Il 28 settembre del 1999 veniva pubblicato Homeworld: l’RTS che lanciò immediatamente Relic Entertainment tra i migliori autori di videogiochi di strategia.
Avevo appena undici anni. Già videogiocavo da tempo e gli strategici in tempo reale erano tra i miei passatempi preferiti, anche perché a quei tempi assistemmo a un vero e proprio boom di un genere che stava segnando per sempre la storia dei videogiochi per PC. Erano gli anni di Age of Empires, di Starcraft, di Command & Conquer, e di due titoli molto meno conosciuti che però avranno sempre un posticino speciale nel mio cuore: Dark Reign: The Future of War e Myth: The Fallen Lords. Il Daniele di ventidue anni fa, però, ancora non conosceva la saga di Homeworld. All’epoca le informazioni sui videogiochi viaggiavano solamente sulle riviste e, sebbene ogni tanto capitasse che qualche numero di TGM finisse tra le mie mani, diventai un assiduo lettore solamente qualche tempo più tardi. Ecco perché scoprii lo strategico di Relic Entertainment più avanti, poco prima che uscisse il suo sequel, quando un amico mi prestò il suo disco. Inutile dire che questo RTS mi rapì immediatamente, merito non soltanto dell’ambientazione fantascientifica (ero appena entrato nella fase Star Trek della mia adolescenza), ma anche di una struttura di gioco molto diversa rispetto agli altri esponenti dello stesso genere.
ESODO
Mentre la stragrande maggioranza degli RTS dell’epoca poggia su una formula ai tempi abbastanza rodata, fatta di raccolta di risorse, di edifici da costruire e di unità da ammassare prima di sferrare l’attacco ai danni del quartier generale nemico, Homeworld elimina del tutto la parte dedicata alla gestione della base. C’è sempre un QG da difendere, ma questo è una singola nave madre capace di muoversi molto lentamente (solo nelle partite multiplayer). D’altronde le schermaglie si svolgono nello spazio profondo, non avrebbe avuto senso introdurre anche meccaniche di “base management”.
Tuttavia, ciò che mi ha davvero affascinato di quel gioco è l’enorme profondità tattica offerta dai combattimenti in tre dimensioni dove le unità si muovono in sei gradi di libertà, potendosi spostare anche verso l’alto e verso il basso, proprio come se fossero davvero nello spazio.
Homeworld elimina del tutto la parte dedicata alla gestione della base
Eppure Homeworld avrebbe continuato a vivere, molti anni più tardi, prima con una raccolta rimasterizzata prodotta da Gearbox, e successivamente con un vero e proprio capitolo inedito. In realtà Deserts of Kharak di Blackbird Interactive, studio fondato da alcuni esuli di Relic, non avrebbe dovuto essere un titolo appartenente alla saga di Homeworld. Il videogioco avrebbe dovuto chiamarsi Hardware: Shipbreakers, ma è solo in seguito all’acquisizione dei diritti sul franchise di Homeworld che il progetto cambiò nome per inserirsi all’interno della serie come un vero e proprio prequel ufficiale.
HOMEWORLD E LA SUA STORIA
Un prequel che faceva leva sullo straordinario tessuto narrativo della saga. Sì perché Homeworld non è soltanto una serie strategici in tempo reale dal gameplay raffinato e innovativo, ma è anche un franchise con una storia appassionante che si ripercuote sul gameplay, e viceversa.
Nell’RTS di Relic Entertainment ci ritroviamo a guidare un popolo, i Kushan, un tempo a capo di un enorme impero galattico ma ora relegato nell’arido pianeta desertico di Kharak. Dopo il rinvenimento di una nave spaziale e la conseguenza organizzazione di un esodo planetario verso il verdeggiante Hiigara, i Kushan si trovano presto tra l’incudine e il martello. Da una parte l’impossibilità di ritornare su Kharak, nel frattempo distrutto dal brutale impero Taiidan, dall’altra un viaggio quasi impossibile verso una nuova casa per i superstiti del genocidio portato avanti dai nemici imperiali.
è un titolo che punta su un’atmosfera opprimente
Il fascino di Homeworld, ancora attualissimo grazie anche all’ottima remaster, sta proprio qui. In una trama sfaccettata che non serve come mero pretesto su cui imbastire un gameplay comunque innovativo, nonché nell’estetica futuristica ma dalle linee pulite, e in una colonna sonora grandiosa dalle sonorità mediorientali che avvolge e accompagna il giocatore nelle atmosfere cupe e disperate di uno strategico in tempo reale straordinario.