Nonostante il lungo periodo di sviluppo
Kingdom Come: Deliverance ha continuato a rassicurarci sul mantenimento dei suoi ambiziosi propositi, alle fiere come nella versioni work in progress provate nei mesi e poi negli anni (disponibili quasi immediatamente ai backer del progetto). La versione che abbiamo giocato a Los Angeles corrisponde a uno stato ormai molto avanzato e continua a risultare efficacemente complessa nella semplice sopravvivenza e nel combattimento (che non è, però, l’unico modo per arrivare ai risultati),
valicando agevolmente le soglie della simulazione: dai dialoghi multipli all’articolata implementazione della scherma medievale, fino alla miriade di fattori che condizionano PNG ed eventi della trama,
l’impressione è di un’esperienza RPG quasi senza compromessi, lontana dal fantasy e comunque prossima, per usare gli esempi della chiacchierata con il community manager, a una sorta di mix tra
Mafia e
Operation Flashpoint, precedenti e famosissime opere di Daniel Vàvra, oggi CEO di Warhorse Studio, rispettivamente per l’importanza del racconto e l’articolazione di un gameplay dalle velleità simulative. A Los Angeles abbiamo visto
Deliverance sia io che Davide Mancini, ed entrambi ne siamo usciti positivamente impressionati anche per gli aspetti estetici, soprattutto per le iperrealistiche ambientazioni (il motore, peraltro, è il
CryEngine). Il gioco uscirà su
PC,
PS4 e
Xbox One il
13 febbraio 2018.