Six Days in Fallujah Command and Control

Six Days in Fallujah

PC PS5 Xbox Series X

Six Days in Fallujah: Command & Control – Provato

È passato un anno e mezzo dall’ultima volta che abbiamo parlato di Six Days in Fallujah. Il recente aggiornamento Comando e Controllo, uscito in coincidenza con il ventesimo anniversario della seconda battaglia di Fallujah, ci offre un’occasione di vedere com’è progredito nel frattempo.

Sviluppatore / Publisher: Highwire Games / Victura Prezzo: 38,99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Online Cooperativo PEGI: ND Disponibile Su: PC (Steam); prossimamente su PS5, Xbox Series X|S Data di lancio: Già disponibile (Steam, Accesso Anticipato)

Nel mio primo pezzo su Six Days in Fallujah spendevo una buona parte dello spazio a parlare del contesto storico in cui era ambientato il gioco, cioè – giuro che stavolta faccio solo un riassunto – quello della seconda battaglia di Fallujah, che prese il via nei primi giorni del novembre 2004 nel contesto della seconda guerra in Iraq. Obiettivo di questa offensiva, che coinvolse principalmente truppe americane, irachene e inglesi, era quello di liberare la città dalle forze del gruppo terroristico Al-Qaeda in Iraq, e scovare il suo capo, Abu Musab al-Zarqawi.

Nei mesi precedenti, l’abitato era stato trasformato in una vera e propria fortezza dagli insorti, e l’unico modo di conquistarla era una dura battaglia casa per casa. E il gioco di Highwire Games e Victura vuole proprio cercare di offrire un’immagine fedele di cosa voglia dire trovarsi nei panni di quei soldati americani che in quei giorni si trovarono in prima linea.

CI SI RIVEDE, SIX DAYS IN FALLUJAH

Per raggiungere questo scopo, Six Days in Fallujah alterna spezzoni narrativi, che presentano la linea temporale del conflitto e degli eventi, con interviste a chi quei combattimenti li visse in prima persona: militari, certo, ma anche interpreti e giornalisti iracheni. Un modo a mio avviso efficace di far capire che quelle guerre fittizie che così spesso siamo abituati a vedere sui nostri schermi e alle quali, da giocatori, prendiamo parte in prima persona, non solo esistono nel mondo reale (e questo do per scontato lo sapessero tutti, dai) ma finiscono per avere un impatto non indifferente su chi ci prende parte anche a distanza di decenni. Da questo punto di vista, lo stile narrativo del gioco si avvicina a quello di altri documentari sulla battaglia e sulla guerra in Iraq che ho visto – consiglio, per esempio, il recente Shadows of Fallujah – e dunque mi fa piacere constatare come non ci sia nessuna glorificazione di quanto accaduto, ma piuttosto una fedele rappresentazione di quanto accaduto.

LA RAPPRESENTAZIONE DEL CONFLITTO OFFRE UN QUADRO CONVINCENTE

Certo, è pur sempre una rappresentazione del punto di vista americano: e non può farmi a meno di tornare in mente quello spezzone del comico scozzese Frankie Boyle, che nel 2016 diceva più o meno “non solo l’America verrà nella tua nazione ad ammazzare la tua gente, ma la cosa peggiore è che venti anni dopo torneranno per fare un film su come ammazzare la tua gente ha reso tristi i loro soldati”. È un sentimento che in parte condivido, ma allo stesso tempo capisco che non è sempre possibile fare tutto e credo nell’importanza anche di messaggi come questi per neutralizzare una propaganda bellicista che spesso romanticizza la guerra. E qui penso che Six Days of Fallujah faccia un buon lavoro.

Six Days in Fallujah Command and Control

Eccolo là, l’obiettivo. Come potete immaginare, correre in mezzo alla piazza non è una buona idea.

Il gioco però non è solo documentari e interviste, ma anche, appunto, gioco. Un anno e mezzo fa Six Days in Fallujah presentava una serie di missioni con obiettivi fissi ma ambienti proceduralmente generati, realisticamente affrontabili solo in compagnia di altri giocatori. Il recente aggiornamento Comando e Controllo ha arricchito sostanzialmente l’Accesso Anticipato, implementando la prima parte della campagna (con due missioni; da lì in poi si lascia il posto a quelle procedurali) e soprattutto i compagni di squadra controllati dall’intelligenza artificiale. A questi è possibile dare alcuni ordini piuttosto rudimentali ma non per questo meno utili, e rendere finalmente affrontabili anche da soli le missioni (non che odi giocare in compagnia, ma insomma, non è sempre facile avere altre tre persone da reclutare e giocare con sconosciuti è sempre un tiro di dado).

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CONTINUA AD ESSERE IL PUNTO PIÙ DEBOLE DEL GIOCO

Purtroppo, quella ruvidezza che si percepiva all’ingresso del gioco in Accesso Anticipato non sembra essersi del tutto smussata. Visivamente il gioco è buono ma non straordinario, ma quello glielo si può perdonare facilmente. Il problema vero però sta nell’IA, che continua ad essere (e sono generoso) mediocre. Capiterà spesso di vedere miliziani girare a caso, completamente allo scoperto, talvolta senza nemmeno rendersi conto che siamo lì a due passi da loro; anche la loro precisione è molto discutibile, visto che più volte mi è capitato di trovarmi di fronte miliziani che hanno colpito tutto tranne me. Di contro, a volte si scopriranno dei veri terminator, in grado di individuarci da decine di metri di distanza e di sterminare il nostro team senza nessuna pietà.

Six Days in Fallujah Command and Control

Niente HUD magica che ci aggiorna sul numero di proiettili nel caricatore: dovremo controllare a mano. O contare i colpi!

E l’IA dei nostri compagni non è certo migliore. Per carità, la loro presenza è indubbiamente utile, ma mi è capitato più volte che passassero davanti alla mia linea di tiro, che entrassero dove mi trovavo io da una porta chiusa e senza annunciarsi, o che mi lasciassero a terra a morire dissanguato. Addirittura una volta stavo lanciando una granata dentro una finestra, quando uno di loro mi ha urtato, facendo finire la granata sullo stipite della finestra e nel ben mezzo del nostro team. Non benissimo!

BENE, MA C’È ANCORA DA FARE

Ed è un peccato perché a livello di atmosfera credo che Six Days in Fallujah faccia davvero un buon lavoro. Molte missioni hanno un obiettivo specifico, ma camminare dritti verso di esso è il modo migliore per farsi sparare addosso da tutte le direzioni: tocca allora procedere cautamente, sfruttando la copertura, entrare nelle abitazioni, liberarle dai miliziani stanza per stanza, e solo poi passare all’obiettivo principale.

QUELLO DI SIX DAYS IN FALLUJAH È UN GAMEPLAY LENTO E METODICO, STANZA DOPO STANZA

È un processo lento e metodico e che può anche finire male ogni volta che si apre una porta, ma dopotutto è esattamente così che dovrebbe andare; e comunque Six Days of Fallujah fa concessioni al gameplay, dandoci la possibilità di recuperare la piena operatività in caso di ferite non troppo gravi. Ma anche con queste concessioni la tensione di passare da una stanza poca illuminata all’altra, dello scrutare l’orizzonte in cerca di movimento, dell’ascoltare il rumore dei passi, c’è tutta. Purtroppo viene rovinata da questa IA francamente terribile, ma non per questo meno letale vista l’abbondanza di miliziani in ogni livello (di media, ci sono quattro di voi e 50-60 di loro). Personalmente credo che il messaggio del gioco passerebbe meglio se ci fossero meno miliziani, ma più pericolosi. Speriamo che da qui alla versione 1.0 del gioco Highwire Games si concentri su quello.

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