Lungo gli anni ho cambiato parecchio le mie abitudini videoludiche. In alcuni casi ho “voluto” mutarle, nel senso che le novità prospettate mi allettavano; in altri ho “dovuto”, di fronte a cambiamenti impossibili da ignorare per rilevanza giornalistica o semplice cultura del videogioco. Molte delle questioni relative alla fruizione online rientrano in quest’ultima categoria, pur essendomi entrate pian piano sotto pelle: ho iniziato a giocare in multiplayer piuttosto tardi (almeno, relativamente alla mia età) con Quake III Arena e Unreal Tournament, e da sempre tendo a preferire le esperienze che si concentrano sulla loro identità principale senza disperdere le energie, a meno di non avere realmente le forze e l’ispirazione per farlo.
Sembra che le belle storie abbiano recuperato il loro luogo naturale, tornando indipendenti
È importante tirar fuori dal mazzo dei cattivi chi non se lo merita
In tanti altri casi, appunto, trovo sempre più difficile appassionarmi a un titolone seriale, e anche le nuove IP, oltre a essere poche, si appoggiano spesso a un elaborato tratteggio sullo sfondo, piuttosto che al reale sviluppo di personaggi e intreccio. Almeno personalmente, non posso dire di aver trovato troppo interessante il racconto di The Division, che pure era partito da buoni presupposti, e quando recensisco un Call of Duty a caso devo per forza mettermi nell’animo di chi ama i techno-thriller ripetuti all’infinito, senza provare (con la sola eccezione di Black Ops II, dai tempi di Modern Warfare 2) la benché minima sensazione di coinvolgimento emotivo. Spec Ops: The Line e Metro 2033 sono forse gli ultimi shooter “mainstream” che mi hanno lasciato narrativamente a bocca aperta, e tuttavia in entrambi i casi non si può certo dire che gli sviluppatori fossero blasonati o coperti d’oro, né tanto meno i rampolli di qualche grande publisher. Metteteci anche la delusione recente di Mirror’s Edge Catalyst e saprete perché, proprio in questi giorni, Deus Ex Mankind Divided è quasi diventato un faro nella nebbia (ve ne ho parlato qui), non per questioni di genere ma perché spero – e così mi è sembrato – di poter nuovamente giocare un titolo produttivamente ricco ma meno scontato a livello di storia.
Un numero di sviluppatori immensamente superiore al passato è tornato a comportarsi come negli anni 80 e 90
È tutta un’altra storia, invece, se guardo ai giochi (molto) meno facoltosi che negli ultimi anni mi hanno lasciato qualcosa d’importante, che mi hanno fatto alzare dalla sedia impressionato, sconvolto e comunque ancora immerso fino al collo nel racconto. SOMA, The Swapper, Everybody is Gone to the Rapture, Hotline Miami (1 e 2), Firewatch, Hyper Light Drifter, INSIDE e tanti altri sono figli di un nuovo periodo d’oro per i videogiochi, nel quale un numero di sviluppatori immensamente superiore al passato è tornato a comportarsi come negli anni 80 e 90, talvolta partendo dalla propria cameretta o dal proprio alloggio universitario. Personalmente, però, avendo una particolare preferenza per gli ARPG e, allo stesso tempo, per i più aggiornati impianti visivi, sento ancora il bisogno di giochi di ruolo che siano davvero tali senza sacrificare la prestanza tecnica – dunque con un mare di persone a monte – e non mi rassegno al fatto che sia rimasta solo CD Projekt a darmi retta, proponendo per prima cosa una bella e articolata storia da raccontare. Chiaramente alle eccezioni di cui sopra va aggiunta la pura psicanalisi del dolore dei Souls diretti da Miyazaki (dove il multiplayer c’è, ma risponde a pazzeschi criteri di coerenza narrativa), mentre qualcun altro – come BioWare – dovrebbe tornare a fare il proprio mestiere non per rimanere a galla ma per stupire nuovamente, tratteggiando un nuovo e impressionante universo. Mass Effect Andromeda è ancora relativamente lontano, ma non è mai troppo presto per iniziare a sperare.
Io invece una volta ho scritto "narrazione" e "Andromeda" nello stesso post, e il pc è direttamente esploso.