Nei giorni scorsi è stato pubblicato un rapporto sui cheater e su come influenzino negativamente l’esperienza multiplayer dei giocatori. Lo studio è stato commissionato da Irdeto, la società che possiede Denuvo (il più utilizzato – e contestato – software anti-pirateria in circolazione), e tanto basta a rendere scientificamente prossimo allo zero il valore del rapporto in questione (che qui trovate in versione completa).
Uno studio sulla piaga dei cheater curato da chi vende soluzioni anti-cheat è scientificamente abbastanza inutile
Si legge, per esempio, che il 60% dei quasi diecimila giocatori intervistati (in sei diversi paesi, Cina, Germania, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Regno Unito) considera la sua
esperienza in multiplayer rovinata dai cheater, che questo porta a una minore propensione all’acquisto di contenuto in-game, e che potrebbe addirittura valutare di smettere di giocare al titolo in questione se il problema dei cheater dovesse persistere. Un problema oltretutto “
in costante crescita“, come dichiara in totale assenza di qualsiasi conflitto di interesse, e con la massima serietà possibile Reinhard Blaukovitsch, Managing Director di Denuvo, “
che riguarda i giocatori di tutto il mondo, e che pone una sfida impegnativa ai publisher“.

Insomma, più che ai gamer, il rapporto-spot è chiaramente indirizzato ai publisher, cui viene detto (in maniera neppure troppo sottile) di utilizzare le soluzioni anti-cheat di Denuvo, se non vogliono rischiare di perdere il prezioso denaro investito nei propri titoli. E vabbè.
Mi chiedo sempre cosa spinga la gente a barare online
Ciò detto, al di là dell’elevato valore auto-promozionale dello studio, ci sono comunque un paio di domande su cui ci si può trastullare in questo inizio di settimana. La prima è cosa possa portare la gente a voler barare online, con altre persone. Me lo chiedo sempre, ma non perché non conosca la – ovvia – risposta, quanto perché continuo a non considerarla accettabile.
OK la competizione, OK la voglia di arrivare primi, ma davvero per farlo si è disposti a rovinare l’esperienza ad altre persone? In passato non mi sono mai fatto problemi a barare per conto mio (
VALSSPELER e
motherfuckenkiwibastards per sempre nei nostri cuori), e persino ad avventurarmi nell’oscuro mondo dei trainer per avere crediti e/o vite infinite, ma mai e poi mai mi sarei sognato di farlo “in pubblico”, dove mi limito a prendere atto della mia incapacità, e tristemente suco.

Infine, leggendo il rapporto, mi incuriosisce la metodica di raccolta dei dati, che non è spiegata molto chiaramente. Nel senso: sarei interessato a capire come sia possibile – oggettivamente – per una persona poter dire di trovarsi di fronte a un cheater, al di là di alcune situazioni abbastanza palesi come i wall hack, e se questo sia stato considerato nel porre le domande agli intervistati.
In Corea i cheater sono più del doppio che nel Regno Unito
Il rapporto di Irdeto si basa molto sugli effetti che il cheating ha sull’esperienza di gioco e sul valore del prodotto, e c’è persino una parte del documento che riporta una – prevedibile – correlazione tra quanti dicono di aver visto rovinate le proprie esperienze e quanti ammettono di barare. I numeri dicono che la percentuale di cheater si aggira attorno al 50% in Corea, contro il 17% nel Regno Unito e il 25% in Germania, il che sembrerebbe rendere la questione più grave in Oriente che dalle nostre parti, ma da inetto quale sono, la domanda la faccio lo stesso:
vi siete mai trovati davanti a gente molto più brava. per poi raccontarvi che “dai, stanno barando per forza, non possono essere così bravi, è per quello che perdo così male”?