questo caso, rappare con il giusto flow. Si tratta di un’evoluzione del vecchio Simon mischiata alla musica, un concept semplice che sul finire degli anni 90 diventò una vera e propria moda da sala giochi prima (con la serie Bemani di Konami), e a casa poi, con l’arrivo tanto di periferiche più o meno folli fino alla stabilizzazione e successiva saturazione del mercato con la formula proposta da Guitar Hero e Rock Band.
PaRappa era il Tabboz dai buoni sentimenti per i giovanissimi di quegli anni
In termini ludici, ogni momento di crescita è rappresentato da uno stage, dove si va dall’imparare il kung fu al cucinare una torta per Sunny, passando per il momento “fattanza” reggae, il tutto seguendo il (folle) mentore di turno che adotta il rap come metodo di insegnamento. Da bravi studenti c’è da seguire per bene le lezioni, ripetendo le strofe a tempo di musica e concedendosi magari un po’ di freestyle, così da conquistare il grado “cool” e sbloccare i vari bonus. Basta premere il tasto al momento giusto e via, semplice semplice. Più o meno. Sì, perché per quanto le canzoni siano tutte orecchiabili e ben distinte dal punto di vista musicale, la difficoltà del gioco non è esattamente banale, e per quanto mai punitiva, richiede un po’ di senso del ritmo, memoria e concentrazione per uscire baldanzosi e vittoriosi dai livelli avanzati. Nulla di complicatissimo, eh, soprattutto se siete abituati ai rhythm game, ma anche finendo l’avventura principale in un pomeriggio, ottenere “Cool” in tutte le canzoni è un altro paio di maniche.
KICK, PUNCH, IT’S ALL IN THE MIND
Se, dunque, il succo del gioco è sempre lo stesso, e, personalmente, ha continuato a divertirmi anche dopo 20 anni e 10 dall’ultima volta che l’avevo giocato, mi chiedo quanto abbia senso ora proporre PaRappa the Rapper, o quale sia il valore aggiunto di questa remastered. Tecnicamente, infatti, l’operazione svolta da Japan Studio non è stata proprio di quelle più ispirate: se è vero che l’uspcaling 4K per le sequenze di gioco è ben fatto grazie alla ripresa dello stile grafico originale, rinfrescato da rinnovate cromie accese e belle piene, è un po’ triste riguardare gli stessi filmati di 20 anni fa incastrati in una cornice per evitare il blur e la perdita di definizione. Poteva andare bene per la versione PSP, ma dopo 10 anni la vecchiaia dei FMV di PlayStation un po’ si vede. Certo, non è PaRappa the Rapper HD, e filologicamente siamo anche nel campo di un’operazione svolta per salvaguardare l’originale, ma trasformare anche le cut scene in sequenze animate 4K avrebbe davvero dato un senso di contemporaneità e organicità alla rimasterizzazione, e offerto qualcosa di nuovo a chi magari ha già giocato il titolo originale e la versione PSP.
L’altra cosa terribile, a mio avviso, è l’interfaccia di gioco, che già non era un granché all’epoca e che, nel 2017, non ha francamente nessun senso di esistere. Meglio, invece, è andata al comparto audio, che beneficia di una pulizia del suono decisamente migliore: certo, a volte stride un po’ con il campionamento a tratti grezzo delle linee vocali del buon PaRappa, ma tutto sommato fa sembrare le musiche meno vecchie di quanto non siano.
Ciò che manca a PaRappa The Rapper Remastered è un processo di attualizzazione vero e proprio
Come nella versione PSP ci sono anche qui gli arrangiamenti bonus, che aggiungono un po’ di varietà nel momento in cui si vuole raggiungere il “Cool” in tutti i livelli e giocare per massimizzare i record. A mio avviso, ciò che manca a PaRappa The Rapper Remastered è un processo di attualizzazione vero e proprio, qualcosa che ne valorizzi il contenuto con una forma adeguata alla piattaforma su cui è stato pigramente portato. Così è solo un’operazione nostalgia, che da sola – per quanto fedele – a mio avviso non può vendere una seconda edizione di un gioco, figuriamoci una terza, soprattutto quando a disposizione ci sarebbero stati i contenuti originariamente tagliati dall’edizione PSP. Questa considerazione è ancora più valida se penso che, a distanza di 20 anni dall’originale, c’è un pubblico vasto che non ha mai provato PaRappa the Rapper.
Cosa aspettarsi, dunque se si è scevri da ogni esperienza passata? Un rhythm game basico, divertente nella sua semplicità e dalla sfida interessante sulla breve distanza, impreziosito da canzoni dai testi buffi e catchy (tradotti, come allora, malino nei sottotitoli), scenette divertenti, ma soprattutto da un look e da un feeling totalmente 90s. Io sono clamorosamente di parte e quelle atmosfere mi mettono di buon umore, portando alla memoria diverse cose: passare nuovamente un paio di giorni in compagnia del simpatico cane antropomorfo è stato per me un viaggio piacevole, nonostante la pigrizia con cui PaRappa The Rapper è arrivato su PS4. Senza il bagaglio del passato, però, probabilmente la manciata di ore passata a rappare di kung fu non so quanto possa spingere a conquistare tutti i “cool” per godersi le sequenze di assolo bonus e, di fatto, completare davvero l’avventura. Resta un gioco divertente, ma forse da un’edizione celebrativa venduta a 14,99 € ci si poteva aspettare di più.
La remastered di Parappa The Rapper è un’operazione nostalgia tutto sommato piacevole e divertente, in particolar modo se avete partecipato all’epoca della prima PlayStation e non avete nessun altro modo per rivivere quei tempi. Anche a distanza di anni, infatti, rappare con una cipolla che fa kung fu e una gallina che sfrutta le sue uova (ehm…) per cucinare una torta ha il suo perché. Ciò che manca all’opera di adattamento svolta da Japan Studio, però, è un reale senso di ammodernamento per celebrare davvero la gloria degli anni 90 e rendere digeribili i tratti più spigolosi e peggio invecchiati della produzione. Paradossalmente, è proprio il restauro compiuto solo a metà a far risaltare in negativo alcuni elementi come l’orribile interfaccia e la cornice per mascherare i video. Infine, le reali potenzialità sono tarpate dalla mancanza di qualche incentivo reale a investire tempo e soldi in un prodotto che concettualmente, pur nella sua purezza e semplicità, è stato superato in diversi modi. La reincarnazione digitale del cane antropomorfo paninaro ha, dunque, il valore di una cassetta trovata in fondo a un cassetto: per qualcuno potrebbe essere un vero tesoro (nonostante il suono un po’ gracchiante), mentre per altri un’inutile cianfrusaglia da buttare.